Lo spunto per quest’articolo nasce dalle recenti acquisizioni di Facebook nel settore delle startup. Negli ultimi giorni la Rete italiana è stata invasa di post celebranti l’ultima di queste acquisizioni in quanto la “vittima” o il “prescelto” è una realtà italo canadese Glancee, fondata da Andrea Vaccari.
La mia particolare sensazione è che l’economia della conoscenza evocata da tanti come unica via per la salvezza di tutti noi in fin dei conti sia regolata dalle stesse leggi e dinamiche dell’economia industriale e ovvero società grandi e affermate che comprano a suon di quattrini società innovative, aziende che perseguono solo logiche di aggregazione e di mercato. Francamente in questi fenomeni non riesco a vedere nulla di nuovo, anzi la sensazione forte è di vedere cose già viste in settori più maturi come ad esempio l’automobilistico o le telecomunicazioni. Ho il sospetto che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole e che alla fine il business è sempre lo stesso, sia se è industriale sia se è digitale.
Ho discusso dei mie dubbi con alcuni protagonisti della scena italiana.
“Colpisce la forte attenzione da parte di Facebook, ma in generale del Social, al mobile come opportunità di crescita e sviluppo. Le acquisizioni fatte fin ora (vedi Gowalla, Instagram e Glancee) hanno in comune il mobile ed un alto livello di design con una esperienza mobile che Facebook, probabilmente, deve ancora affinare. Probabilmente in Facebook sono entrati nell’ottica di portare a bordo i migliori, e mi sembra che per adesso la selezione l’abbiamo fatta molto bene“, afferma Fabio Lalli – fondatore di Indigeni Digitali nonché co-creatore con Lorenzo Sfienti di Followgram.
Per Gioacchino La Vecchia – fondatore di Crowdengineering, “È il classico modo con cui le aziende che hanno tanto cash possono innovarsi senza rischio, acquisendo le realtà che innovano e hanno successo e inglobandole. Il consolidamento delle aziende nei vari settori è sempre successo, Microsoft prima, Oracle dopo e Google prima di Facebook”.
Per Luca Filigheddu, CEO di Twimbow – “ci sono persone in gamba che oltre ad essere assunte, “danno” il loro prodotto all’azienda che le assume, sono acquisizioni che mascherano di fatto assunzioni. I consolidamenti ci sono in tutti i settori, dagli operatori telefonici, all’automotive etc. Il mondo internet non è diverso, funziona come tutti gli altri, nonostante tutti dicano che il 2.0 è diverso. Non credo però ad una bolla, sono dell’idea che certe valorizzazioni ci possano stare visto che i servizi esistono davvero, gli utenti che li usano ci sono davvero e visto che ora non si parla più di desktop e basta, ma anche di mobile che rappresenta il futuro”.
E per gli utenti finali è un bene o un male? Non c’è un rischio di monopolio?
Per Marco Magnocavallo, uno dei primi italiani che in questo settore è riuscito a capitalizzare il suo lavoro, “è un bene che ci siano acquisizioni per il mercato, non può esserci un rischio di monopolio in un settore in cui ci sono già 4-5 player. Inoltre è abbastanza normale che una startup di foto o tipo foursquare venga acquisita da Facebook. Una startup di e-commerce può essere acquisita da Amazon o Groupon e una business da Linkedin (slideshare), ecc. Ci sono poi alcune startup che invece rimarranno indipendenti: vedi appunto Groupon, Zynga, ecc. Startup che a loro volta poi acquisiranno altre più piccole. Del resto sono aziende che operano in un mercato e le dinamiche di questo mercato sono simili a quelle degli altri settori soprattutto in termini di aggregazione/exit mentre lato costruzione del business ed ecosistema sono molto diverse”.
“Per gli utenti dipende: se si tratta di servizi a pagamento si pone il problema del monopolio e della non concorrenza, se si tratta di servizi per lo più free bisogna considerare che le startup sono in cerca di un business model a volte e l’acquisizione è una delle poche alternative per la sopravvivenza” secondo Gioacchino Lavecchia.
Per Peter Kruger – CEO di Ezecute – “No! Intanto sarebbe più opportuno parlare di posizione dominante che di monopolio. Ma diciamo anche che la rete è piuttosto allergica alle posizioni dominanti. Solo cinque anni fa gli osservatori erano preoccupati dal fatto che la rete finisse preda di un solo player, Google. Oggi invece vediamo che quel dominio è fortemente conteso da Facebook (e non solo, che dire di Apple, Amazon, ebay ecc.?).
Tutti tendono a fissarsi sugli effetti quadratici di Metcalfe, ossia la creazione di valore – e di forza dominante – che un player si assicura quando assume una posizione di leadership in una rete come Internet. Tuttavia spesso si perdono di vista anche i fenomeni di diffusione virale determinati dalla rete, che rendono sempre più contendibili le posizioni dominanti. In altre parole, la rete favorisce la creazione di posizioni dominanti, ma, con la medesima velocità, tende a smontarle rimpiazzandole con altre”
Inoltre non posso far a meno di sentirmi limitato nel pensare che al massimo possiamo ambire a farci comprare da un ragazzino americano, possibile che la creatività italica non riesca a partorire null’altro. Sarebbe ora che anche il Governo desse delle indicazioni concrete e predisponga degli atti per indirizzare il futuro del nostro Paese, non basta parlare di crescita, bisogna anche indicare come perseguirla e stanziare fondi e investimenti.
D’accordo con me, Fabio Lalli dice – “Glancee, seppur giovane e non del tutto Italiana, è uno dei casi (vedi anche CoderLoop, JobRapido e altre) che stanno dimostrando che in Italia abbiamo talenti di livello che possono farsi riconoscere nel mondo, indipendentemente dal dove sono nati e dalle problematiche di contesto. Il made in Italy, visto come DNA creativo e intellettuale, deve e può diventare un segno di qualità. Inoltre non si può vivere con il solo sogno dell’exit a cui, troppi, startupper ambiscono. Questi sono casi, a mio avviso, e non possono esser il modello dominante e non si può costruire un business model esclusivamente su una futura exit. Oggi più che mai, una startup secondo me deve avere un modello sostenibile, crescere e produrre valore.“
A Gioacchino La Vecchia ho chiesto se è in cerca di compratori – “beh tutte le offerte si valutano, nel caso nostro, visto che siamo profitable, va considerato se il valore offerto è superiore o comparabile con le previsioni di crescita per capire se è una buona offerta”. Sembrerebbe allora solo un problema di soldi.
“In un mercato molto competitivo le grandi aziende esistenti sul mercato possono chiudere la finestra di opportunità facilmente, insomma dipende dalla situazione, non è solo un fatto di soldi. Bisogna anche considerare se la propria azienda dentro un grande gruppo possa sviluppare appieno il proprio potenziale. Spesso dipende anche dagli investitori che si hanno dietro, ad esempio Groupon e Zynga hanno rifiutato fior di offerte e sono andate dritte verso l’IPO. Ma se non c’è la birra per arrivare all’IPO prima o poi l’acquisizione va valutata per sopravvivere”.
L’intento di questo articolo è volutamente provocatorio, sperando che le mie riflessioni e quelle dei miei ospiti servano a far crescere il movimento digitale italiano.