Secondo Capgemini, nella digital transformation esiste un’unica mossa sbagliata: non fare nessuna mossa. E come dar loro torto?
E’ Cesare Testore, Alliance Manager di Capgemini Italia, ad aprire l’incontro nella splendida cornice del Museo Casa Enzo Ferrari, presentandoci la vision di Capgemini. In un contesto complesso come l’attuale in cui l’Italia tende a fare da fanalino di coda rispetto alla ripresa del PIL, le aziende devono restare competitive, crescendo dimensionalmente, allineando al mercato le attività nei settori tradizionali, diversificandosi in settori innovativi e investendo in R&D e in competenze. In quest’ottica, le nuove interazioni hardware e software aprono interessanti prospettive mentre alcune tecnologie stanno cambiano il modo in cui le aziende e le persone interagiscono (always connected, always sharing, always aware) e non riguardano più solo i tecnici e il marketing, ma tutta l’azienda, la customer experience avvicina i clienti al business. Il mobile è ormai una priorità per le aziende e i diversi strumenti aumentano la disponibilità di dati.
Dopo una rapida presentazione dell’offerta Capgemini, anche in collaborazione con Microsoft Dynamics AX e il numero di clienti associati a ognuna, seguita da un’analisi del ciclo di vita dei documenti con MS Sharepoint, a prendere la parola è stato Alberto Filippone, Principal Digital Transformation di Capgemini Italia, che ha colto l’occasione per dare un’interpretazione molto razionale in merito ai risultati di una ricerca i cui dati sono stati annunciati circa un mese fa, condotta da Capgemini Consuling in collaborazione con il MIT Sloan Management Review, dal titolo “Embracing Digital Tecnology: a New Strategic Imperative” e focalizzata sul tema della Digital Trasformation.
“Le aziende sono sotto pressione su due fronti sulle tecnologie digitali: i consumatori che si aspettano più servizi online, “mobile” e una diversa “user experience”, i dipendenti appartenenti alla “Generazione Y” che usano le nuove tecnologie e diversi modi di pensare e quindi di agire” ha esordito. Dalla ricerca precedentemente citata risulta infatti che il 70% delle aziende è sotto pressione dai clienti, il 72% dai concorrenti e il 32% dai propri dipendenti.
Non c’è dubbio che le tecnologie digitali siano mature. Per quanto riguarda i social media, siamo arrivati a circa 4 miliardi e mezzo di utenti (Comscore, Morgan Stanley, Facebook, Twitter, YouTube, LinkedIn, Wikipedia) di cui solo Facebook, si stima, supererà il miliardo entro la fine dell’anno (eMarketer: The Global Social Network landscape) e pertanto si presentano come una nuova piattaforma per vendere e comunicare con i clienti. Sul fronte cloud, la spesa per i servizi offerti dal public cloud nel 2012 è stata di circa 40 miliardi di dollari statunitensi e se ne stimano più di 100 entro il 2016 (IDC Research – Cloud Movement Q1 2013), nuovi benchmark definiscono nuovi standard e nuove attività richiedono il cloud come default. Anche il mobile gioca un ruolo fondamentale tanto che si stima che un terzo della fruizione dei contenuti digitali avvenga ormai attraverso questi dispositivi.
“Il nostro approccio consente di valutare la maturità delle aziende su due dimensioni principali: l’intensità digitale, ovvero che cosa (what) stanno facendo le aziende e le modalità (how) per la gestione della trasformazione”. Il risultato che emerge dalla ricerca è che alcuni settori sono più “maturi” di altri ma in ogni settore sono state rivelate aziende che appartengono al gruppo denominato dei “Digirati”, ovvero quelli che usano diversi strumenti digitali sempre aggiornati e li usano sostanzialmente bene. Le aziende che posseggono una buona maturità digitale hanno riscontri oggettivi su Revenue Generation Efficiency, Profitability e Market Valutation.
L’incontro si è concluso con una case history. Roberto Toniolo, Group Marketing Manager di Rollon ha illustrato ai presenti come anche una piccola multinazionale di meno di 300 dipendenti possa avere significativi vantaggi dalla digital transformation.