I cinque “demoni” del business

Dati e competenze, il divario che divide le PMI

La transizione digitale è ormai lanciata e procede con il vento in poppa a livello nazionale e globale e, insieme a quella ambientale – al netto delle dichiarazioni del Presidente Trump – cambierà irreversibilmente il mondo come oggi lo conosciamo.

Ed è solo l’inizio! Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’evoluzione sarà esponenziale e, quindi, una vera e propria rivoluzione. A ben guardare, i principi di base, però, sono sempre quelli tipici del “futurismo” di un secolo fa: velocità, automazione, efficienza, compressione dello spazio e del tempo, immaterialità.

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Questi principi sono stati mirabilmente illustrati nella magnifica mostra “Il tempo del Futurismo” messa in scena alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Come tutte le rivoluzioni scientifiche e industriali, anche questa, in ultima analisi, estende e potenzia le capacità e le azioni dell’uomo. Come sempre, il problema è sfruttare i vantaggi e, allo stesso tempo, contrastare le abilità e le derive negative.

Sì, perché, come abbiamo iniziato a vedere nell’ultimo decennio, la rivoluzione digitale e in prospettiva l’AI stanno favorendo e facilitando quelli che potremmo definire i “cinque demoni del business”.

Non è il caso di parlare, ovviamente, del malaffare, delle truffe e degli attacchi a fini di rapina, che lasciamo ad altre rubriche. Qui è opportuno riflettere brevemente su quei “demoni” che misureranno le imprese e i prodotti-servizi qualitativamente rilevanti da quelli “mordi e fuggi” o di scarsa qualità.

I cinque “demoni” sono i seguenti: 1) la pubblicità ingannevole e dilagante, secondo la logica del “marketing dell’interruzione”, che interrompe, senza alcun riguardo, l’attenzione del consumatore durante ogni sua attività; 2) le pratiche commerciali scorrette che possono ingannare o influenzare le scelte del consumatore, compromettendone la capacità di prendere decisioni consapevoli e informate; 3) le clausole vessatorie e unilaterali che attribuiscono a una sola parte diritti o vantaggi senza prevedere obblighi o reciprocità per l’altra; 4) l’obsolescenza indotta dei prodotti-servizi, con lo scopo di stimolare il consumo e il ricambio continuo; 5) l’asimmetria informativa e il bavaglio al consumatore-cittadino che determinano una situazione in cui l’offerta possiede più informazioni rilevanti rispetto al consumatore, talvolta non aggiornando i dati, oppure il primo impedisce o limita al secondo la comunicazione.

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Se da una parte questi cinque “demoni” saranno notevolmente favoriti e potenziati dalla trasformazione digitale e dalla AI in particolare, dall’altra possono, però, consentire al consumatore-cittadino, magari attraverso authority e società specializzate, di verificare e smascherare chi, sia nel pubblico che nel privato, usa il digitale contro di lui e non a favore di entrambi. Ovviamente, in questo fenomeno, sono coinvolti tutti i settori economici, politici e sociali.

Chi deve difendere efficacemente il cittadino-consumatore da tali “demoni”? Una soluzione sarebbe dotare sia le authority che le società specializzate di una nuova metodologia, con indicatori specifici per certificare il business e il prodotto-servizio di qualità. Questo richiederebbe, però, la sostanziale estensione degli attuali standard a cominciare dall’ISO9000.

L’intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi un prezioso alleato nello smascherare comportamenti di scarsa qualità. Tuttavia, senza il contributo della razionalità umana, rischieremmo di precipitare in un caos incontrollato, una sorta di “Far West” tecnologico dove l’AI agirebbe senza supervisione. Se la tecnologia dovesse superare il controllo e la consapevolezza umana, rischieremmo di perdere il senso critico e la capacità di pensare in modo autonomo, trasformandoci in semplici esecutori.

di Piero Bucci