Agenda Digitale, a che punto siamo?

“L’obiettivo che si era dato l’appello non era di suggerire delle priorità per Internet alla politica né di chiedere risorse, ma di spingere la politica a guardare a Internet e all’ICT come opportunità.”

Siamo in un momento storico di crisi economica in Italia, tutti parlano di competitività e produttività ma pochi avanzano proposte concrete. Qualche mese fa alcuni dei protagonisti dell’innovazione tecnologica del nostro Paese hanno fatto un appello per sollecitare le istituzioni e i media a rimettere al centro del dibattito la realizzazione di un’ Agenda Digitale per il nostro Paese. L’iniziativa ha avuto molto successo pur avendo dato vita anche a molte critiche per la modalità in cui è nata. Ne abbiamo parlato con uno dei promotori, Francesco Sacco –Docente di Management e Tecnologia alla Bocconi e all’Università dell’Insubria

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A che punto è Agenda Digitale?

L’11 maggio si è chiuso il periodo dell’appello per dare in 100 giorni un’Agenda Digitale all’Italia. Più di 22.000 persone hanno sottoscritto l’appello sul sito, più di 12.000 su Facebook e abbiamo avuto anche il sostegno del Commissario Europeo Kroes. La politica, il destinatario dell’appello ha risposto in modo molto ampio. Il PD e l’UDC hanno fatto una propria proposta nazionale; il Governo all’inizio ha risposto in modo contraddittorio ma poi si è fortemente ingaggiato; la Regione Lombardia con Formigoni, che ha già una direzione Direzione Semplificazione e Digitalizzazione, ha avviato un processo molto ampio per dotarsi di un’Agenda Digitale Regionale; Giuliano Pisapia, neo-eletto sindaco di Milano, ha previsto una delega per l’Agenda Digitale di Milano, che ha tenuto per sé come strategica. Ma il maggiore risultato è senz’altro di comunicazione. Sono usciti tantissimi articoli e se ne è parlato molto anche in televisione. Il temine “Agenda Digitale” è entrato nel vocabolario della politica, delle imprese e della società civile. Lo stesso Presidente dell’Agcom Calabrò nella sua relazione annuale alla Camera dei Deputati ha chiesto un’Agenda Digitale per il Paese. E, oltre a queste, ci sono centinaia di altre piccole e grandi testimonianze tutte nella stessa direzione. In sintesi: il messaggio è passato. Era mai successo in così poco tempo?

Quali saranno le prossime iniziative?

Il nostro ruolo sin qui è stato quello di stimolare la discussione e promuovere l’iniziativa. Il termine dell’appello è scaduto e, anche se i risultati cominciano appena a vedersi, e c’è una nuova keyword nel lessico politico, non tutto quel che ci auspicavamo si è materializzato. Un vero e proprio confronto politico sui temi dell’Agenda Digitale non si è ancora sviluppato. Ci sono delle proposte, ma un “dibattito” su questi temi come c’è in altri paesi è ancora da venire. L’ICT in relazione alla politica e all’economia è vista sempre più con interesse, ma ancora più con curiosità che con consapevolezza.

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Per il futuro, guardiamo con favore a tutte le iniziative che andranno nella direzione di far ulteriormente crescere il dibattito attorno al tema e a favorire il confronto politico. Ma non è detto che queste nasceranno necessariamente da chi ha promosso l’iniziativa originaria. Anzi, personalmente auspicherei che il fronte si allargasse il più possibile. Non è la campagna di un gruppetto seppure ampio di persone, è un tema di discussione per il futuro del Paese.

Quanto e come un’agenda digitale può incidere sul rilancio dell’economia del nostro paese?

Come ha sottolineato anche il Governatore della Banca d’Italia Draghi nella sua ultima relazione, l’Italia ha un serio problema di calo della produttività. La maggiore responsabilità di questo andamento ancora più preoccupante per la competitività del Paese della mancata crescita del PIL, è la scarsa diffusione dell’ICT. Se ci fosse più Internet, come ha misurato la ricerca Fattore Internet appena pubblicata da BCG, il vantaggio sarebbe forte soprattutto per le PMI: più crescita del fatturato, maggiori esportazioni, più competitività e produttività. Quindi, come un’altra recentissima ricerca condotta da McKinsey per l’eG8 ha riportato, se Internet fosse un settore, in Europa peserebbe sull’economia più dell’Agricoltura, della Scuola o delle Utility, in Italia sarebbe l’1,7% del PIL e sarebbe evidente che ha contribuito per ben il 12% alla crescita del PIL nazionale.

Quali risorse sono necessarie e quali priorità avete delineato?

L’obiettivo che si era dato l’appello non era di suggerire delle priorità per Internet alla politica né di chiedere risorse, ma di spingere la politica a guardare a Internet e all’ICT come opportunità. Molti dei mali strutturali della nostra economia possono essere curati con l’ICT: il calo della produttività, il traffico, l’inquinamento, la qualità della vita, la scarsa concorrenza, i mercati che non funzionano, etc. Quali di questi problemi sia una priorità è una scelta politica che, a mio avviso, non compete a noi, perlomeno non come Agenda Digitale. Quel che a noi interessa, invece, è che la politica non guardi ai soliti problemi dell’Italia con i soliti occhiali che inquadrano solo vecchie soluzioni che non sono praticabili o non sono funzionanti. E’ per questo che occorre darsi una strategia organica e fare crescere il mondo digitale nel nostro Paese. Nel Manifesto non c’era l’obiettivo di imporre una visione del problema digitale. Ogni partito, anche ognuno delle migliaia di sottoscrittori dell’appello, ne ha probabilmente una propria, sono tutte benvenute ed è giusto che sia così. Quel che si è chiesto, e sembra si sia ottenuto, è di cominciare a pensare al mondo digitale in termini organici, non episodici. Ed è un enorme risultato che il processo si sia innescato in così poco tempo.

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Una parte della Rete ha contestato le modalità con cui è nata (gruppetto di amici, falsa democrazia, mancanza di partecipazione dal basso)

L’iniziativa è nata quasi per caso. Una sera a cena, il giorno prima dello Iab Forum, davanti ad un buon brodo. Per molti di noi quest’avventura si chiama ancora “brodo party”. E’ stata un’idea che fin dall’inizio è stata molto destrutturata. L’abbiamo messa a fuoco man mano. Quel che alcuni hanno frainteso è forse proprio frutto della sua genesi dal “basso”. Si sa che le iniziative dal “basso” non nascono mai “quadrate” e si prestano a evoluzioni imprevedibili ma anche a fraintendimenti. Comunque, fin dall’inizio non è mai stata l’idea di un gruppetto di amici (alcuni si conoscevano, altri no), né un esempio di falsa democrazia (si è discusso e si è deciso all’unanimità che non c’era un messaggio ma solo una richiesta); non è mai stata pensata come qualcosa di diverso da una partecipazione dal basso, con tutti i suoi limiti. Il suo successo, tutte le persone che hanno accettato di partecipare, da Fiorello a Massarini, da Finardi a Jovanotti fino alle grandi aziende dell’ICT, ma anche i piccoli imprenditori del settore ha sorpreso anche noi. Essendo un’iniziativa dal basso, nessuno ha fatto niente per modificare la sua evoluzione naturale ed è stato un bene, a mio avviso. Non ci sono stati neanche tentativi di strumentalizzazione e, anche se l’Italia è anche la patria delle dietrologie, non mi sembra che le polemiche abbiano poi trovato tanto spazio per diffondersi e chiunque ha chiesto di partecipare più da vicino è stato accolto.

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La politica italiana Vi sta ascoltando?

Direi che la politica sta attraversando la fase della presa di coscienza sul tema “Agenda Digitale”. E’ da questa che nasce poi il vero “confronto” e il dibattito sulle proposte. Non mi stupirebbe se alle prossime elezioni questo divenisse un tema caldo della campagna elettorale. Si incrocia troppo con i temi veri dell’economia italiana perché non accada: disoccupazione giovanile, stagnazione economica, competitività, qualità della vita, taglio dei costi, etc.

I Big player del settore sembrano appoggiare la Vs. iniziativa, siamo sicuri che il loro non è solo un interesse di parte?

Un po’ tutti i player del settore, non soltanto i “big”, hanno appoggiato l’iniziativa. D’altronde, sarebbe difficile immaginare una ragione per la quale non farlo: non si chiedevano soldi né impegni (la partecipazione era solo personale) con la prospettiva di vantaggi potenziali per tutti. Di fatto, la nostra iniziativa, e la recente nascita di Confindustria Digitale, dimostrano che nell’ambito dell’ICT la tradizionale rappresentanza per settori ha difficoltà a raggiungere obiettivi di sistema, come il ridefinire le priorità della politica. Quel che si è fatto non rispondeva, e non poteva rispondere, ad un interesse di parte. Se fosse stato diversamente l’iniziativa sarebbe naufragata subito negli opposti veti. Al contrario, tra le aziende che hanno sostenuto l’agenda vi sono player che hanno visioni molto diverse, se non in conflitto, sul futuro digitale del paese. Ma, ancora una volta, è diverso portare avanti un messaggio di settore ed uno di sistema. E il nostro è davvero soltanto un messaggio di sistema.

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Francesco Sacco è ricercatore di Strategia aziendale presso l’Università dell’Insubria, Varese ed è managing director del centro di ricerca EntER dell’Università Bocconi, Milano. Collabora con l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sui temi legati alle reti in fibra ottica ed è co-autore del progetto di cablatura in fibra della Lombardia. La sua ricerca è rivolta principalmente ai temi legati all’impatto delle tecnologie e del software sulle strategie aziendali. Come advisor ha partecipato a numerose iniziative nell’ambito dell’e-business ed è stato consulente di diverse aziende, italiane e internazionali, operanti nel settore delle tecnologie. Scrive su temi legati alle tecnologie su numerose testate nazionali e internazionali. È membro fondatore e parte del comitato di redazione di La-rete.net e uno dei promotori della campagna AgendaDigitale.org.