Il quotidiano economico statunitense ha subito un attacco informatico che sembra essere partito dalla Cina. E’ il secondo tentativo di hackeraggio a un giornale USA in pochi giorni, ma sembra sia una consuetudine
Come se non bastasse l’attacco al New York Times, gli hacker cinesi hanno colpito anche il Wall Street Journal per poter controllare le notizie di carattere politico ed economico trattate dal quotidiano sull’area asiatica. Anche Bloomberg e Thomson Reuters hanno subito alcune offensive informatiche che però non sono andate a buon fine, almeno per gli hacker.
“Non ci sono prove”
I vertici politici cinesi, da sempre ostili a un web libero, affermano che non ci siano prove del coinvolgimento del loro Paese negli attacchi. “È da irresponsabili avanzare queste accuse senza prove solide – ha spiegato l’ambasciatore cinese negli USA Geng Shuang – Il governo cinese proibisce gli attacchi informatici e ha fatto tutto il possibile per combattere simili attività nel rispetto delle leggi nazionali”. Con toni più pacati, il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hong Lei, ha ribadito il concetto: “È molto difficile presumere l’origine di un attacco informatico. Soprattutto è da irresponsabili farlo sulla base di semplici indiscrezioni”. Anche la Cina in effetti è stata colpita da attacchi informatici non meglio identificati e quindi pone l’accento sul fatto che prove vere e proprie che l’attacco sia opera di hacker al soldo del Governo non ce ne sono.
I giornalisti USA sanno di essere controllati
Dal 2008 negli Stati Uniti sono stati colpiti oltre 30 giornalisti, che ormai si sono rassegnati al fatto che la loro posta elettronica e le telefonate siano controllate da soggetti non meglio identificati. Peter Ford, presidente dell’Associazione stampa estera in Cina, ha spiegato: “Sono incidenti continui. Negli ultimi due anni, diversi dei nostri membri hanno denunciato ripetuti tentativi d’installare malware nei loro computer”.