Il Corriere della Sera ha pubblicato le cifre dell’equo compenso. Il Ministero Beni, Attività culturali e Turismo smentisce e chiarisce la situazione
E’ polemica sull’equo compenso, la tassa sui dispositivi per la riproduzione e registrazione di contenuti digitali osteggiata da Altroconsumo. Ieri il Corriere della Sera ha pubblicato una tabella con i rincari previsti sui prodotti elettronici e la spesa non sembra certo esigua. L’imposta sugli smartphone, ad esempio, passa da 0,90 a 5,20 euro e a questa si aggiunge il 22% di IVA. Oggi Massimo Bray, ministro dei Beni, Attività culturali e Turismo, ha smentito le tariffe diffuse dal quotidiano milanese e ha chiarito la situazione.
Tutto è ancora da decidere
A dicembre, Bray aveva firmato un decreto per adeguare l’equo compenso alla media europea. In realtà il nuovo documento era stato realizzato su spinta della SIAE con l’obiettivo di recuperare almeno in parte i guadagni persi a causa della pirateria, che è costata 3 miliardi di euro e quasi 20mila posti di lavoro. Il ministro ha sottolineato che ancora è stata decisa l’entità della tassa e che questa sarà decisa di comune accordo con gli autori e i produttori di tecnologia.
“Le ipotetiche tariffe pubblicate in merito agli aumenti di costo sono infondate.” – si legge nella nota del ministrero – “il ministro Massimo Bray sta lavorando a una soluzione condivisa, nel rispetto e nella difesa del valore del diritto d’autore, ascoltando tutte le categorie interessate per raggiungere una decisione equilibrata nell’interesse degli autori, dei produttori di smartphone e tablet e, soprattutto, dei cittadini fruitori degli stessi”.