Girando sulla Rete si trovano nei forum molte segnalazioni di frodi telematiche che hanno origine nei Paesi africani, Nigeria e Costa d’Avorio soprattutto.
Qualche giorno fa un mio caro amico mi ha segnalato che durante il suo tentativo di vendere un auto usato sul sito Subito.it ha ricevuto alcune mail sospette provenienti dalla Costa d’Avorio; in particolare l’ acquirente spacciandosi come un funzionario della nota società De Beers ha elogiato la macchina e dopo qualche domanda di tipo tecnico si è proposto di acquistarla. La cosa strana è che non ha assolutamente richiesto sconti ed anzi ha sollecitato l’invio delle coordinate bancarie per pagare in anticipo la macchina che avrebbe poi ritirato in un secondo momento. Bene la truffa ormai era a buon punto, peccato che il mio amico insospettito da tale “disponibilità” non abbia deciso di informarsi e capire che trattasi della truffa della tassa UEMOA o anche detta truffa della Costa d’Avorio. In pratica se si abbocca il truffatore ti segnala che sui bonifici uscenti dalla Costa d’Avorio vige una fantomatica tassa per l’espatrio di valuta dalla zona UEMOA. Il pagamento della tassa viene richiesto tramite servizi di trasferimento di denaro all’estero stile Money Transfer, vale a dire sistemi che non presentano alcun mezzo di tracciamento e controllo.
Il truffatore ti invita anche a fare in fretta perché finché non avrai pagato la tassa UEMOA, il suo bonifico a tuo favore non potrà essere sbloccato. Inoltre per dare credibilità alla cosa, ti invia tramite files alcuni documenti falsi come carte d’identità o passaporti o la copia del bonifico inviato. (cfr. Banca del Risparmio)
La Polizia economica della Costa d’Avorio, contattata varie volte dall’Ambasciata, ha riferito che si tratta di bande specializzate per lo più nigeriane senza fissa dimora e di difficile individuazione, che realizzano notevoli benefici sfruttando la buona fede delle loro vittime. Questi truffatori nelle loro mail comunicano un numero di cellulare al quale generalmente rispondono fino alla conclusione delle trattative. Dopo aver incassato l’ammontare, gettano il chip, acquistano una nuova carta con un nuovo numero di cellulare e ricominciano con il prossimo. Occorre sapere che in questo Paese si possono acquistare numeri telefonici per cellulari in maniera pressoché illimitata ad un costo inferiore ai due euro senza dover fornire alcuna generalità.
Un’altra truffa storica è quella nigeriana, esistono centinaia di varianti a questa truffa, ma più o meno il senso è sempre lo stesso: uno sconosciuto non riuscirebbe a sbloccare un conto in banca di milioni di dollari, ed essendo lui un personaggio noto avrebbe bisogno di un prestanome discreto che compia l’operazione al suo posto. Invita così alcuni utenti concedendo loro questa possibilità in cambio di una fetta del bottino. La truffa è chiamata anche 419 scam (419 è il riferimento numerico della legge nigeriana, disinvoltamente ignorata dai nigeriani, che rende illegali questi inviti).
Per finire come dimenticare il money mule spiegato benissimo da Fabio Ghioni. I clienti privati delle banche sono sempre di più coinvolti nel trasferimento di denaro rubato dai conti bancari delle aziende. Secondo l’FBI, il fenomeno è in continua crescita e avrebbe causato finora la perdita di 100 milioni di dollari.
Attraverso dei Trojan specializzati, i cybercriminali intercettano le credenziali bancarie di piccole e medie imprese e poi li trasferiscono ai cosiddetti money mule. I ‘muli’ sono privati che hanno ignaramente accettato offerte di lavoro via internet in cui devono ricevere trasferimenti di denaro per poi inoltrarli nell’Est Europa, direttamente a destinazione o attraverso altri ‘muli’. Di solito questi lavori vengono offerti via email, tramite annunci o falsi profili sui social network che, attraverso storie fantasiose, convincono i malcapitati a ricevere e trasferire denaro
Il quadro che emerge dai vari contesti è quello che descrive una scarsa attenzione da parte degli utilizzatori del web alla problematiche connesse all’utilizzo dell’identità digitale. Il furto d’identità digitale fa parte di un mercato che non conosce crisi. Il mercato nero delle informazioni è in continua crescita, per cui lievitano anche i costi che le aziende devono sostenere per aumentare il livello di sicurezza.
Inoltre il problema sono le norme che faticano a tutelare i semplici cittadini, in quanto la truffa sul web corre più veloce dell’iter legislativo.