Fermato pedofilo grazie ai dati forniti da Facebook

Un giudice milanese, grazie all’intervento dell’ambasciata USA e dell’Fbi,  ha ottenuto da Facebook le informazioni necessarie per incriminare un pedofilo

La pedofilia corre anche su Facebook. La Procura di Milano ha fermato un pedofilo di 50 anni sulla base delle informazioni recuperate direttamente dai server di Palo Alto. Grazie alla mediazione dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma e dell’Fbi, il giudice ha ottenuto dal social network le conversazioni che l’uomo, un allenatore di pallavolo femminile, intratteneva con alcune minorenni. L’uomo avrebbe utilizzato un alias per intrattenere relazioni di tipo sessuale con “diverse ragazzine anche minori di 14 anni, inducendole a spogliarsi e compiere atti sessuali davanti alla web cam”.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Non era la prima volta

L’uomo era già stato condannato a a 11 anni e 4 mesi di reclusione per il reato di pornografia minorile e violenza sessuale su tre ragazzine. Il perito Loris Calipari, cugino dell’agente del Sismi Nicola Calipari ucciso in Iraq durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena, ha indiviudato 400 contatti che potrebbero essere collegati ad altrettante vittime del soggetto. Il giudici ha voluto sottolineare che le nuove indagini, condotte dal procuratore aggiunto Pietro Forno, sono partite “grazie all’imprescindibile collaborazione prestata dagli Usa, sensibilissimi nella lotta comune alla pedofilia”.

La privacy dei social e le richieste dei Governi

Non è la prima volta che le Autorità richiedono informazioni ai social network su utenti accusati di qualche reato. In Francia la Polizia ha richiesto i dati personali degli autori di alcuni tweet razzisti, ma per ora il sito di microblogging si è rifiutato di fornirli. Lunedì Anonymous aveva promosso uno sciopero della Rete per protestare contro l’introduzione della CISPA, un decreto legge che permetterebbe alle aziende del web di raccogliere informazioni sugli utenti e di fornirle a diverse entità governative per vigilare “sulla pubblica sicurezza”. Il gruppo di hacker ha sottolineato come la definizione di “sicurezza pubblica” lascia spazio a moltissime interpretazioni.

Leggi anche:  Per l’UE, le piattaforme di streaming devono pagare di più gli artisti