Un nuovo ecosistema basato su dati, AI e sostenibilità. Debora Guma: «Per favore, non sparate sulla CIO»
Ha iniziato a maneggiare i dati con un Commodore 64, ancora adolescente. È impegnata nell’informatica a livello professionale da oltre 35 anni ed è appassionata di videogiochi vintage e cinema d’autore. Ed è convinta che di intelligenza artificiale si parli anche troppo, motivando questa sua visione “controcorrente” con un’affermazione che non lascia dubbi: «L’AI senza dati puliti, organizzati e raccolti nella maniera corretta, può sbagliare e molto più di un essere umano». Stiamo parlando di Debora Guma, Global CIO di De’ Longhi Group e CEO di e-Services (la multiservizi IT del gruppo).
I dati sono una sorta di fedele compagno di viaggio nel suo percorso professionale. «Sono sempre stati oggetto delle nostre attività, ma la necessità di una gestione ottimale, anche per quanto riguarda la loro protezione, è aumentata in relazione alla crescita esponenziale del volume dei dati e del numero delle fonti. Stiamo concentrando i nostri sforzi su tutte le tecnologie che possono abilitare la crescita significativa del nostro business. Non si tratta solo di sperimentare nuove tecnologie per il gusto di farlo, ma di implementare strumenti concreti che supportino operazioni strategiche come l’allocazione operativa e i piani promozionali, oltre alla pianificazione della domanda e offerta e della fabbrica. L’obiettivo è far sì che la tecnologia diventi motore abilitante per la crescita del business, con risultati tangibili sia nel breve che nel lungo termine».
L’altro grande tema sul tavolo operativo della CIO di De’ Longhi è la sostenibilità. «La modernità si fonda sulle tecnologie e chi fa il nostro mestiere ha una responsabilità enorme nel cercare di creare valore tenendo conto dell’esigenza di essere sostenibili in chiave economica, ambientale e sociale. Le aziende devono fare profitto e il profitto può indicare quanto un’azienda è sana: a fare la differenza è però il modo attraverso il quale si genera profitto. Per capire il “come”, servono nuovi indicatori di performance. E fra i compiti del CIO, il primo passo è conoscere i processi dell’azienda in cui si lavora».
Un altro tema caro a Debora Guma è il futuro dell’IT e la sua evoluzione dentro e fuori il perimetro aziendale. «La tecnologia sarà orientata a creare valore strategico, semplificando e uniformando processi complessi e accelerando la trasformazione digitale di qualsiasi organizzazione. La sicurezza resterà un imperativo categorico e appena raggiunta una migliore consapevolezza delle modalità di interazione essere-umano/macchina, l’intelligenza artificiale consentirà di migliorare l’efficienza e di potenziare la capacità di prendere decisioni basate sui dati». Fra le priorità di Guma ci sono, non in ultimo, le persone, rispetto a una visione secondo la quale le diversità vanno comprese a fondo se si vuole costruire un processo di integrazione delle professionalità e dei talenti stranieri serio e strutturato. E se dati, AI e cybersecurity sono temi complessi, lo è altrettanto capire come e quanto la trasformazione digitale deve innestarsi in uno scenario globale che richiede di essere costantemente informati su cosa succede nel mondo in chiave geopolitica ed economica. «La complessità del nostro lavoro è all’apice – conclude sorridendo – e quindi, per favore, non sparate sulla CIO».
Stand-up! Dal posizionamento alla presa di posizione
«Dati, intelligenza artificiale, cybersecurity tutti argomenti complessi dal punto di vista tecnologico ma anche da quello normativo, con una selva di norme, diverse tra zone del mondo, e a volte nella stessa Europa, che hanno reso il nostro lavoro estremamente difficile soprattutto se consideriamo le perturbazioni crescenti derivanti dagli accadimenti socio-economici. Per fare il mestiere di CIO non è più sufficiente un aggiornamento continuo, dobbiamo anche avere uno sguardo a 360 gradi sul mondo per prevenire quando possibile o mitigare gli effetti di quello che accade nell’azienda per la quale lavoriamo ma anche nel vasto mondo che ci circonda. È per questo che dare al nostro lavoro solo una valenza tecnologica non è più adeguato. Dobbiamo coltivare la nostra capacità di dialogare con il Business non solo in modo reattivo, ma soprattutto con un approccio proattivo, anticipando le esigenze e creando valore condiviso».