Processi innovativi, collaborazione, condivisione. Microsoft e i suoi partner, con Assolombarda, lanciano un’ambiziosa iniziativa mirata alla trasformazione digitale della piccola e media impresa
Uno studio commissionato da Microsoft dimostra chiaramente che una forte digitalizzazione dell’impresa, a incominciare da quella di dimensioni più piccole, che nel mondo vale più o meno due terzi dell’economia, porta a un concreto beneficio in termini di crescita economica e occupazionale. Lo ha detto venerdì 7 marzo Jean-Philippe Courtois, vice president di Microsoft International nel corso dell’evento che Assolombarda e Microsoft Italia hanno organizzato per riflettere sull’iniziativa Digitali per Crescere.
«Non è uno slogan, ormai è un dato di fatto – ha dichiarato Courtois citando le analisi che Microsoft e Boston Consulting Group hanno effettuato in Stati Uniti, Germania, Cina, India e Brasile -. L’uso delle nuove tecnologie nelle aziende “tech savy” di questi cinque Paesi negli ultimi tre anni ha coinciso con la creazione di 6,2 milioni di posti di lavoro e 770 miliardi di dollari di fatturato aggiuntivo. Per una piccola azienda, investire in cloud invece delle tradizionali infrastrutture server, può essere 40 volte più conveniente.» Quaranta volte, avete letto bene. Non c’è troppo da stupirsi se Carlo Purassanta, AD di Microsoft Italia, intervenendo subito dopo abbia sottolineato il gradimento che i prodotti e i servizi cloud registrano nella fascia delle imprese italiane medio-piccole, da Office 365 alla piattaforma CRM Dynamics, da SharePoint alle infrastrutture virtuali di Azure. «La crescita della PMI italiana sul cloud è fenomenale – dice Purassanta. Noi registriamo una crescita del 240% con la nostra offerta».
I due top manager mondiale e italiano hanno chiuso alla sede confindustriale milanese di via Pantano una mattinata tutta dedicata al progetto Digitali per Crescere, che Silvia Candiani, direttore marketing e operations di Microsoft Italia descrive come un modo «per andare oltre i soliti convegni sui vantaggi del digitale e fare finalmente toccare con mano agli imprenditori che cosa vuol dire portare sul cloud la PMI». Il piano, ha aggiunto Candiani, è partito nell’autunno scorso e si avvale della collaborazione della rete dei partner Microsoft e delle università per la realizzazione di veri e propri Laboratori di Esperienza Digitale, i cui visitatori potranno vedere esempi concreti, apprendere dalle case history, frequentare dei workshop, essere guidati attraverso le opportunità – spesso così difficili da intercettare e sfruttare – di finanziamento dei loro progetti di trasformazione e adozione delle nuove tecnologie. I laboratori stanno già per partire a Milano, Torino, Roma, Pisa, Napoli, Bari ma secondo Candiani l’obiettivo è raggiungere diverse altre città. Dall’inizio dell’anno, il portale web di Digitali per Crescere, vanta già 155mila visitatori unici e ospita già 65 video, una sessantina di case studies. «Abbiamo avuto anche 250 iscritti ai corsi online.» Lo stesso numero di imprese, con una media di quattro dipendenti ciascuna, che secondo Purassanta è nato dai 1.250 progetti che Microsoft Italia ha seguito nel corso della sua iniziativa BizSpark, un programma di facilitazione che offre alle giovani startup una concreta assistenza sottoforma di comodato e sconti per tecnologie e servizi cloud. «E oggi – ha concluso Purassanta – ci apprestiamo a lanciare la seconda fase di BizSpark, che questa volta vuole aiutare le startup a diventare internazionali».
Alla discussione hanno partecipato anche il direttore del settore innovazione economica del Comune di Milano, Renato Galliani, e il presidente del Cefriel, Alfonso Fuggetta. Il primo ha descritto la rete di incubatori, acceleratori e iniziative di sostegno alle startup del sistema milanese, richiamandosi tra l’altro alle opportunità legate a Expo 2015 e all’auspicio che le strutture della manifestazione possano trasformarsi in una sede privilegiata per le aziende innovative. Con un discorso accorato e pragmatico, Fuggetta ha fatto capire che le tecnologie della trasformazione sono già una realtà, ma che non devono essere considerate una commodity. Che “fare rete” non può sostituire gli investimenti e la capacità di reclutare e formare le competenze giuste. «Open innovation non significa “tutto gratis e pronto per essere usato”, in Italia sembriamo aver perso la capacità di progettare sistemi complessi. Dobbiamo smettere di pensare che piccola impresa è bello. Sarà bello, ma anche più complicato. Bisogna spendere bene i soldi pubblici e soprattutto capire il senso di urgenza, la necessità vitale di cambiare».