Giovedì si saprà se le multinazionali della Rete dovranno obbligatoriamente aprire una partita IVA italiana per operare nel nostro Paese
Google, come molte altre aziende del web come Facebook e Amazon, è entrata nel mirino del Fisco italiano perché accusata di non pagare le dovute tasse. I big della Rete hanno sfruttato un’escamotage per dichiarare la propria sede fiscale in Irlanda o Lussenburgo corrispondendo così allo Stato pochissimi contributi. Ora che Dublino è diventata meno amica delle aziende dell’hitech, ritorna in auge anche in Italia la proposta l’onorevole Ernesto Carbone del PD di imporre l’apertura alle multinazionali dell’hitech della partita IVA. Big G aveva detto: “operiamo all’interno delle leggi se non vanno bene cambiatele“. L’Italia l’ha presa in parola.
Arriva la “Google Tax”?
Questo mercoledì il Premier Enrico Letta, che ha ribadito l’importanza di Expo 2015 per l’Italia, incontrerà i rappresentati di PD, Pdl e Scelta Civica e valuterà se inserire all’interno della spending review anche la cosiddetta “Google Tax”. Il termine ultimo per la modifica del decreto è fissato per giovedì. La proposta, perfezionata dal presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, è di permettere l’acquisto di servizi e prodotti online solo ai soggetti dotati di partita IVA italiana. La speranza è che con questo provvedimento Google non abbandoni i suoi propositi di investire nel nostro Paese.