I dati per capire i fenomeni e valorizzare il talento delle persone. Debora Guma, Global CIO di De’ Longhi Group, una voce fuori dal coro per abbattere le barriere nel mondo dell’ICT

In apertura della nona edizione dell’evento annuale WeChangeIT Forum, Data Manager assegna il Premio Manager dei Dati 2024 a Debora Guma, Global CIO di De’ Longhi Group e CEO di e-Services per aver messo il digitale e i dati al servizio della valorizzazione delle persone, dell’inclusione e della costruzione di una nuova cultura delle differenze attraverso la comprensione dell’impatto dei bias cognitivi nell’adozione delle nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale e del rapporto tra diversità e carenza di competenze STEM, incoraggiando interventi sul sistema premiante delle aziende e favorendo percorsi di carriera inclusivi. Debora Guma è impegnata in prima persona nella costruzione di un dialogo continuo con le associazioni e le istituzioni per sostenere progetti e azioni concrete con l’obiettivo di ridurre le disparità di genere nel mondo digitale e di colmare i gap di inclusione tra diverse culture, etnie, orientamenti sessuali, abilità e origini sociali.

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Trasformazione culturale

Per Debora Guma la valorizzazione delle diversità, in tutte le sue forme, è fondamentale non solo in termini di cittadinanza, ma anche come leva per il successo delle organizzazioni. «La differenza tra uomo e donna, se compresa e rispettata, può contribuire a costruire un mondo migliore, basato su reciproco sostegno e valorizzazione. Bisogna lavorare per costruire un sistema di valutazione delle risorse umane che riconosca e rispetti le differenze, senza penalizzare le donne o altre forme di diversità». Il problema – secondo Debora Guma – risiede in una cultura aziendale ancora troppo radicata su modelli tradizionali e stereotipi. Nonostante i segnali di sensibile miglioramento rispetto ad altri settori, nel mondo dell’ICT, soprattutto a livello di figure apicali, il divario di genere resta ancora profondo. Considerata l’attenzione alla parità di genere e alla diversità, persistono differenze di trattamento tra lavoratori e lavoratrici. Soprattutto a livello retributivo, con una azienda su quattro che dichiara che gli stipendi medi femminili sono ancora inferiori a quelli maschili. I dati emergono dalla Classifica Top100 dell’ICT Sostenibile di Data Manager realizzata in collaborazione con BVA Doxa che quest’anno ha messo a sistema fatturato, sostenibilità, parità di genere e capacità di attrarre e trattenere i talenti.

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«L’ICT è un campo intrinsecamente interdisciplinare. Nella nostra comunità professionale, le posizioni di vertice sono occupate da uomini, mentre la rappresentanza di altre diversità è estremamente limitata Io credo nel valore delle persone, delle competenze e del talento che bisogna coltivare» – afferma Debora Guma. «Ma non bisogna dimenticare che il vero asse portante del successo lavorativo è l’esperienza». La scarsità di diversità non si limita al genere. «Pochissimi CIO provengono da storie di migrazione di prima o seconda generazione. E la presenza di persone con disabilità è altrettanto rara». Il divario di genere è solo uno dei tanti aspetti critici come la disparità salariale, le difficoltà legate ai percorsi di carriera e al congedo parentale. «Questa situazione non è attribuibile esclusivamente a un gap formativo» – spiega Guma. «L’inclusività non è l’azzeramento delle differenze. Equità non significa necessariamente uguaglianza, ma è un concetto molto più complesso. Sebbene il numero di donne diplomate o laureate in discipline STEM sia ancora contenuto, molte di quelle che intraprendono una carriera tecnologica finiscono per essere svantaggiate. Penalizzazioni strutturali e la mancanza di incentivi adeguati possono portare le donne a rinunciare a ruoli più ambiziosi, segnando un arretramento delle loro aspirazioni professionali».

Il ruolo delle direzioni HR

I sistemi di valutazione e premialità attuali si rivelano in molti casi inefficaci, e contribuiscono a mantenere squilibri e ingiustizie. «Le direzioni HR dovrebbero conoscere meglio l’organizzazione e le persone che ne fanno parte» – afferma Debora Guma. «E in questo il percorso del Gruppo De’Longhi ritengo possa essere da esempio per altre aziende. Oggi il livello di consapevolezza è aumentato. Ma c’è ancora tanta strada da fare. I dati possono veramente creare le condizioni per valorizzare le differenze. I dati sono la base della comprensione dei fenomeni. Non basta cambiare i criteri di valutazione. È necessario esaminare e riformare le cause profonde dei problemi che frenano l’inclusione e la valorizzazione delle diversità. Il concetto di “tetto di cristallo” è tutt’altro che superato. Le barriere per donne e minoranze assomigliano più a un “tetto di piombo”: un ostacolo ancora più pesante e opprimente. Dobbiamo adottare criteri di valutazione delle risorse umane più innovativi e inclusivi. La valorizzazione delle diversità deve partire dalla riforma dei sistemi di premialità, integrando nuove prospettive e sfumature per costruire un ambiente di lavoro più equo e inclusivo».

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Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Per cambiare davvero, secondo Guma, è necessario un ripensamento profondo dei criteri utilizzati per valutare le persone in azienda, mettendo fine a un sistema che tende a escludere chi non si adegua a un modello di potere obsoleto e poco inclusivo. Soprattutto in vista dell’adozione dell’intelligenza artificiale, che ha il potenziale di trasformare radicalmente il modo in cui le aziende operano e gestiscono il personale. «L’intelligenza artificiale può contribuire a una maggiore equità, se utilizzata correttamente» – spiega Debora Guma, sottolineando l’importanza di progettare algoritmi e strumenti di valutazione inclusivi e in grado di valutare le diversità come risorse strategiche e non come ostacoli. «Se le aziende non affrontano le proprie prassi discriminatorie e non ripensano i propri criteri di selezione e promozione, rischiano di perpetuare le ingiustizie esistenti, amplificando ulteriormente le disparità». In questo contesto, la capacità dell’AI di analizzare i dati in modo oggettivo e di ridurre i pregiudizi umani potrebbe rappresentare un’opportunità unica. Tuttavia, Debora Guma avverte che l’efficacia di tali strumenti dipende dalla qualità e dalla diversità dei dati su cui sono addestrati. «Se non vengono considerati adeguatamente gli aspetti legati alla diversità e all’inclusione, gli algoritmi rischiano di riflettere e persino amplificare le disuguaglianze già presenti». Pertanto, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle pratiche aziendali deve essere accompagnata da un impegno consapevole e strategico per garantire che questi strumenti promuovano una cultura di inclusività ed equità, contribuendo così a un ambiente di lavoro più equo e innovativo.


WeChangeIT Award

Il Premio Manager dei Dati intende valorizzare le eccellenze professionali che hanno saputo innovare prodotti, servizi, processi e metodi di lavoro all’interno delle loro organizzazioni, coniugando capacità manageriali, creatività, inclusione e scienza dei dati. La procedura di selezione è condotta dalla direzione e dalla redazione di Data Manager sulla base delle informazioni pubbliche dei candidati e delle segnalazioni ricevute nel corso dell’anno.

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