Digital in on fashion

La metamorfosi della moda di alta gamma a contatto con i Social Network

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Tavi Gevinson, blogger tredicenne, siede a fianco della potente direttrice di Vogue America Anna Wintour in prima fila alle sfilate parigine. Questo è il segno lampante dello tsunami che Internet ha portato anche nelle aziende del fashion e del lusso, tutte prese dalla ricerca di una nuova identità da comunicare in questo momento di crisi annaspante.

Il blog di Tavi, Stylerookie, viene letto ogni mese da milioni di appassionate di moda e i suoi post influenzano l’acquisto di migliaia di consumatori, molto più delle patinate riviste di moda che perdono sempre più lettori. I fashion blog diventano così sempre più influenti in rete, spesso quasi più dei magazine di moda che fino a prima della rivoluzione digitale hanno avuto il dono dell’infallibilità in materia di trend e regole di stile. Basta pensare al più nostrano esempio di TheBlondeSalad.com, il blog di Chiara Ferragni, che ha raggiunto 90.000 utenti giornalieri contro il milione di utenti unici al mese di Vogue.it, per capire che le aziende d’alta gamma non sarebbero rimaste impassibili davanti all’avanzata imperterrita dell’e-commerce e all’evolversi delle dinamiche sociali sul web.

A fotografare lo stato dell’arte di come i marchi del lusso internazionale utilizzano la rete è il Digital Luxury Experience, il primo studio della Fondazione Altagamma che analizza le performance online delle eccellenze fashion. Si tratta di una ricerca complessa e articolata in cui emerge l’importanza per le aziende di cogliere as soon as possible tutte le opportunità offerte dal digital per non cadere nella trappola, sempre dietro l’angolo, di trasformare il proprio brand nella passività del ‘museo’ che non riesce a godere dei benefici della collaborazione creativa con i consumatori. ‘Gli interlocutori che abbiamo di fronte – spiega Di Lauro, responsabile centro studi e formazione di Fondazione Altagamma – sono sempre più digitali, passano sempre più tempo in rete sia per lavoro che per piacere. E il paradigma rispetto al passato è stato rovesciato: oggi c’è qualcuno, fuori dall’azienda, che ha la capacità di influenzare in maniera profonda quella che è la percezione della marca.’

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Secondo la ricerca, fra i ‘most quoted brand on social media’, quelli cioè che meglio interagiscono con i loro social fan, non ci sono – nostro malgrado – brand a proprietà italiana. Leader digital assoluto dei marchi nel settore dell’abbigliamento è infatti Burberry, il brand guidato da Angela Ahrendts e Christopher Bailey, il cui valore in borsa ha superato del 6% quello dei competitor. La superiorità del made-in-Italy torna però a farsi sentire nell’ambito del design, dove Cassina, B&B Italia, Poltrona Frau, Alessi ed Artemide si sono dimostrati quelli più avanti a livello internazionale per la sensibilità nell’utilizzo della rete.

To be or not to be digital? Il mondo dello stile è davvero giunto dinnanzi a un dilemma epocale. L’unica soluzione possibile per continuare ad essere vittoriosamente on fashion sembra non perdere i benefici dell’approccio tradizionale per aprirsi con curiosità alle infinite potenzialità del social.