Massimo Olivieri, innovazione e istantaneità

Massimo Olivieri, innovazione e istantaneità

L’intelligenza artificiale come compagna di studio. Il futuro dell’e-learning e della didattica. L’AI non è solo tecnologia, ma un nuovo modo di entrare in relazione, conoscere e apprendere

Ero in Arabia Saudita, ospite dello SDAIA per il Global AI Summit, e vedendo avatar e assistenti personali (virtuali e guidati da AI) ovunque, ho pensato a Massimo Olivieri, founder e CEO strategy & development di linfa Group, azienda di punta nel settore dell’e-learning. Olivieri è da oltre vent’anni imprenditore e consulente strategico di riferimento nel mondo digitale.

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Qualche settimana prima ci eravamo visti a Roma e avevamo ampiamente discusso del futuro della formazione, di come stesse cambiando e della possibilità di avere in futuro un docente virtuale 24 ore su 24 a nostra disposizione, al quale chiedere qualunque cosa: instancabile, preciso e soprattutto sempre affidabile. In sostanza, abbiamo affrontato il tema di un’intelligenza artificiale non necessariamente generalista, ma sempre più specializzata. Apro una breve parentesi, perché questo concetto potrebbe essere alla base dell’ultima versione di GPT (OpenAI o1), che alcuni ipotizzano abbia la capacità di ragionare in modo più sofisticato. Alla base, c’è la possibilità – tutt’altro che scontata – che più intelligenze artificiali specializzate possano collaborare e comunicano tra loro.

Tornando a parlare di Massimo Olivieri, alla domanda su quale sia la prima caratteristica che associa all’intelligenza artificiale, la risposta è stata «l’istantaneità». L’AI è emersa in modo improvviso e travolgente, confrontandosi con un sistema culturale ancora radicato in vecchi modelli produttivi basati sulla logica lineare di causa-effetto. Con l’intelligenza artificiale, questo schema cambia radicalmente: oggi, basta chiedere per ottenere una risposta o un risultato immediato.

Guardando al futuro, Massimo Olivieri ipotizza un’evoluzione ancora più avanzata dell’IA, simile all’effetto osservatore nella fisica quantistica. Questo concetto suggerisce che l’AI non solo risponderà alle richieste, ma sarà in grado di anticipare le esigenze dell’utente, offrendo soluzioni in modo proattivo e istantaneo, come se percepisse in anticipo ciò di cui si ha bisogno e lo rendesse disponibile senza che venga esplicitamente richiesto.

Ma come è possibile tutto ciò?

«I modelli stanno evolvendo rapidamente e in modo significativo nelle loro prestazioni, ma ciò che colpisce maggiormente è la straordinaria convergenza di fattori che stiamo vivendo: connessioni sempre più veloci, processori e data center sempre più potenti, e visualizzazioni grafiche ormai indistinguibili dalla realtà. Se consideriamo che con l’arrivo del 6G potrebbe persino scomparire la necessità degli schermi, ci rendiamo conto dell’impatto di questa rivoluzione tecnologica. Paragonerei l’era pre-Internet alla prima era geologica della Terra, per dare un’idea della portata del cambiamento».

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Quindi assumerà un grande ruolo il come e cosa si pensa?

«Certamente, diciamo che il concetto di fondo sarà più “immaginazione e meno manualità”. Conterà avere una creatività pronunciata, coltivare la genialità, avere molta cultura, conoscere il mondo, avere chiare le cose che si vogliono. L’intelligenza artificiale ci propone istantaneamente ciò che ci serve ma risponde anche a nostre esigenze di pensiero, creando un’impronta. Possiamo dire che è un ottimo strumento di scalabilità dell’intelletto dell’essere umano. Possiamo parlare quindi di una vera e propria “relazione” più che di un’interazione, come invece abbiamo definito per anni il nostro rapporto con il computer in generale».

In che modo?

«Con l’interazione vocale. Molto, però, ci comparirà davanti ai nostri occhi anche senza chiederlo. È la vera fine della “manualità” nei lavori di tipo intellettuale. Noi che digitiamo alla tastiera, verremo visti come dei “minatori”. In futuro, interagiremo con gli assistenti personali basati sull’AI allo stesso modo in cui oggi vediamo persone parlare al cellulare con un amico o un consulente: non esisterà infatti un’unica AI come un’eminenza grigia che aleggia nell’etere, bensì vi saranno singole AI per ognuno di noi, che con il tempo impareranno a conoscerci, capirci e guidarci».

Mi ritorna così in mente il film Her, quello con Joaquin Phoenix come protagonista, ma perché parli di “guidarci”? Saremo teleguidati perdendo la nostra autonomia intellettuale?

«Dovremo essere molto presenti a noi stessi, sempre. Tutto dipenderà da noi. Oggi, scherzosamente dico agli amici recruiter che se vogliono comprendere le caratteristiche di un candidato, i suoi interessi o peculiarità basta farsi dare lo smartphone e navigare la sua pagina sul social di turno. Ti profilano e ti mostrano ciò che cerchi, navighi e ti piace».

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Come cambierà il settore della formazione?

«Il cambiamento è già in atto, ma la vera rivoluzione avverrà soprattutto nei modelli formativi. Al momento, stiamo ancora vivendo soltanto la fase di upskilling delle competenze necessarie per capirla e coglierne le potenzialità».

Avremo un’intelligenza artificiale come docente?

«Sarà tremendamente incalzante, dedicata solo a noi, intensa nella costanza e densità. Diciamo un bel competitor anche per i docenti più indefessi».

Quindi le scuole di formazione, le università e i docenti sono destinati a estinguersi?

«Assolutamente no. I nuovi modelli formativi si baseranno su ruoli che favoriranno il raccordo e l’integrazione delle conoscenze acquisite autonomamente e con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Gli educatori saranno fondamentali nel sostenere il pensiero critico, anche su questioni filosofiche, e nel facilitare grandi brainstorming ricchi di esperienza e networking intellettuale».

E nell’e-learning?

«L’e-learning sarà guidato da una nuova intelligenza artificiale personalizzata, con l’interazione vocale come driver principale. Gli utenti potranno accedere a corsi online di approfondimento creati direttamente dalle piattaforme, semplicemente caricando documenti interni che l’AI trasformerà in contenuti didattici. Nelle aule virtuali in live streaming, le lezioni si focalizzeranno sul confronto e sulla condivisione di esperienze e casi concreti. Per quanto riguarda il tracciamento dell’interazione degli utenti, attualmente, si presta molta attenzione ai tempi di fruizione, in futuro, sarà più importante il livello, il grado e la qualità della “relazione” stabilita».

Opinione sugli avatar?

«Sono cresciuto attribuendo un rating di competenza e stima a ogni persona che incontravo e incontro in ambito lavorativo e formativo. Penso che per rispetto al discente, oltre che per il valore e l’istituzionalità dell’ente erogante, debba esserci il docente reale nel video, sia nella formazione sincrona che asincrona. Per tutto il resto, sono molto comodi, li usiamo già da diversi anni».

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Tra quanto tempo saremo inondati da tutto questo?

«Tre, cinque anni al massimo per il completamento del processo. Non dimentichiamoci che l’AI è anche molto cost saving, quindi di grande interesse nella sua spinta alla diffusione».

Conclusioni

Dopo aver concluso l’intervista con Massimo Olivieri, sono uscito sul balcone e ho iniziato a osservare lo spazio circostante. Roma è immensa e ricca di storia, eterna nella sua bellezza. Nell’aria del pomeriggio, le voci risuonano nell’aria. Affacciandomi verso la strada, noto il consueto via vai di automobili e turisti, intenti a scattare foto e a mettersi in posa, sempre più o meno nello stesso punto. Il portiere, come ogni giorno, si intrattiene a conversare con il proprietario della ferramenta. Il negozietto di alimentari sotto casa, preso d’assalto dai visitatori, mentre è quasi ora di abbassare la saracinesca. Tutto si ripete come in un rituale quotidiano. Ma dov’è quel futuro di cui parliamo? Dove sono tutte queste innovazioni? La verità è che esistono molte realtà: in alcune, il tempo scorre lentamente, in altre corre così veloce da sembrare inarrivabile. Ogni realtà lascia impronte nuove e indelebili. Il futuro non arriva tutto in una volta: si insinua silenziosamente nelle pieghe della quotidianità, lasciando tracce invisibili che solo col tempo diventano evidenti.