Il Buco Nero di Sanremo

Sanremo, col progressivo affermarsi di Twitter in Italia, è diventato un evento che trascende ogni umana possibilità di comprensione e di resistenza. Sanremo è un nonluogo della comunicazione che tutto inghiotte e da cui è impossibile fuggire, come l’orizzonte degli eventi di un buco nero.

Il Festival dei Fiori in Italia è qualcosa che dal punto di vista comunicativo sfugge ad ogni regola possibile. E’ in corso la più grande crisi economica dopo la Grande Depressione, si sta svolgendo una delle campagne elettorali più feroci che mente umana ricordi, il Papa con un gesto senza precedenti dà le dimissioni, la Grecia è piombata nel caos più totale… Eppure da noi si parla solo di Sanremo.

Se ne parla per criticarlo, per affossarlo, per apprezzare questo o quel cantante, per deplorare o esaltare le sparate eccessive della Litizzetto, per complimentarsi con lo stile radical chic di Fabio Fazio, per sbuffare di fronte alla pedissequa riproposizione del format di “Che Tempo che fa”… ma se ne parla. Ossessivamente.

Inutile resistere: come si accendono i riflettori della kermesse musicale, chiunque getta un occhio sul programma e smarphone in pugno dice la sua con fiero cipiglio. Tutti. Musicologi, adolescenti, giornalisti, mastri liutai, blogger di nuove tecnologie, ragazzine scosciate, truzzoni palestrati, poeti, navigatori, santi, papabili… tutti smartphone in pugno esternano qualcosa, spesso senza neppure degnare di uno sguardo cosa scrivono gli altri.

Seguire Sanremo via Twitter è un fenomeno abbastanza inquietante, dà l’effetto di milioni di persone che scendono in piazza ognuna urlante un commento, in una splendida esplosione di cacofonica potenza.

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E questo ruggito inghiotte ogni cosa, la fagocita, la include in sé. La cancella.

La politica? Va letta alla luce di Sanremo. Perché Sanremo è politica politicante. E’ stato un po’ triste osservare il povero Crozza nella prima serata costretto a effettuare un siparietto inquietante, in cui si è esibito in una sorta di “par condicio satirica”. Crozza ha dovuto dileggiare sistematicamente ogni leader dei maggiori partiti, dedicando alle pernacchiette destinate a ciascuno un esatto numero di minuti… E ovviamente nel frattempo l’una e l’altra fazione esternavano la propria approvazione per le pernacchie contro il nemico, mentre trovavano inopportune e loffie quelle contro il proprio Leader.

I valori etici? Vanno letti alla luce di Sanremo. Una coppia di omosessuali con dei cartelloni esprime il proprio desiderio di sposarsi. Si scatena un meraviglioso boato di massimi sistemi, di etica, estetica e matematica.

L’informatica? Tutto è sanremizzato. E’ un fiorire di hashtag sanremesi per lanciare ogni genere di prodotto. Il suffisso “sanrem” viene inserito in ogni genere di bizzarra combinazione per spingere insensatamente tablet, smartphone e compagnia… hashtag-marchetta che alla fine in una totale perdita di significato hanno preso ad essere utilizzato per commentare la trasmissione con totale noncuranza dell’iniziativa pubblicitaria.

Va ammesso la conduzione di Fazio è furba.

Intelligentemente Fabio Fazio è partito dal presupposto, che internet è diventato un televisore allucinato, che la Social TV è già viva e lotta insieme a noi. Il programma con le sue meccaniche di eliminazione delle canzoni, con i suoi inserti satirico-politici, coi suoi momenti di riflessione, è chiaramente calibrato per un’audience che segue col telefonino in mano.

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Il momento più squisitamente internettaro si è raggiunto col con il Coro dell’Armata Rossa, che ha cantato con Toto Cotugno. Perfetto momento di cultura del meme: un mash-up sapiente tra un elemento storico e di cultura pop, che prontamente ha fatto nascere in rete un fiorire di Marxisti per Cotugno, Stalinisti per Cotugno, ecc…

Lasciateli cantare. Col telefonino in mano.

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