Se ne sente parlare sempre più spesso oggi, oramai le monete digitali sono diventate la moda del XXI secolo. Se non vuoi rischiare di essere “out” devi sapere di cosa si tratta.
La sezione osservatorio Bitcoin nasce proprio con l’intento di diffondere le notizie più recenti relative alla realtà di questa moneta digitale, valutando il suo impatto nel mondo reale e i suoi futuri sviluppi evolutivi. Ma partiamo dall’inizio.
BitCoin è innanzitutto un software open source che tutti gratuitamente possono scaricare e installare sul proprio pc o dispositivo connesso a internet. È stato sviluppato nel 2009 da un anonimo programmatore, noto sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, la cui identità sarebbe riconducibile, secondo una ricerca di Newsweek, a quella di un giapponese americano di 64 anni, poco appariscente e non molto socievole.
Il software Bitcoin consente di creare una rete peer-to-peer tra chi lo ha installato. Il network, anziché scambiare documenti o telefonate (come avviene su eMule o Skype), scambia valuta digitale. Anzi, nemmeno, scambia soprattutto codici di crittografia che autorizzano le transazioni di denaro digitale. L’utente per acquistare BitCoin deve solo scaricare un software, creare un account online presso uno dei vari siti che fanno interfaccia e infine acquistare la crypto-moneta in cambio di valute tradizionali.
Il conio dei soldi immateriali avviene secondo un piano prestabilito che prevede un rallentamento graduale fino a terminare nel 2140. Oggi vengono “minati” 25 BitCoin ogni 10 minuti, nel 2017 occorrerà il doppio del tempo per coniare la stessa cifra.
Sembra inoltre che il nuovo sistema bancario peer-to-peer stia conoscendo fortuna un po’ ovunque. Sempre più spesso le tre lettere BTC, codice identificativo della valuta digitale, affiancano i più tradizionali PayPal, carte di credito o debito tra le opzioni di pagamento online.
Alcune aziende negli Usa hanno già proposto ai dipendenti di avere parte del salario in BitCoin.
Negli Stati Uniti ormai si moltiplicano gli esercizi commerciali “reali”, che esibiscono in vetrina l’annuncio “BitCoin accepted here”. Hanno cominciato a proliferare nella Silicon Valley californiana, poi si sono diffusi in tutta la West Coast, per toccare quasi tutti gli USA. Si tratta ancora di una minoranza, e per lo più sono dei locali che si rivolgono a una clientela giovane e tecnologica, una clientela “on the cutting edge”. Per ora è una discreta trovata pubblicitaria per far parlare di sé e attirare l’attenzione. Ma nessuno esclude che in futuro possano assumere un ruolo sempre più rilevante!
Ancora, si può ricordare che un’agenzia viaggi online, con sede a Los Angeles, CheapAir.com, ha iniziato ad accettare i Bitcoin come pagamento per l’acquisto di biglietti aerei. Jeff Klee, chief executive di CheapAir, ha deciso di affidarsi a un intermediario, la società Coinbase, che gli gestisce il sistema di pagamenti e “isola” il suo business dal rischio di cambio: cioè dal rischio che improvvisamente i Bitcoin che lui ha accettato perdano una parte del loro valore.
Insomma, la valuta elettronica senza banca centrale, né regolatori, creata per fare acquisti su internet aggirando il sistema bancario, «entra nel mondo reale» come ha detto Mitchell Demeter della società Bitcoiniacs, che produce i bancomat. Basti pensare che nel novembre 2013 è stato collocato a Vancouver il primo bancomat che permette l’acquisto di Bitcoin in cambio di banconote tradizionali (solo nel primo giorno di funzionamento del bancomat a Vancouver sono state effettuate 81 transazioni per uno scambio di oltre 10mila dollari) e soltanto un mese dopo è stato installato in Europa il primo bancomat per i bitcoin, nella stazione centrale di Helsinki, in Finlandia, dove quotidianamente passano circa 200 mila persone, uno dei posti più affollati della capitale.
Ma non occorre andare così lontano, anche perché in Italia il fenomeno dei Bitcoin sta prendendo piede. Da alcuni giorni in un caffè di Bologna è possibile pagare le consumazioni usando moneta virtuale al posto degli euro. Per il momento nel caffè bolognese si possono spendere i Bitcoin acquistati in rete, ma se l’idea dovesse decollare il proprietario potrebbe decidere ben presto di installare nel suo locale una Bitcoin Vending Machine.
L’Università LUISS Guido Carli di Roma, sta lavorando, insieme alla collaborazione di alcuni giovani ragazzi e al team di Google Developers, alla realizzazione di un Osservatorio “Discover Bitcoin”. Tale osservatorio sarà dedito ad un lavoro di analisi accademica sul fenomeno e sarà destinato a studiare le modalità di investimento nelle crypto-monete con risvolti non solo teorici, prevedendo infatti per il futuro anche una concreta attività di portfolio management sulle crypto-monete.
I Bitcoin sostituiranno quindi le valute tradizionali? Per ora è ancora presto per pronunciarsi a riguardo. Sicuramente la gente è sempre più interessata alla vicenda. Le persone cominciano addirittura a vedere il Bitcoin come una forma di “bene rifugio” virtuale, quasi un Cyber-gold. Solo il mercato potrà darci delle risposte,per ora possiamo solo continuare a scoprire ogni qualcosa in più su questa nuova realtà.
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Articolo a cura di Discover Bitcoin – Università LUISS Guido Carli