Innovazione: strategica per sopravvivere alla crisi secondo il 23,2% dei manager italiani

L’indagine condotta da WOBI tra i  manager italiani in occasione del World Business Forum Milano fotografa la propensione delle nostre aziende ad innovarsi per essere competitive; la formazione è lo strumento a cui i manager ricorrono maggiormente (29,4%) per aumentare creatività e innovazione all’interno delle proprie aziende

Creatività e innovazione come leve strategiche per ripartire: questo il tema del sondaggio condotto da WOBI su un campione di circa 3.500 manager di aziende italiane in occasione della decima edizione del World Business Forum, in programma a Milano il 5 e 6 novembre.  L’indagine fotografa uno scenario italiano che riconosce l’importanza dell’innovazione ma vede molti ostacoli alla sua concreta realizzazione: principalmente la legislazione e la burocrazia (44,7%), seguite a stretto giro dall’approccio dei manager poco focalizzato ad innovare (40,4%). Segue poi l’attitudine dei dipendenti (9,7%) mentre solo lo 0,9% imputa alle caratteristiche del territorio italiano la difficoltà ad essere innovativi.

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Uno dei dati più interessanti è che solo per il 12,7% dei manager le aziende italiane sono molto innovative mentre il 42,3% ritiene che lo siano poco e il 45,1% pensa lo siano abbastanza. La capacità di innovare, però, è considerata il fattore strategico più importante perché le imprese possano sopravvivere alla crisi (lo pensa infatti il 23,2% dei manager). Tra gli elementi fondamentali per rendere competitive le imprese, al secondo posto gli intervistati hanno indicato l’importanza di una tassazione meno influente (15,6%), seguita dalla formazione di respiro internazionale (15,2%), da una legislazione più flessibile (13,8%) e dall’opportunità di aprirsi ai mercati internazionali (12,5%).

Tra i fattori che potrebbero agevolare creatività e innovazione spicca l’approccio dei manager (per il 49,6% degli intervistati) mentre in secondo ordine troviamo quello dei dipendenti (26,5%) seguiti dalla legislazione e dalla burocrazia (13,2%) e, all’ultimo posto, dalle caratteristiche del territorio italiano (0,9%).

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Per aumentare creatività e innovazione all’interno delle proprie aziende è la formazione lo strumento a cui i manager ricorrono maggiormente (29,4%) seguita dal networking (22,9%), dal benchmarking (21,6%), dai social media (13,1%) e dalle partnership con altre organizzazioni (11,1%).

I settori italiani percepiti come più creativi e innovativi sono arredamento e design (28,4%), moda e abbigliamento (25,7%), food and beverage (16,4%), tecnologia e computing (11,5%), l’area dei servizi alle imprese e il commercio (entrambi al 4,4%) e i settori della produzione di beni durevoli e dell’industria chimica e farmaceutica (3,3% per entrambi). Agli ultimi posti troviamo turismo (1,6%) e banche e servizi finanziari (1,1%).

Ma quanto investono in innovazione le imprese italiane? Tra le aziende dei manager intervistati, il 38% investe fino al 2% del fatturato, un 21% investe dal 2 al 5% del proprio fatturato e un altro 21% dedica all’innovazione una percentuale compresa tra il 5 e il 10% del fatturato. L’11,3% ne destina, invece, oltre il 10% mentre un ulteriore 8,5% delle aziende non fa nessun investimento in innovazione.

In termini di innovazione cosa hanno fatto le aziende italiane negli ultimi anni? Il 24,7% delle aziende dei manager intervistati ha migliorato prodotti e servizi esistenti, il 22,4% ha lanciato nuovi prodotti e servizi e un’analoga percentuale ha modificato i propri processi (interni ed esterni), il 15,3% ha innovato la modalità e i canali di vendita e un’analoga percentuale ha innovato in ambito CRM.

Per favorire la creatività e l’innovazione l’accesso alle tecnologie digitali è fondamentale (lo pensa il 50,7% dei manager); il 32,4%, degli intervistati considera il digitale molto importante, il  15,5% abbastanza importante e  solo l’1,4% ritiene che sia poco importante.

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Sono le start-up, proprio per il loro essere nuove sul mercato, le organizzazioni più propense ad essere innovative e creative (lo ritiene il 49,3% degli intervistati), seguite dalle imprese giovani (40,8%); solo il 9,9% pensa che le imprese con una lunga storia alle spalle siano maggiormente pronte a innovare e innovarsi.

I Paesi più innovativi e creativi da un punto di vista imprenditoriale sono – sempre secondo i manager intervistati – gli USA (24,3%), la Corea (12,4%) e il Giappone (10,8%). Seguono poi Cina e Brasile (entrambi secondo l’8,1% dei manager), India (7,6%) e Germania (7,0%). Solo all’ottavo posto troviamo l’Italia (innovativa per il 6,5% dei manager) seguita da Inghilterra (5,9%), Est-Europa (2,7%), Agli ultimi due posti troviamo la Francia e la Russia, entrambe citate dal 2,2% dei manager.

La fascia di età più creativa in ambito lavorativo è ritenuta essere quella dai 30 ai 40 anni (per il 76,1% dei manager), seguita dalla fascia dei 20-30 anni (16,9%), dei 40-50enni (5,6%) e dei 50-55enni (1,4%)

Secondo i manager intervistati, le aziende italiane sono capaci di creare partnership più a livello locale (38%) o internazionale (26,8%) piuttosto che a livello nazionale (16,9%). Il 18,3% degli intervistati ritiene, invece, che le imprese italiane non siano affatto capaci di creare collaborazioni.

Se le start-up e le giovani imprese sono più creative, sono però le imprese con una lunga storia ad essere più facilitate nello sviluppo del proprio business al livello internazionale (52,1%), seguite dalle imprese giovani (31%) e dalle start-up (16,9%).