Amazon nega ospitalità a Wikileaks

Le pressioni esercitate dal Congresso americano hanno spinto Jeff Bezos, Ceo di Amazon, a rifiutare che i controversi documenti raccolti da Julian Assange fossero acceduti e distribuiti attraverso la propria infrastruttura di hosting. La notizia è arrivata attraverso un messaggio Twitter pubblicato da Wikileaks: siamo stati sfrattati.

Wikileaks si era appoggiato ad Amazon dopo ripetuti attacchi subiti dai server che risiedono in Svezia. Amazon sostiene che Wikileaks è stata sfrattata per aver contravvenuto ai termini di servizio previsti dal contratto.

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La decisione ha innescato una serie di polemiche sulla correttezza del provvedimento. Da parte di alcuni si tratta di un intervento anticostituzionale e in conflitto con il primo emendamento che garantisce la libertà di espressione.

Da parte di Amazon si afferma che è previsto il diritto a interrompere il servizio nel caso che il contenuto risiedente sui server sia dannoso nei confronti di qualsiasi persona o soggetto. La pressione del Governo americano ha poi indotto Everydns.net, assegnataria dei domini su internet, a interdire il dominio wikileaks.org.

A seguito di queste disposizioni Wikileaks si è trovata così costretta a ripiegare su un’ennesima risoluzione riparatoria che consentisse la continuità operativa del servizio riallacciando i rapporti con Banhof, il precedente provider svedese, e a trovare casa presso un nuovo indirizzo IP che fa riferimento all’URL wilikeaks.ch, registrato per conto di Wikileaks dalla componente svizzera del Pirate Party, un’organizzazione svedese impegnata per la libertà su internet e sulla trasparenza governativa.

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