Basandosi su uno studio realizzato in collaborazione con l’Università Europea di Roma e ADACI, l’azienda ha delineato le principali difficoltà e le possibili soluzioni nell’approvvigionamento di materiali indiretti
«Il nostro obiettivo – nonché il nostro motto – è quello di raggiungere risultati straordinari che possano portare alla creazione di un mondo migliore». Sono queste le parole con cui Massimiliano Rottoli, Managing Director di RS Italia, esordisce nel presentare i risultati della terza ricerca sul procurement dei materiali indiretti.
«Abbiamo da sempre un focus particolare sugli MRO e in tale settore cerchiamo di posizionarci come la prima scelta assoluta tanto per i fornitori, quanto per i clienti: i primi chiedono soluzioni che gli permettano di ampliare la propria diffusione e ridurre i costi, i secondi danno priorità a un aumento della propria produttività e a un’ottimizzazione dell’efficienza».
Lo studio, realizzato sulla base delle risposte di un campione di oltre 200 professionisti del procurement, mira a modificare la percezione degli acquisti MRO: generalmente visti come una spesa necessaria, grazie alle opportunità che presentano essi possono infatti tramutarsi in una leva strategica. «Un detto recita che “la cultura si mangia la strategia a colazione” – continua Rottoli – perciò è fondamentale far capire quanto gli MRO, tradizionalmente trattati come acquisti poco critici, siano in realtà molto importanti, se non addirittura il vero cuore pulsante del mondo della supply chain».
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Criticità, talenti, innovazioni, relazioni
«L’analisi si riferisce a dati dell’ultimo anno, ma chiaramente è frutto di un percorso e di un’accumulazione di conoscenze maturate nell’intero triennio» spiega Emanuela Delbufalo, Professoressa dell’Università Europea di Roma. «Abbiamo osservato una serie di leitmotifs costanti, in particolare per quanto concerne l’innovazione tecnologica, che nell’ultimo anno si è consolidata come nuova chiave di volta per rispondere a tutti i tipi di necessità». Le principali debolezze individuate nella gestione degli MRO spaziano dall’obsolescenza di strutture e asse alla frammentazione dei codici prodotto, dalla carenza di personale qualificato alla scarsa visibilità sui fabbisogni reali. Oltre il 45% delle imprese intervistate investe sugli MRO una porzione che varia dal 3% al 20% del proprio budget totale, ma a causa di queste criticità tale spesa ha serie difficolta a essere tracciata con precisione. «Le aziende mostrano una certa resistenza nell’affidarsi a un fornitore unico, che può dipendere da una serie di fattori: difficoltà comunicative, insoddisfazione di parte dei KPI, rapporto di potere contrattuale. E un ruolo chiave è rivestito dagli uffici acquisto: il 49% delle aziende li pone già in posizione apicale nelle proprie gerarchie, ma ciò significa che per tutte le altre esiste ancora un ampio margine per coinvolgerli maggiormente nella pianificazione strategica».
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Maturità digitale e maturità nei processi d’acquisto
«La risposta che abbiamo elaborato», illustra Delbufalo, «è una matrice costruita intorno a due variabili: sull’asse orizzontale misuriamo la maturità delle imprese nel procurement, su quella verticale la loro maturità digitale. Questo ci permette di collocare in clienti in un quadro preciso e di differenziarli in base al gruppo di appartenenza: dai “tradizionalisti” – con carenze in entrambe – ai “pionieri digitali” e i “maestri del procurement” – più ferrati nell’una e nell’altra – per arrivare infine ai “campioni dell’innovazione” che eccellono in entrambe. Questi ultimi sono i clienti ideali a cui RS può conferire il massimo valore aggiunto».
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Per tutti gli altri si possono invece sviluppare soluzioni su misura a seconda del loro quadrante d’appartenenza, così che ognuno possa ottenere i risultati migliori. «Mentre grandi aziende hanno a disposizione le risorse per curare una molteplicità di aspetti, come la sostenibilità, le PMI prediligono l’affidabilità», interviene Fabrizio Santini, Presidente di ADACI. «Negli MRO indiretti molti problemi sono conseguenze di una carenza di informazioni e tempo: le aziende tendono a operare reattivamente, non lavorano in base a manutenzioni programmate bensì con un approccio emergenziale, in risposta alle rotture. C’è quindi una scarsa consapevolezza sui tempi necessari e sui rischi: per questo crediamo che la crescita culturale sia il primo passo fondamentale, a partire dal quale poter poi creare nuovo valore».