Competenze al centro: migliorare il trasferimento tecnologico

Competenze al centro: migliorare il trasferimento tecnologico

Come affrontare il trilemma della transizione energetica? L’approccio pragmatico di Eni

Come si affronta il trilemma della transizione, e cioè l’esigenza di equilibrare le tre dimensioni fondamentali dell’energia: sicurezza, equità e sostenibilità ambientale? E cosa significa mettere le persone al centro di una transizione strettamente legata alla trasformazione digitale? Domande che per un’azienda come Eni costituiscono l’essenza di molte delle operations quotidiane. Dario Pagani, head of Digital&IT di Eni, ha una precisa idea su quale debba essere la strada maestra: «La tecnologia, se utilizzata bene, è una delle leve fondamentali per rispondere alle complessità del contesto attuale. Offre un’opportunità straordinaria per individuare soluzioni efficaci nella riduzione del carbon footprint e, al tempo stesso, si rivela un potente abilitatore per ottimizzare i benefici legati all’uso e allo sviluppo delle fonti rinnovabili».

Se questa è la direzione, sono comunque tante le partite che le aziende sono chiamate a giocare per arrivare a centrare l’obiettivo di rimanere competitive. Dalla data protection alla resilienza della supply chain, dalla capacità di fare previsioni in scenari multirischio a quella di mettere in campo le risorse computazionali necessarie per alimentare le applicazioni dell’AI e la convergenza tra Information technology e operational technology. E poi, ancora, l’imperativo di ridurre i consumi dei data center e di massimizzare la centralità delle competenze per accompagnare il processo di cambiamento. E se quella della sostenibilità è una partita che – secondo Pagani – «si gioca globalmente e non a compartimenti stagni e separati», anche sul fronte delle architetture di computing – «non ci può essere una soluzione universale a cui affidarsi e su cui investire».

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Il cloud ibrido e l’edge computing, con la capacità di gestire l’elaborazione dei dati localmente per superare le limitazioni legate alla latenza della connessione, rappresentano componenti essenziali di una soluzione integrata ed efficiente. Ma ciò che serve sempre e comunque – come precisa Pagani – «sono le economie di scala che supportano i progetti di innovazione. Guardando al computing del futuro entrano in gioco infatti altre tecnologie, come la sensoristica certificata by design, il quantum computing e la possibilità di elaborare su larga scala modelli avanzati di AI e di digital twin che rappresentano la nuova frontiera della ricerca nell’ambito dei materiali e dell’efficientamento energetico». L’High performance computing, in quest’ottica, è una risorsa strategica ed Eni, non a caso, è arrivata alla sesta generazione di questi sistemi. Ma ciò che fa la differenza – secondo Pagani – «non sono i petaflops che misurano la capacità di calcolo, bensì la capacità di fare network e di combinare le competenze necessarie per scrivere i software e le applicazioni che generano reale vantaggio competitivo».

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Sul capitale umano occorre fare anche un’altra profonda riflessione perché – avverte Pagani – «c’è il rischio reale che la capacità cognitiva di orientamento e di discernimento delle persone possa diminuire». Inoltre, è necessario focalizzare un ultimo aspetto, che Pagani sintetizza così: «Il punto chiave è la capacità di scalare la tecnologia e di portarne tutto il potenziale dentro i processi di business. Questo è il cuore del trasferimento tecnologico».


Stand-up! Dal posizionamento alla presa di posizione

«Ogni estate, trascorro il mese di agosto nella mia casa sulle colline piacentine, in un paesino che d’inverno conta appena 30 abitanti, con un’età media di quasi 90 anni, ma che d’estate si ripopola. È un luogo dell’anima, dove tutti conoscono tutti e tutto ciò che succede. Qui lo stress della città svanisce, insieme alla necessità, che non di rado diventa ossessione, di essere sempre connessi. In questi luoghi, il contatto tra persone supplisce il digital divide. Per tradizione, la cultura della ricerca dei funghi si tramanda gelosamente di generazione in generazione. Un recente episodio mi ha fatto riflettere sull’uso della tecnologia. Nicola, giovanissimo appassionato cercatore di funghi, con l’aiuto della geolocalizzazione ha saputo ritrovare i posti che la nonna gli aveva raccontato. Risultato positivo e grande raccolta di porcini favolosi. Ma quando il segnale è sparito, Nicola non riusciva più a tornare a casa. Morale: è importante che le nuove generazioni imparino a muoversi su vecchi e nuovi sentieri, riuscendo sempre a “tornare a casa”, anche senza il supporto della tecnologia».