Le piccole e medie imprese sono il fulcro del sistema produttivo italiano. Nonostante i ritardi e la mancanza di competenze digitali, crescono gli investimenti in servizi cloud, automazione della supply chain, controllo di gestione, implementazione dell’ERP, integrazione del CRM ed evoluzione delle HR

Le PMI sono il motore dell’economia italiana. Numericamente – secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano – sono il 5% del tessuto imprenditoriale, ma generano il 40% dell’intero fatturato italiano e danno lavoro ad oltre il 30% degli occupati del settore privato: in sostanza, sono il fulcro del nostro sistema produttivo contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo della nostra economia. Secondo l’Osservatorio, le PMI hanno però un divario di performance rispetto alle realtà più grandi: il fatturato medio per addetto è inferiore del 28% rispetto a quello delle grandi aziende e la retribuzione è più bassa del 25%. Le motivazioni sono diverse: sicuramente, le economie di scala, non sempre attuabili, la ridotta disponibilità di capitali da investire in ricerca e sviluppo, la difficoltà di svilupparsi nei mercati internazionali. Delle PMI fanno parte le piccole imprese, con meno di 50 dipendenti e un fatturato inferiore a 10 milioni di euro, e le medie imprese, con meno di 250 dipendenti e un fatturato inferiore a 50 milioni di euro. Già da questi numeri si nota come il mondo delle PMI sia estremamente differenziato e variegato: questo si traduce in differenze anche nella capacità di innovarsi, di restare aggiornati alle nuove trasformazioni tecnologiche, di tradurre i cambiamenti in una crescita competitiva. L’Osservatorio distingue anche tra PMI tradizionali e PMI large: queste ultime sono aziende con fatturato sopra i 50 milioni di euro con un numero di dipendenti superiore a 250, imprese considerate in evoluzione, con una capacità di crescita dimensionale necessaria per nuovi obiettivi di sviluppo, e dotate di un buon ritmo di trasformazione digitale. Un modello, quindi, per gli altri anelli della supply chain.

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CHI SONO LE PMI?

Secondo il Rapporto Regionale PMI 2022, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con Unicredit, le società italiane che rientrano nella definizione europea di PMI sono circa 160mila: di queste, 95mila si trovano nel Nord Italia (54,5 mila nel Nord-Ovest e 40,6 mila nel Nord-Est), 33mila sono operative nel Centro e 32mila nel Sud. Le PMI italiane impiegano 4,5 milioni di addetti, occupati per il 53,4% nelle piccole imprese e per il 46,6% nelle imprese di media dimensione. Il Nord-Ovest è l’area con il maggior numero di occupati, oltre 1,5 milioni, seguito dal Nord-Est con 1,1 milioni di addetti, dal Centro con 900mila, e dal Sud con 868mila unità. Il Nord-Ovest è l’unica area in cui gli addetti impiegati nelle medie imprese, 803mila, superano quelli delle piccole, 778mila. Tra gli addetti delle PMI del Nord-Est, il 52%, 512mila, lavora in imprese di piccole dimensioni, con la quota che aumenta nel Centro, 56,5%, e nel Sud, 59,8%. In base agli ultimi dati di bilancio, le PMI italiane generano nel complesso un fatturato pari a 986,7 miliardi di euro: il 38,4% del fatturato complessivo (379 miliardi) è generato nel Nord-Ovest, 276 miliardi nel Nord-Est, 177 miliardi nel Centro e 154 miliardi nel Sud.

La struttura produttiva delle PMI italiane è caratterizzata da una maggiore incidenza del settore dei servizi, che rappresenta il 54,6% delle aziende. Seguono l’industria (27,6%), le costruzioni (14%), l’energia e le utility (2,1%) e l’agricoltura (1,4%). Le diverse aree del Paese evidenziano un diverso grado di specializzazione settoriale: il Nord-Est è l’area del Paese con una maggiore incidenza del settore industriale (34,2%), grazie al forte contributo di comparti come la meccanica, 9,8% e i metalli, 6,9%. Nel Nord-Ovest più della metà delle PMI opera nel settore dei servizi, 53,2%, e il 30,7% nell’industria. Nel Centro Italia, il peso dell’industria è del 24,1%, trainato dal forte peso del settore moda, 7,1%, mentre l’incidenza dei servizi supera il 59%. Nel Sud, invece, si registra un contributo più contenuto del settore industriale (17,5%) e una maggiore presenza di PMI attive nei servizi (60,9%) e nelle costruzioni (15,9%). Inoltre, si osserva una percentuale più alta di PMI operanti nel settore agricolo rispetto al resto del Paese (3,0% contro 1,7%).

DIFFICOLTÁ SUPERATE

Le conseguenze della pandemia, l’aumento dei noli marittimi, l’impennata del costo delle materie prime, i problemi nella catena di approvvigionamento, la crisi energetica, la guerra in Europa e la conseguente destabilizzazione del quadro internazionale hanno determinato un quadro generale di incertezza economica. In questo contesto, le aziende stanno lottando con una possibile recessione e con l’inflazione intorno alla doppia cifra. Sebbene questi stessi problemi abbiano un impatto anche sulle organizzazioni aziendali più grandi, le PMI soffrono maggiormente, perché non dispongono di riserve per sostenere per molti anni le loro attività in circostanze economiche difficili.

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Secondo l’indagine di IDC su 2.589 responsabili delle decisioni tecnologiche (Worldwide SMB Forward-Looking Technology Capabilities, agosto 2022), il 43% delle piccolissime imprese (con 1-10 dipendenti) e il 23% delle piccole imprese (fino a 99 dipendenti) affermano che stanno semplicemente sopravvivendo.

Lo studio BVA Doxa per American Express, condotto su 300 PMI italiane, mostra che negli ultimi due anni il 66% delle PMI ha dichiarato di avere avuto perdite anche importanti, attorno a un quarto del business, a fronte di un 20% che è invece riuscito a crescere, perché operanti in settori che si sono sviluppati in questa situazione. Il 31% delle aziende dichiara di aver rivisto anche i processi interni finalizzati alla digital transformation, mostrando così una forte propensione a un cambio di passo verso il digitale. Secondo quanto dichiarato dalle imprese, il 60% alloca meno di 10mila euro l’anno per le dotazioni digitali (escludendo le spese per l’hardware), da 10 a 20mila euro nel 30% dei casi.

Una forte spinta all’innovazione riguarda solo l’8% delle PMI, che investe oltre 30mila euro l’anno. Secondo un’elaborazione IDC per Assintel Report, la spesa ICT delle aziende italiane nel 2022 si attesta sui 36,3 miliardi di euro: di questa cifra, le aziende con oltre 250 addetti, poco più di 4.500, generano il 46,3% degli investimenti delle imprese italiane, con una forte propensione a utilizzare i Servizi IT professionali. Il 25,7% della spesa totale è prodotto da oltre 4,5 milioni di imprese con meno di nove addetti, dove prevalgono gli investimenti in hardware, mentre il resto della spesa ICT (28%) viene fatto dalle PMI.

L’INNOVAZIONE DIGITALE

La pandemia ha sicuramente contribuito a imprimere un’accelerazione nell’adozione della tecnologia da parte di aziende e professionisti italiani, riducendo il gap rispetto alla media europea. Eppure, secondo una ricerca dello IULM, condotta per Promos, solo il 23% delle PMI si definisce altamente digitalizzato, e il 35% delle aziende dichiara di avere una chiara strategia di digitalizzazione. È fondamentale promuovere ulteriormente la trasformazione delle PMI in senso digitale, aiutandole a sviluppare le competenze necessarie e a capire come trarre il massimo beneficio dalle nuove tecnologie: l’evoluzione digitale rappresenta una grande opportunità che le nostre PMI devono sfruttare per tornare a crescere. Le realtà più mature dal punto di vista della digitalizzazione ottengono performance economico-finanziarie migliori, per citare ancora i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano. In media, +28% di utile netto, +18% di profitti, +11% di EBITDA. I

l digitale risulta essere un punto di forza delle PMI large: il 71% mostra un profilo convinto o avanzato, e una visione strategica di lungo termine, rispetto al 50% delle PMI “tradizionali”, che approcciano in modo destrutturato il proprio percorso di innovazione, facendosi guidare più dall’esigenza temporanea di cambiamento o dalle opportunità di finanziamento una tantum offerte dalle diverse istituzioni. Le PMI large hanno anche una maggiore consapevolezza digitale: il 61% lo considera uno strumento per costruire il futuro dell’azienda, rispetto al 35% delle PMI, e solo il 2% delle large lo considera come un costo, rispetto al 16% delle PMI.

«La trasformazione digitale è un processo che andrebbe sostenuto nell’ottica di incidere sulla competitività e lo sviluppo delle aziende, e di conseguenza quindi sulla crescita economica dell’intero Sistema Paese» – spiega Daniela Rao, senior Research and Consulting director di IDC Italia. «Le PMI necessitano di soluzioni e approcci specifici, fondati sulle loro peculiarità strutturali, culturali e organizzative, raramente il mero trasferimento delle soluzioni ideate per le grandi imprese può risultare efficace». L’aggregato delle PMI è molto disomogeneo. «In tale contesto – continua Daniela Rao – l’innovazione digitale può rappresentare uno stimolo chiave per la produttività e la performance delle imprese più piccole, aiutandole a competere in un mercato che è e sarà sempre più interconnesso e legato a logiche digitali. Nonostante i vantaggi potenzialmente enormi, le piccole e medie imprese italiane sono ancora in forte ritardo nella trasformazione digitale». La digitalizzazione delle PMI assume oggi, alla luce della congiuntura economica attuale legata allo scenario post pandemico, un carattere di assoluta necessità e urgenza.

«Le tecnologie digitali, per quanto diverse, offrono una gamma di applicazioni potenzialmente illimitate per migliorare le prestazioni operative e superare i vincoli di scala anche nelle realtà più piccole, sbloccando nuovi livelli di efficienza e competitività. La buona notizia per tutte le PMI, e in particolare per le piccole imprese – afferma Daniela Rao – è che hanno a disposizione una serie di nuove funzionalità per automatizzare i processi manuali, ridurre l’errore umano, aumentare l’efficienza e aiutarle a digitalizzare i processi aziendali. Queste funzionalità possono aiutare queste piccole o piccolissime imprese a fare di più con meno soldi e meno risorse interne e possono anche aiutarle a implementare strumenti rivolti ai clienti che possono distinguerle dalle loro controparti aziendali».

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Un’alta percentuale di PMI sta dando priorità alla produttività e all’automazione, a volte anche rispetto alla redditività e alla crescita dei ricavi. Una percentuale molto piccola, infatti elenca tra le priorità tecnologiche l’intelligenza artificiale e il machine learning per aumentare l’efficienza. «Questo dimostra – spiega Daniela Rao – una chiara discrepanza tra l’interesse per i benefici finali e la comprensione delle tecnologie necessarie per produrli». La chiave per superare la tempesta e guidare la crescita sono le «tecnologie lungimiranti» – continua Daniela Rao. Per esempio, utilizzando l’IoT in produzione e la robotica nei magazzini per monitorare e migliorare la produttività. Oppure il marketing automatizzato per perfezionare le campagne e migliorare il ROI. Per gestire meglio i dati spostandoli dai laboriosi fogli di calcolo a un’applicazione aziendale come un sistema ERP o HCM. Le PMI che implementano questi processi digitali nella fase iniziale, e cioè prima che le loro attività diventino troppo grandi e complesse per implementare facilmente il cambiamento, si stanno preparando per una crescita redditizia».

Le PMI dovrebbero capire che l’automazione non deve essere sempre complessa. «L’automazione semplice può fornire ampi risparmi in termini di tempo e costi e ridurre l’errore umano. Le piccole imprese potrebbero aver bisogno maggiormente di capacità tecnologiche lungimiranti, ma sono le meno inclini a investire. C’è un’enorme disconnessione quando si tratta delle priorità delle PMI e dei loro investimenti pianificati in tecnologie che possono aiutarle a soddisfare tali priorità. Ciò diventa particolarmente chiaro quando si guarda alle piccole imprese». Ora per le PMI – conclude Daniela Rao – è venuto il momento di ripensare l’approccio alle tecnologie e studiare l’ampia gamma di strumenti sul mercato che possono aiutarle a essere più efficienti e promuovere crescita.

DIGITALIZZARE SÍ, MA COSA?

Digitalizzare significa adattare i processi aziendali di back office e front office in ottica data-driven, migliorando la collaborazione all’interno dell’azienda e con i partner della filiera. Tutto questo porta a una maggiore efficienza, che tradotto significa aumento delle prestazioni di macchinari e impianti produttivi, riduzione dei consumi, ottimizzazione delle scorte e quindi a una maggiore competitività. Tuttavia si tratta di un percorso complesso che va ben oltre il semplice rinnovamento di macchinari e impianti. Occorre invece un vero e proprio cambio di passo nella trasformazione del business, con l’adozione di innovativi modelli strategici, di una moderna organizzazione del lavoro, di nuovi modelli di vendita, studiando anche la riduzione dell’impatto dell’impresa sull’ambiente e una maggiore efficienza energetica. Per fare tutto questo, ovviamente, servono volontà e impegno da parte dell’imprenditore insieme alla capacità di visione del top management che deve avere capacità di governare il cambiamento e l’innovazione. Serve poi una profonda comprensione della propria organizzazione e delle dinamiche di mercato. Innovare significa anche investire in formazione adeguata e qualificata al personale negli ambiti delle tecnologie digitali e ICT, ambiti nei quali siamo ancora carenti.

Nonostante il miglioramento degli ultimi anni, l’indice DESI, che misura la digitalizzazione dell’economia e della società, colloca l’Italia al 18mo posto fra i 27 stati membri dell’Ue, con un punteggio di 49,3 (la media si attesta a 52,3). La maggior parte delle PMI italiane (il 60%) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale; in particolare, l’utilizzo di servizi cloud ha registrato una considerevole crescita. La diffusione di altre tecnologie cruciali come Big data e AI è ancora limitata. L’ostacolo principale rimane quello delle competenze digitali e delle soft skill: secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 42% delle aziende intervistate ammette di avere competenze digitali basse o distribuite in maniera poco omogenea, e questo rende difficile introdurre o utilizzare in modo diffuso le nuove tecnologie e rivedere i processi, flussi e organizzazione del lavoro. Forse qualcosa si sta muovendo, grazie ai fondi del PNRR, come mette in luce l’Osservatorio di Qonto, che ha condotto un’indagine su oltre mille PMI. La ricerca rivela che nove aziende su dieci hanno scelto di investire nella digitalizzazione del proprio progetto di impresa grazie ai fondi del PNRR. Oltre il 70% delle PMI intervistate ha dichiarato di avere già fatto ricorso o aver intenzione di far ricorso agli incentivi previsti dal PNRR. Dai dati, emerge in particolare che ad avere già aderito agli incentivi previsti sono maggiormente le PMI numericamente più grandi: tra le aziende da 50 a 250 dipendenti una su due (56%) ne ha già fatto ricorso, mentre tra le micro-imprese fino a 10 dipendenti solo una su quattro (26%) si è già attivata per utilizzare i fondi. Tra gli interventi coperti dalle agevolazioni, l’accesso al credito di imposta (52% delle PMI) e la formazione (51%).

AUTOMAZIONE DELLA SUPPLY CHAIN

Filiale del Gruppo RAJA, numero uno degli imballaggi in Europa, RAJA Italia distribuisce prodotti di imballaggio e forniture per ufficio a 100mila clienti su tutto il territorio nazionale, garantendo la consegna in 24-48 ore. Raja aveva l’esigenza di monitorare il processo di gestione degli ordini, dal magazzino alla logistica, per avere una vista unificata delle referenze a catalogo, con tutte le caratteristiche (dimensione, stagionalità, tipologia di acquisto, tempi di consegna).

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L’obiettivo era di rendere più efficiente il processo di approvvigionamento, in modo da garantire i prodotti giusti nelle giuste quantità nei tempi previsti, assicurando continuità nel livello di servizio e scongiurando rotture di stock. L’investimento in automazione ha permesso a RAJA Italia di non solo di mettere a frutto grandi volumi di dati, ma anche di registrare un aumento del livello di servizio e una riduzione delle scorte per i prodotti stagionali, migliorando la pianificazione del 75% e riducendo il numero dei giorni di inventario, con un impatto positivo sulle previsioni di vendita. Le proposte d’acquisto vengono generate automaticamente sulla base di regole e vincoli predefiniti su ordini minimi, tempi di consegna, volume e molteplicità di pallet. Un altro vantaggio dell’automazione abilitata dal machine learning è quello di liberare i responsabili della pianificazione da operazioni ripetitive mantenendo il controllo del processo nelle loro mani.

L’IMPLEMENTAZIONE DELL’ERP

Nata come gelateria artigianale, Gelato d’Italia è oggi una realtà internazionale in crescita e fortemente impegnata sul fronte dell’innovazione tecnologica. Nel 2016 è entrato nel capitale il fondo Idea Taste of Italy, che ha portato con sé un’ulteriore espansione internazionale. La forte crescita – fatturato raddoppiato in soli tre anni e creazione di 150 nuovi prodotti in un solo anno – ha reso necessario estendere la copertura funzionale del sistema, salvaguardare il patrimonio di informazione e di esperienza aziendale, e standardizzare i processi operativi in tutti i reparti per gestire la crescente complessità, garantire un maggiore controllo delle variabili alla base dei processi produttivi, dagli approvvigionamenti alla gestione dei magazzini, dal controllo dei costi alla pianificazione della produzione. Con l’implementazione dell’ERP, Gelato d’Italia gestisce e controlla senza problemi le politiche commerciali (accordi, promozioni, strutture clienti, scontistica avanzata, provvigioni), la qualità e la tracciabilità (gestione dei lotti e tracciabilità di filiera), la pianificazione della produzione, la gestione dei fornitori, con analisi su costi e performance, grazie agli strumenti per la pianificazione della produzione e al PLM, l’analisi della redditività (per contratto, cliente, prodotto). Inoltre la BI permette di analizzare i parametri più importanti, supportando il processo decisionale.

L’EVOLUZIONE DELLE RISORSE UMANE

LAGO progetta e realizza arredamenti Made in Italy, proponendo mobili dal design modulare, adatti non solo a tutte le aree della casa, ma anche a luoghi destinati alla collettività, come hotel, ristoranti, negozi e spazi di lavoro. Nel corso degli anni, l’azienda si è aperta al mercato internazionale: oggi, conta oltre 900 negozi in più di 20 Paesi, che portano a numeri e complessità di gestione del personale importanti, con oltre 200 dipendenti suddivisi tra la linea produttiva e gli uffici amministrativi. LAGO cercava quindi un software che potesse gestire e amministrare il personale in un’ottica innovativa. La soluzione doveva rispondere a requisiti specifici: database unico per ottimizzare la gestione dei dati, eliminare gli errori e le ridondanze; piattaforma applicativa integrata per gestire le persone e le informazioni in modo trasversale a tutte le aree; applicazioni mobile per garantire al personale sempre in movimento tutte le funzionalità. Il sistema scelto ha permesso di gestire questa complessità, implementando i software paghe e integrando quelli di gestione delle performance e di sicurezza sul lavoro. Il monitoraggio è garantito dagli strumenti di BI, che forniscono in modo immediato una vista completa e dettagliata su tutti gli indicatori.

CONTROLLO DI GESTIONE SMART

Nel mondo dell’edilizia dal 1986, Tecnostile si è affermata come general contractor nei settori degli studi dentistici, delle abitazioni, degli hotel, degli uffici e delle banche. Nell’ultimo decennio, ha registrato uno sviluppo esponenziale della propria attività grazie anche a una radicale riorganizzazione che ha portato al raddoppio del fatturato in soli cinque anni. Per raggiungere questo obiettivo, il piano strategico ha puntato sulla revisione funzionale delle strutture amministrative e di gestione, e sulla personalizzazione dell’ERP per migliorare la gestione delle commesse. Costi, ricavi e marginalità sono collegati alla capacità di controllo delle singole commesse. Oggi, tutte le spese e i ricavi sono registrati sotto il codice della commessa, e questo permette di avere informazioni più accurate e più leggibili da utilizzare per lo sviluppo del business. Inoltre, la responsabilità delle decisioni conseguenti all’analisi dei dati è in capo ai rispettivi manager delle business unit. In tempo reale, il controllo di gestione monitora l’andamento di una commessa e aggiorna la previsione della sua fine. La personalizzazione e lo sviluppo del nuovo gestionale offre alle singole business unit di Tecnostile funzionalità di contabilità analitica e di analisi approfondita della marginalità su ogni singola commessa.