La tecnologia è un costo solo se non genera valore. La Gen AI non è la ciliegina, ma tutta la torta
«I sistemi informativi rispecchiano il livello organizzativo dell’azienda e come multiutility abbiamo seguito un approccio pragmatico all’adozione delle tecnologie, cercando un beneficio misurabile quantitativamente e un business case sostenibile. In altre parole, partiamo con l’implementazione quando le tecnologie hanno un affidabile livello di maturità, come l’Internet delle cose». Nell’affermazione di Andrea Bonetti, IT Enterprise architect e responsabile Strategie IT e Architetture di Gruppo Hera c’è parecchio della filosofia della multiutility bolognese in fatto di innovazione. Una filosofia che mette la sicurezza in primo piano, perché proteggere dati e sistemi è una priorità anche se costruire e applicare un’efficace strategia di sicurezza costa molto e richiede tempo, commitment e risorse.
«Siamo cintura nera di security-by-design o quantomeno abbiamo una procedura molto ragionata e anche sofferta, nonché una vasta e continua attività di cybersecurity awareness in tutta l’azienda, perché è sempre il fattore umano l’anello più debole della catena ma anche la prima linea di difesa». Gruppo Hera è una realtà virtuosa che sa generare valore dall’utilizzo della tecnologia, mantenendo le soluzioni in esercizio, grazie a una governance mirata e una business continuity all’estrema potenza che beneficia di architetture cloud allo stato dell’arte. L’altra leva trasformativa sono le persone per promuovere nuovi modi di lavorare e di cambiare i processi con l’ausilio delle tecnologie digitali. «Le competenze IT – spiega Bonetti – devono mescolarsi con quelle del business e il business deve interiorizzare le competenze che servono per dialogare con l’IT. Il vero nodo della questione è la capacità di attivare l’energia delle persone, poiché persiste ancora una resistenza diffusa nell’abbracciare appieno il digital mindset».
Nella strategia di Gruppo Hera, il mantra è capire e ripensare i processi alla luce delle potenzialità della tecnologia. «I processi sono come macchine a ingranaggi: richiedono tempo per diventare fluidi e ben sincronizzati. La tecnologia, invece, non rappresenta un costo se si riesce a trasformarla in un vantaggio competitivo. Al contrario, un uso passivo o antiquato, quasi burocratico, la trasforma in un peso oneroso». Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, in particolare la Gen AI, Gruppo Hera adotta un approccio focalizzato sulla comprensione delle applicazioni pratiche, concentrandosi su tre aspetti chiave: «Processi, dati e persone. Parafrasando Luciano Floridi, filosofo e direttore del Digital Ethics Center dell’Università di Yale, l’AI generativa non è la ciliegina sulla torta, ma tutta la torta». Se i processi non vengono ripensati partendo dalle potenzialità offerte, l’investimento necessario per introdurre nuove tecnologie diventa insostenibile e il beneficio ottenuto non giustifica lo sforzo economico». E se i dati devono essere validati, organizzati in una data platform e preparati per l’intelligenza artificiale, il vero tema riguarda ancora una volta le persone. «La Gen AI – sottolinea l’IT architect di Hera – non è un progetto “one and done” che funziona automaticamente una volta avviato. Ci vorranno anni per integrare e assimilare pienamente la sua adozione all’interno dell’azienda».
Stand-up! Dal posizionamento alla presa di posizione
«L’AI generativa viene descritta come la tecnologia più potente mai apparsa. Su questo punto si può essere d’accordo. Alcuni analisti si spingono a prevedere che farà schizzare il PIL alle stelle, ma qui, permettetemi, di essere un po’ più cauto. Soprattutto se consideriamo i limiti concreti che emergono quando si tratta di adottarla in azienda, nonostante gli sforzi titanici dei vendor di farci assimilare, quasi per osmosi, la loro dose quotidiana di Gen AI. Servirebbero gli ammaestratori di AI che come i domatori di belve feroci, si dedicano ogni giorno a educare, monitorare, correggere, nutrire e prendersi cura di questi sistemi. La realtà è che le organizzazioni, per loro natura, si muovono lentamente. Hanno una loro inerzia, un ritmo che di rado accelera senza una spinta esterna. Ecco perché credo che l’adozione della Gen AI richiederà più tempo del previsto. A meno che qualcuno non faccia il primo passo, ottenendo un vantaggio competitivo così evidente da costringere gli altri a rincorrere. Perché, nonostante tutta la tecnologia, rimane una verità antica: anche in tempi di Gen AI, è solo la necessità che stimola l’ingegno. Come da bambini, quando sei costretto impari a correre».