Raffaele Mauro, la nuova corsa allo spazio

Raffaele Mauro, la nuova corsa allo spazio

Investimenti, startup e intelligenza artificiale. La frontiera spaziale è in continuo movimento. Gli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina sulla cooperazione internazionale. Il ruolo dell’Europa e il contributo dell’Italia

Sono passati quasi due anni da quando, sempre per questa rubrica, intervistavo Alessandro Aresu, direttore scientifico della Scuola di Politiche di Roma e consigliere scientifico di Limes. In quell’occasione, abbiamo parlato di risorse tecnologiche e governance globale. E di come l’intelligenza artificiale e il quantum computing avrebbero potuto disegnare una nuova mappa della supremazia geopolitica. Oggi, invece sono con Raffaele Mauro, co-fondatore e general partner di Primo Space, fondo di venture capital specializzato nella new space economy e nelle tecnologie correlate. Perché? Raffaele e Alessandro hanno appena finito di scrivere insieme un libro dal titolo: “I cancelli del cielo. Economia e politica della grande corsa allo spazio 1950-2050”, edito da Luiss University Press. Siamo nel pieno di una nuova corsa spaziale che oltre a Stati Uniti e Russia, oggi coinvolge anche la Cina. Una corsa che è al tempo stesso una sfida per l’egemonia politica, militare, economica e tecnologica. Le tecnologie legate allo spazio sono sempre più legate alla nostra vita quotidiana, all’economia di internet, ai trasporti, alla tutela dell’ambiente. Secondo Raffaele Mauro, la frontiera spaziale è in continuo movimento e questo libro cerca di spiegare gli effetti e le direzioni di questo sviluppo. Nel corso di un’audizione alle Commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato, il Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale Vittorio Colao ha ribadito la posizione dell’Europa nello scacchiere internazionale e il contributo dell’Italia. Per il settore dello spazio, le risorse a disposizione complessive sul bilancio nazionale, al netto della contribuzione per l’ESA, sono circa 2 miliardi sul piano triennale dell’Agenzia spaziale italiana e 2,3 miliardi tramite il PNRR e il fondo complementare, quindi 4,3 miliardi.

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Il conflitto tra Russia e Ucraina come impatterà sulla cooperazione internazionale in ambito spaziale?

«La situazione geopolitica attuale sta facendo precipitare delle fratture già presenti da qualche anno, portando a una “deglobalizzazione” dello spazio. Negli ultimi trent’anni, abbiamo vissuto un’epoca di intensa collaborazione globale per quanto riguarda lo spazio in tutte le sue dimensioni: scienza, tecnologia, economia. Il simbolo più importante è stata la Stazione Spaziale Internazionale, supportata da una rete di paesi, che ha incluso Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone, Canada e altri. Lo stesso accade per molti programmi di ricerca, dove nei prossimi anni è irrealistico pensare a un proseguimento della collaborazione tra la Russia e i paesi occidentali. Inoltre, è verosimile pensare a un incremento della militarizzazione in ambito spaziale, dato che si tratta di un ambiente operativo sempre più rilevante sia per obiettivi civili che per quelli legati alla difesa».

Quale sarà il ruolo dell’Europa?

«L’Europa ha un ruolo molto rilevante. La European Space Agency è un grande catalizzatore di progetti di ricerca scientifica e di trasferimento tecnologico. L’Italia contribuisce a una quota rilevante del budget. In un futuro, dove blocchi continentali come USA e Cina competono tra loro, spesso con grandi progetti di sviluppo tecnologico orientato al lungo periodo, i paesi europei hanno la chance di rimanere rilevanti solo se uniscono le forze. Il PNRR è sicuramente un’occasione da cogliere in questa direzione per modernizzarsi e agganciarsi alla dinamica internazionale».

Esiste una vera Unione europea nella geopolitica dello spazio?

«C’è ancora molto lavoro da fare. Paradossalmente uno dei pochi effetti positivi della crisi in Ucraina è stato quello di far percepire meglio la necessità impellente di allineamento tra i paesi della UE in rapporto sia alle sfide geopolitiche che allo sviluppo tecnologico».

Perché gli investimenti in tecnologia aerospaziale sono così importanti?

«Perché le grandi innovazioni che possono cambiare il mondo arrivano dal trasferimento tecnologico della ricerca spaziale. La tecnologia spaziale ha diverse ricadute pratiche sia dirette sia indirette nella vita di tutti i giorni. Se oggi è possibile eliminare al computer i difetti dei video girati con le nostre fotocamere, il merito è anche dello Space Shuttle. Dalle telecomunicazioni alla televisione, dalle previsioni del tempo alle applicazioni di delivery, la maggior parte dei servizi dipende dallo spazio per poter funzionare correttamente. In secondo luogo, i dati prodotti dall’osservazione della Terra hanno una rilevanza molto grande anche per la lotta al cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente in generale, per l’agricoltura e l’irrigazione, per il monitoraggio dell’aria e degli oceani. In terzo luogo, molte tecnologie sviluppate per aiutare gli esseri umani in ambienti estremi, come la vita sulla Stazione Spaziale Internazionale, possono poi tradursi in tecnologie mediche a terra, per esempio per l’ortopedia o la sensoristica medica».

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Investire nello spazio significa avere una visione per il futuro

«La ricerca spaziale ci offre una visione del futuro che spinge a puntare sul lungo termine, a investire, a formare nuove competenze, a dare rilevanza alla scienza e alla tecnologia, a pensare oltre i confini nazionali. Tutte cose molto importanti in questa fase storica».

Ci conosciamo da anni. Sei tra i fondatori di Primo Space. Ce ne vuoi parlare?

 «Primo Space è un fondo di venture capital, ovvero un soggetto che investe in imprese ad alta crescita e ad alto rischio, tipicamente nella loro prima fase del ciclo di vita. Si tratta di una particolare nicchia della finanza che storicamente ha supportato lo sviluppo e la diffusione di tecnologie di frontiera e che ha portato alla nascita e alla crescita di tante aziende, prodotti e servizi che utilizziamo ogni giorno. In particolare, Primo Space si focalizza sulla nicchia della space economy, il settore che comprende tutto ciò che riguarda lo sviluppo dell’infrastruttura spaziale, delle applicazioni a terra e della catena del valore legata allo spazio. Il fondo investe in startup e scaleup che producono prodotti e servizi in questo ambito».

In Italia, abbiamo startup legate allo spazio che usano intelligenza artificiale o tecnologie quantistiche?

«Mi viene in mente AIKO, basata a Torino, che sviluppa software e sistemi di intelligenza artificiale per il supporto alla navigazione dei satelliti e per il riconoscimento di caratteristiche rilevanti nelle immagini raccolte dagli stessi. Si tratta di un ambito molto importante se consideriamo che diversi servizi di logistica, monitoraggio infrastrutture e tutela ambientale hanno bisogno di interpretare i dati satellitari in modo da renderli utili e applicabili. In generale, la space economy è un ambito che in Italia gode di un buon retroterra e su cui ci può lavorare per generare ulteriori opportunità future.

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