La società di ricerca e consulenza tecnologica sulle strategie per il successo nell’era digitale
Si è tenuto il summit londinese di Gartner su Enterprise Information & Master Data Management. Ted Friedman (vice president & distinguished analyst), Andrew White (research vice president) e Debra Logan (vice president & distinguished analyst) hanno parlato di “Powering business advantage with your information strategy”, sottolineando alcuni punti fondamentali perché un piano di Master Data Management abbia successo. “Primo, occorre creare una strategia globale di information management. Ciò significa partire da una visione chiara di dove si è ora e dove si vuole arrivare. Secondo, c’è bisogno di un piano d’azione per raggiungere gli obiettivi. Terzo, occorre poter misurare i risultati con metriche specifiche. C’è bisogno di una strategia di governance delle informazioni. Tutta la compagnia dev’essere permeata dalla nuova linfa vitale: una cultura orientata sempre più alla conoscenza e alla sua condivisione, con il fine di migliorare il servizio al cliente e quindi la profittabilità del business”.
C’è ancora molta strada da fare prima che un modello simile si affermi stabilmente. Gartner prevede che l’anno prossimo solo un’azienda su dieci avrà al suo interno una figura di riferimento addetta alla gestione strategica delle informazioni. “Le applicazioni si evolvono continuamente. Quello che invece non cambia è il potere dell’informazione. La vera differenza tra i business vincenti e quelli che restano indietro sta nella capacità di ottenere il massimo valore dalle informazioni. Su questo si gioca la partita oggi, e sempre più si giocherà domani”. Da qui l’invito di Gartner alle aziende: prendere decisioni, modernizzarsi, e farlo ora. Non è più possibile aspettare in un mondo come il nostro, sempre più governato dallo scambio di dati a livello planetario, tra persone ma anche tra oggetti. L’Internet of Everything sta diventando una realtà pervasiva. E per trasformarsi, le aziende hanno bisogno di una forte leadership, che coinvolga ed ispiri tutte le aree. Dato che la tecnologia è inarrestabile, conviene prepararsi per trarne il massimo vantaggio. “Chi saprà gestire i dati in questo mondo interconnesso, e orientarsi verso la soddisfazione del cliente, disporrà di un sistema digitale pronto per il domani”.
Doug Laney (Gartner Research): utilizzare i dati per creare nuove imprese. Un caso esemplare
Come misurare i benefici del Master Data Management
Michael Smith (vice president distinguished analyst) ha parlato delle metriche per misurare il successo di una strategia di MDM, illustrando alcuni principi chiave dei metodi utilizzati da Gartner. Per prima cosa è fondamentale chiedersi perché implementare una soluzione di Master Data Management. “I dati da soli hanno scarso rilievo se non sono analizzati nel modo corretto e collocati nel contesto giusto. La MDM mira proprio a questo: aumentare il valore dei dati. Selezionare nel modo corretto le metriche di valutazione è fondamentale a questo scopo”. Il Gartner Business Value Model è ciò che l’azienda offre ai suoi clienti. Migliorare la qualità dei dati aziendali e la loro accuratezza, valutando nel modo corretto questa stessa qualità, si traduce in ultima analisi in un miglioramento del servizio ai clienti e quindi in vantaggi per il business. “La qualità dei dati relativi per esempio ai clienti si trasforma in aumento delle opportunità di vendita, mentre i dati relativi ai prodotti si traducono in time to market migliorato e quelli sulle HR portano a raffinare l’addestramento del personale e sviluppare skill essenziali sul lavoro”. Per realizzare l’MDM un’azienda deve procedere per fasi successive, che partono dall’individuare la giusta strategia e gli stakeholder con cui condividere il progetto, al selezionare le metriche per misurare i benefici, fino a calcolare il ROI. “Monitorare e comunicare i risultati è fondamentale per alimentare l’entusiasmo di tutta l’azienda per il nuovo modello di gestione dei dati. Occorre focalizzarsi sulle metriche e sugli strumenti che conducono ai risultati che contano in termini economici. La tecnologia da sola, se non è guidata da una visione ampia a vantaggio del business, non può dare i migliori risultati per vincere nel mercato globale”.
Indirizzare la crisi di skill sui Big Data
Regina Casonato (managing vice president) ha spiegato che entro il 2015 la richiesta di soluzioni e skill per i Big Data esploderà. Verranno generati milioni di nuovi posti di lavoro, ma solamente una parte di questo potenziale potrà essere sfruttata. Le aziende non sono infatti pienamente pronte a cogliere le opportunità offerte. “Abbiamo bisogno di risorse skillate in una varietà di campi, non focalizzate in un solo settore specifico. Persone con una formazione adeguata per capire il ruolo delle tecnologie, ma anche il comportamento dei clienti come si manifesta nei social network, e che si spingano ad abbracciare il campo della psicologia e delle analisi antropologiche”. Il 60% dei Cio sostiene che la mancanza di skill in tema di Big Data sta avendo ripercussioni sul loro business. E in cima alla lista delle priorità c’è l’individuazione del modo migliore per estrarre valore dai dati. A seguire, la definizione della giusta strategia e l’acquisizione o lo sviluppo delle capacità essenziali per analizzare i dati. “I Big Data rendono possibili grandi cose, a patto di saperli gestire. Occorre anche saper governare l’innovazione innescata dalle nuove tecnologie, creando profili aziendali adeguati, con responsabilità e aree di competenza chiaramente definite”. Chief Data Officer, Data Scientist, Datat Steward, Information Architect e Legal IT sono figure chiave per gestire i nuovi asset aziendali basati sulle informazioni. “Entro il prossimo anno, un quarto delle aziende Global 2000 secondo Gartner avrà un Chief Data Officer. Competenze statistiche, matematiche, di analisi, e capacità di cogliere al volo le opportunità di business comporranno il profilo di nuove figure professionali, man mano che le logiche del mercato evolvono”. Il futuro non sembra quindi solo in mano agli ingegneri o ai profili più tecnici, ma c’è spazio anche per altri tipi di skill. “Si tratterà in ogni caso di spostare l’asse aziendale in senso sempre più customer oriented, traendo il massimo vantaggio dall’analisi dei dati e dall’enorme potenziale offerto dalla conoscenza profonda del comportamento dei clienti”.
Regina Casonato (Gartner Research): il digitale e le nuove opportunità per il business
Il ruolo emergente del Chief Data Officer
Debra Logan (vice president & Gartner Fellow) è intervenuta sulla nuova figura professionale del Chief Data Officer, che si sta imponendo all’interno delle aziende per gestire e valorizzare al massimo il patrimonio informativo esistente. Soprattutto in contesti delicati come le istituzioni finanziarie, il mondo assicurativo o gli enti governativi, vi è l’esigenza di creare “profili specifici che garantiscano l’affidabilità e la tracciabilità dei dati di business”. Ma anche all’interno delle aziende il CDO sta emergendo come profilo del futuro, facendo registrare un netto aumento rispetto al 2012. Negli Usa questo nuovo C level è già ampiamente presente, e sembra stia prendendo piede anche in UK. “Un dato interessante risiede nel fatto che più di un quarto dei CDO sia donna”, ha sottolineato Logan. Su 100 Chief Data Officer, statisticamente 63 vengono dagli Usa, 17 da Londra e poi a scalare compaiono Francia, Canada, Svizzera, Australia e altri paesi, anche se i dati sono solo provvisori. Il CDO è responsabile della governance dei dati aziendali, del loro controllo e naturalmente anche del loro corretto utilizzo per sviluppare il business. Ma non è semplice trovare il profilo adeguato per questo ruolo. Sono tante le qualità che un CDO deve possedere, e sono trasversali agli ambiti aziendali. “Deve avere competenze lato business per sapersi muovere bene, ma anche skill per interpretare correttamente le informazioni, e infine una profonda conoscenza della tecnologia. E’ come avere tre specialisti in un’unica persona”. E non esistono, almeno per ora, molti corsi specifici che preparino davvero figure simili. Le aziende devono quindi reclutare o dalle università e centri di ricerca, oppure cercare al proprio interno e fare formazione loro stesse. “Il supporto e la collaborazione di tutte le figure aziendali sono importanti per il successo quando si decide di creare questo nuovo ruolo. Come trend emergente del futuro, è probabile che sentiremo sempre più spesso parlare dei nuovi esperti dei dati a supporto del business. Meglio quindi prepararci fin da ora ad accogliere questa figura, che potrà rivelare il proprio valore in una società sempre più orientata all’analisi e all’utilizzo smart delle informazioni”.
Frank Buytendijk (research vice president Gartner): “Non possiamo predire il futuro, ma possiamo prepararci ad esso”
Andrew White (research vice president Gartner): “Le applicazioni cambiano, l’informazione invece è permanente”
Debra Logan (vice president & Gartner Fellow): “Il ruolo emergente del Chief Data Officer: più del 25% sono donne”