«La filosofia di Facebook? Il segreto del niente»
Si intitola “Museica” il nuovo disco di Caparezza, in uscita il 22 aprile prossimo. Unisce le parole musica e museo, e infatti la presentazione alla stampa è stata fatta al Museo Fondazione Luciana Matalon di Milano, con tanto di audioguida e percorso tra i quadri che hanno ispirato le canzoni. Per Caparezza è un album immaginifico che parla di creatività e immaginazione, un museo della sua musica.
E’ un disco denso di concetti, di informazioni, di cultura ‘alta’ e ‘bassa’, se la cultura si può dividere in categorie. “Museica” è il sesto disco di Caparezza, 19 inediti registrati a Molfetta e mixati a Los Angeles, che prendono spunto da un’opera pittorica per sviluppare un concetto. In pratica, dice Caparezza, “questo album più che ascoltato va visitato”. Iniziamo.
Data Manager: Nelle canzoni citi di tutto, da Van Gogh a Harry Potter. Cos’hai lasciato fuori da un disco così denso?
Caparezza: Divido l’arte in quella che è stata fatta prima della fotografia e quella proposta dopo la fotografia. L’arte che riproduce la realtà nei dettagli, come fanno le foto, non mi interessa. Mi piacciono gli artisti che danno una loro visione della realtà. Ho voluto fare un omaggio alla creatività, la cosa che mi mancherà di più quando sarò morto.
Un tuo brano si intitola “Non me lo posso permettere”: tu cosa ti sei permesso, con questo disco?
Mi sono permesso di farlo. E’ un album, innanzi tutto. Oggi la fruizione musicale, lo sappiamo bene, è fatta di singoli: senti una canzone alla radio e la scarichi da iTunes. Invece “Museica” trova la sua ragion d’essere in quanto album. Anche se le singole canzoni vivono da sole. Mi sono permesso di fare un disco, anche come produttore, che va ascoltato… quindi spero che venga ascoltato due o tre volte, per essere metabolizzato. Mi sono permesso di fare tutto l’album a casa mia, a Molfetta. Così ho poi avuto i mezzi per farlo mixare a Los Angeles.
Cosa pensi della scena rap italiana di oggi?
Io non faccio hip hop, il mio è un modo diverso di intendere il cantautorato rispetto a quello degli anni ’70 e a quello degli anni ’80. Detto questo, non amo le fazioni. Basta vedere i commenti su YouTube, subito ci si divide in pro e contro: ‘questo sì che è bravo, quell’altro no’. Io conservo il privilegio di ascoltare tutto. La scena rap si è evoluta parecchio, i giovani hanno una scrittura metrica sorprendente. Credo che chi cambierà il panorama rap italiano abbia oggi tra i 16 e i 20 anni. Mi piacciono Salmo, Clementino, apprezzo quelli che raccontano la realtà che vivono.
Anche tu racconti la tua realtà…
Per forza, è così in tutte le mie canzoni: nascono tutte sulla mia pelle. Ho sempre voluto capire le contraddizioni dell’essere umano. La valvola di sfogo di tutti questi pensieri è l’arte. Del resto, non ho mai avuto un diario segreto. Lo sappiamo che i diari segreti sono finti: sono fatti per essere letti! Questa è la filosofia di Facebook, il segreto del niente.
In “Sfogati” c’è una piccola introduzione di Vasco Rossi, uno che su internet si è dato un bel po’ da fare.
In un suo clippino dice ‘una volta un tizio mi ha detto che non gli piacciono le mie canzoni. Gli ho risposto che avrei provato lo stesso fastidio se mi avesse detto che non gli piaceva la mia auto’. Va bene. E’ meno facile sopportare un giudizio negativo su di te che non sulla tua musica.
Sempre in “Sfogati” parli delle critiche e dei critici: ti riferisci anche a chi commenta sul web?
Mi riferisco solo a chi critica superficialmente e lo fa senza armi, senza background. Questo modo di fare spopola per strada e su internet. La reazione quando si cita un artista è rabbiosa: ‘quello non capisce niente!’. Si guarda Sanremo con i sassi a portata di mano. Anche nei musei, davanti a opere contemporanee c’è sempre quello che commenta ‘questo lo potevo fare anche io’. La critica, però, funziona solo se ha una base.
Come pensi si raccontare il percorso delle opere d’arte che ti hanno ispirato a chi comprerà il tuo disco?
Ci sto pensando. Credo che metterò in rete la stessa spiegazione dell’audioguida che avete avuto voi. Credo sia importante capire da dove nasce tutto.
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