Eccellenza e innovazione in Assolombarda

A cura di Luigi Pachì

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Si è svolto recentemente un importante convegno interassociativo tra AICA, AUSED e ClubTI, patrocinato da Assolombarda. Tema dell’incontro “Eccellenza e innovazione”, il cui obiettivo è stato quello di fornire, attraverso un primo sguardo di casi aziendali di concreta innovazione, stimoli e riflessioni sulle modalità con cui l’innovazione può radicarsi e favorire la competitività dell’azienda sul mercato nazionale e internazionale. In particolare le tecnologie digitali, nella loro continua evoluzione, possono diventare sistema trainante che, a partire dalla innovazione di prodotto, consente di ottimizzare funzioni e processi aziendali.

Ha aperto i lavori il presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, che ha voluto sottolineare come le aziende debbano competere non tanto sul lato costi, ma per le loro capacità nel proporre differenti prodotti e servizi. Per rendersi conto se un’azienda ve bene o va male basta vedere come affronta l’ICT.

La cultura ICT è sì una competenza specifica, ma non deve essere solo una “utility” aziendale; occorre, invece, che diventi parte integrante del business. Assolombarda si sta impegnano nell’aggregazione, cercando di fare rete di impresa. La giornata di lavoro è proseguita con una prima “storia d’idee e innovazione”. A parlarne è stato Francesco Pinto, presidente INTICOM s.p.a. (marchio Yamamay). Il suo è un racconto che parte dal 15/9/2001, quando a Gallarate prende vita, con un gruppo di tre soci/familiari, Yamamay, un nuovo operatore di mercato. In dieci anni Yamamay ha aperto 700 negozi in Italia e molti altri all’estero. Consta di 600 dipendenti sul nostro territorio e 1400 all’estero dove vi sono altri 1200 negozi, in circa 25 paesi diversi. Oggi Yamamay, assieme a Carpisa e un altro marchio giovanile, fa parte di Pianoforte Holding, che per il 10% è partecipata da Intesa San Paolo. Yamamay è prima di tutto un brand e poi un prodotto, ha specificato Pinto. Nella sua esposizione è emerso chiaramente che si può fare innovazione senza fare missili, e questo concetto è stato appunto sottolineato con un sua battuta: “noi facciamo mutande, non missili!” Ma non per questo, come si è potuto appurare, l’azienda è rimasta al palo: anzi è cresciuta rapidamente, espandendosi nel mondo. Il fattore vincente è risultato essere quello di integrare in un unico processo logistica, distribuzione e vendite. Rispetto alla concorrenza, per esempio, la consegna al negozio avviene entro 1 o 2 giorni, mentre la media è di settimane per altre catene simili. Pinto e il suo team ha vissuto dodici intensi anni sui territori e ha capito che l’elemento determinante era quello della condivisione della comunicazione, che nel tempo – nella sua struttura – è passato dall’introduzione dei Blackberry ai più recenti tablet.

L’internazionalizzazione viaggia anche attraverso scelte tecnologiche come l’outsourcing su un’unica piattaforma, con progetti di web radio, digital signage e molto altro. Lo sguardo è rivolto verso l’acquirente perché la bolla digitale ci sta inglobando tutti e coinvolgerà sempre di più ogni persona. L’azienda di Pinto (e Gianluigi Cimmino), certamente un’eccellenza nel suo genere, è moderna e lungimirante ed evidenzia anche grande interesse verso il capitale umano, facendone un suo punto di forza. Pinto ha in chiusura voluto ricordare come occorra una strettissima relazione tra il CIO e l’AD di un’azienda per poter ottenere una vera innovazione.

La parola è passata successivamente a Daniele Bonacini, CEO di Roadrunnerfoot Engineering che ha illustrato la sua storia di successo. Dal 1993 Bonacini ha la gamba destra amputata sotto il ginocchio. Ingegnere meccanico dal 2001 e Dottore di ricerca (2005-2008 presso il Politecnico di Milano, Dip. Ing. Meccanica) ha sviluppato la tesi dal titolo: “La progettazione e sviluppo di un piede protesico da correre”. Bonacini è anche un atleta. Dal 1998 è iniziata la sua carriera atletica agonistica con un palmares importante di 10 titoli italiani dal 1998 ad oggi, 4° nei 200m e nel salto in lungo agli Europei 2003, 8° nei 100m e 200m ai Mondiali 2002 e 6° nel salto in lungo alle Paralimpadi di Atene 2004.

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E’ soprattutto Fondatore e CEO della Roadrunnerfoot Engineering srl, nata il 13 marzo 2007 su spin-off di Politecnico Innovazione, prima e unica azienda in Italia che progetta e produce componenti per protesi ortopediche. La mission dell’azienda è rendere la tecnologia accessibile all’utenza: la Roadrunnerfoot si propone di ottenere un rapporto qualità/prezzo dei prodotti superiore ai concorrenti presenti sul mercato, prodotti di elevato standard qualitativo, altamente prestazionali, fabbricati con materiali innovativi e costantemente controllati durante il ciclo produttivo, e certificati secondo la normativa CE 93/42 relativa ai dispositivi medici e la ISO 10328. I prodotti e la loro fabbricazione sono assolutamente “made in Italy”, facendo della Roadrunnerfoot Engineering s.r.l. la prima azienda italiana che progetta, produce e vende ausili per disabili. Bonacini ha illustrato come l’innovazione principale risieda nella metodologia di processo seguita durante la progettazione: ogni prodotto è realizzato pensando all’utenza e alle sue esigenze funzionali. La base di partenza è l’analisi del cammino e della corsa di soggetti normodotati, per definire le caratteristiche che deve avere la protesi, in modo che l’arto protesico abbia la stessa funzionalità dell’arto sano. Si servono di attrezzature sofisticate e costose, tra cui sistemi optoelettronici, telecamere a infrarossi, pedane piezoelettriche e software di simulazione del cammino e delle caratteristiche meccaniche del componente protesico. Cinematica, dinamica, elettromiografia, intervengono nella ricostruzione, per esempio, di un nuovo piede. Lo sviluppo di questo piede avviene attraverso l’analisi del movimento del paziente. Mentre in Italia le strutture sanitarie locali utilizzano ancora piedi di legno, Bonacini ha ricordato gli obiettivi della tecnologia applicata alla customizzazione che riguardano il suo mondo ben più avanzato. Tra questi la definizione di un nuovo paradigma di sviluppo per prodotti “custom-fit” basato sull’integrazione di metodologie e tecnologie innovative; strumenti di reverse engineering per l’acquisizione automatica della morfologia del moncone, in condizioni sia statiche sia dinamiche; un ambiente per la modellazione physics-based di prodotti “custom-fit” che permetta di descrivere prodotti come composizione di materiali diversi (massa grassa, tessuto muscolare, pelle con dati presi da cadaveri); strumenti di prototipazione rapida dell’invasatura per permettere la validazione del prodotto virtuale e la sua eventuale modifica. Tale ambiente dovrebbe permettere al progettista di validare le proprie scelte progettuali attraverso l’analisi del prototipo virtuale ed i risultati della simulazione. Esso permetterebbe, inoltre, di ridurre i tempi di sviluppo (mediamente da 2-5 giorni lavorativi a 1-2 giorni), ridurre i costi (in Italia a carico del Sistema Sanitario Nazionale), ridurre l’impatto psicologico e sociale. Bonacini ha inoltre accennato al progetto Custom-FiT: un nuovo approccio nella produzione di oggetti personalizzati che consenta una riduzione dei tempi di realizzazione del prodotto e un miglioramento della qualità della vita. I campi di applicazione sono le protesi ortopediche, gli impianti dentali, i caschi e le impugnature per racchette da tennis e per i manubri delle moto. Il Politecnico di Milano partecipa al Custom-Fit in qualità di partner nel settore di applicazione delle protesi ortopediche. Nella sua esperienza, Facebook e Twitter sono diventati strumenti molto utili per trovare nuovi clienti, mentre LinkedIn viene maggiormente utilizzato per le trattative commerciali e la ricerca di agenti sui territori.

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La giornata di lavoro è proseguita con l’esperienza di TNT Post, attraverso il contributo di Massimo Pasqual, Managing Director Sales & Distribution di TNT Post.

Qui abbiamo assistito a una storia d’innovazione lombarda. TNT Post fa oggi della tecnologia il suo fattore portante e abilitante a supporto del servizio “Formula certa”. Fino al 2006 l’azienda di Pasqual viveva di subappalto con tre grossi clienti, ma la scadenza di un importante contratto ha portato a decidere, anche per necessità, di utilizzare l’innovazione nell’ambito di un mercato ancora vergine, ovvero quello di un servizio di tracciabilità della corrispondenza. Di fatto, ha evidenziato Pasqual, è stato come avviare una start-up. In tutto questo processo è emerso come il CIO contribuisca al futuro dell’azienda attraverso l’intuizione e l’allineamento al business. In un mercato complessivo di 4 miliardi di invii l’anno, TNT Post ha optato già da qualche tempo per investire su una nuova architettura tramite il partner Brain Force, senza però perderne la Governance. Il controllo di processo, ha proseguito Pasqual, è fondamentale, perché significa qualità ed efficientamento. Occorre portare valore attraverso l’efficienza, anche perché l’evoluzione del mercato è talmente rapida che già oggi TNT Post sta lavorando su una nuova start-up che punti a un nuovo modello di business innovativo legato ai servizi di digitalizzazione. Infatti, si sta già assistendo a un utilizzo sempre più limitato della carta da parte della clientela, che porta a una conclusione ineludibile: quando il contesto è molto “challenging”, come quello in cui opera Pasqual, esso ti costringe a non fermarti utilizzando le solite risorse, ma va vissuto con coraggio e senza mai fermarsi.

Dopo questa serie d’interventi illuminati sul tema dell’eccellenza e dell’innovazione tutta italiana si è svolta una tavola rotonda che ha visto partecipare, moderati da Gianluigi Castelli (Executive VP Information & Communication Technology di ENI), Massimiliano Bollati (TNT Post), Cristina Boninio (Consoft Sistemi), Massimo Dal Checco (GM Terziario Innovativo di Assolombarda), Sergio Grassi (BT Italia), Andrea Provini (Bracco Imaging) e Paolo Sassi (Artsana).

Durante la tavola rotonda è stato sottolineato come l’innovazione sia, alla fine di tutto, fare cose nuove e meglio, soddisfando diversamente un bisogno. Ma anche una capacità di rendere un’invenzione profittevole, quindi una soluzione che offre un vantaggio economico all’impresa. Può essere un nuovo prodotto, o servizio, che attraverso un processo economico porta business. Innovazione è anche un futuro diverso in azienda. L’innovazione può essere di tipo dirompente, cioè in grado di creare un nuovo mercato, o di sostegno, ovvero che permetta di migliore le prestazioni di un prodotto già consolidato sul mercato. Ma uno dei temi emersi più sentito resta comunque quello di spiegare che l’ICT rappresenta creazione di innovazione e valore non essendo, al contrario, una struttura che lavora solo sulla riduzione dei costi attraverso l’efficientamento. A volte il CIO sembra che in azienda debba scusare la propria presenza, mentre invece è fondamentale che possa frequentare l’area “dei bottoni” e condividere gli stessi obiettivi di business. Serve dunque fare maggiore cultura, ricordando che l’informatica è soprattutto scienza dell’informazione. Occorre saper evidenziare l’elemento di business che sta dietro la tecnologia.

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Il processo innovativo deve comunque partire da un bisogno. I fornitori hanno poi approcci differenti a seconda della dimensione dell’azienda. Qui si apre il tema del budget, dove nelle grandi aziende è di tipo strutturato, mentre nella media e piccola impresa non è mai chiarissimo.

Un altro tema emerso relativamente alla dimensione aziendale riguarda l’approccio verso l’innovazione: più grande è l’azienda e maggiori sono i vincoli. Nella PMI questo risulta invece un vantaggio, perché il fornitore ha generalmente un contatto pressoché diretto con chi è vicino al valore dell’azienda. Inoltre emerge che anche con un budget limitato è possibile affrontare progetti di innovazione vincenti che sappiano ben sfruttare l’informazione, per esempio sotto l’aspetto della dematerializzazione o della business intelligence.

Si è anche detto che l’innovazione passa attraverso la qualità delle persone, ma ai giovani occorre un approccio sistematico perché hanno poche competenze nell’ambito della scienza dell’informazione e nel software engineering. E’ altresì emerso che manca la leadership nel saper portare avanti l’innovazione in azienda, supportando anche eventuali fallimenti o intoppi iniziali.

Ultimo tema affrontato dalla tavola rotonda è stato quello dell’India. Si è sottolineato come il sistema Paese indiano sia ben diverso dal nostro e, nonostante le lotte di casta tra regioni diverse, lo stato indiano ha saputo investire in cultura. Come tutti i paesi emergenti hanno tuttora grande motivazione. Questo accade anche in Brasile, Corea, Cina e in diversi paesi europei. Non è quindi possibile ipotizzare un modello indiano in Italia. Nonostante questo preambolo, è risultato che in India sono molto forti nello sviluppo Custom, ma poi si tende a ottenere una qualità molto più bassa rispetto alla delivery che avviene direttamente in Italia. Certo l’Italia è ancora ferma all’Agenda Digitale e a quello che ne sarà in futuro… Per questo occorre ampliare la visione, magari smettendo di settorializzare le funzioni aziendali. Un primo passo avanti è quello di iniziare a condividere una serie di insegnamenti e di pratiche di successo ricavate dalle innovazioni di successo, come quelle presentate in Assolombarda durante questa manifestazione.

In chiusura si è parlato dell’importante ruolo dell’associazionismo a supporto delle aziende e delle figure professionali. L’evento, infatti, era di tipo congiunto e riuniva AICA, AUSED e ClubTI. Si è detto che, pur con obiettivi, motivi di aggregazione e scopi diversi, le tre associazioni esistono per aiutare i manager e ad accrescere le loro competenze. Certo in altri paesi del mondo gli iscritti alle associazioni sono parecchi, rispetto alla realtà nazionale, e per questo occorre fare massa critica, dando anche spazio ai giovani e dando voce sempre di più alle competenze. Ciò significa anche che queste tre associazioni cercheranno di collaborare tra di loro sempre di più in futuro, e già stanno dando spazio a collaborazioni, non solo tra di loro, ma aprendosi parecchio alle istituzioni e alle università.

Possiamo dunque concludere con questo pensiero positivo: indipendentemente dalla situazione che sta vivendo il nostro Paese, fare innovazione è contagioso e queste manifestazioni sono davvero utili per rendersi conto dei trend e dello stato dell’arte della nostra ICT.