Rampino (Coram- Sanità privata), al comando di molte donne. Giovetti (Trenton-Meccanica), alla guida di una prima linea maschile
Sono le due facce della medesima attività: la leadership femminile, in due ambienti completamente differenti, quello della manifattura meccanica, e quello sanitario.
Il settore della sanità è noto per avere una forte caratterizzazione femminile. Sono 138 le donne che operano per la storica azienda friulana: Coram. A livello mondiale i dati del Global gender gap report 2021 evidenziano una rappresentazione femminile nella sanità pari al 75% del totale degli occupati, acquisendo il ruolo di settore a maggiore partecipazione femminile. Anche in Italia questo comparto include il 68% delle professioniste e ha mostrato una crescita continua a partire dal 2010. La maggioranza del personale ricopre un ruolo infermieristico, tecnico e medico. Queste percentuali, però, non hanno un riflesso in un’equa distribuzione delle donne anche nelle posizioni di responsabilità. Le percentuali femminili, infatti, si riducono drasticamente per le funzioni di leadership di più alto livello.
Con qualche eccezione. È il caso del Gruppo Coram, più di 50 anni di attività nel servizio sanitario privato convenzionato, guidato dall’amministratore delegato Alessia Rampino. Un ruolo non previsto, Alessia infatti si è laureata in Biologia con l’idea di essere un’esperta in laboratorio, ma assunto con convinzione e un’idea ben chiara di azienda: «Coniugare la qualità delle relazioni e della valorizzazione delle persone con l’efficienza e la produttività necessarie per un’impresa».
Componente della famiglia che ha fondato Coram – il nonno e il papà insieme alla mamma –Alessia Rampino è cresciuta accanto a una madre che ha gestito l’organizzazione della società sin dal suo avvio. «Mi voleva sempre accanto a sé, perché potessi ascoltare e imparare molto sul campo – racconta la manager -. Ho respirato, soprattutto, che a fare la differenza erano le competenze e il saper fare delle persone, non certo il loro genere». Un aspetto culturale che per Alessia Rampino è diventato costitutivo del suo fare impresa, coniugandolo poi con la ricerca dell’equilibrio tra presenza maschile e femminile all’interno dell’organizzazione. «Credo molto nel confronto – spiega – nel gioco di squadra, nel rapporto costruttivo e arricchente tra uomini e donne. Dagli uomini, non posso negarlo, ho imparato molto. Sono convinta che leadership femminile e maschile debbano collaborare per l’ottimizzazione delle risorse specifiche». Per questo, aggiunge, «ho cercato di riequilibrare i rapporti anche all’interno della Coram, una realtà che alcuni anni fa aveva una presenza femminile al novanta per cento e oltre».
Analizzando il proprio settore in ambito regionale e non solo, Rampino riconosce che «ci sono donne in ruoli di responsabilità. Anzi, spesso hanno posizioni molto complesse e di difficile gestione».
Se deve individuare un tratto peculiare della leadership al femminile, l’imprenditrice pensa «all’empatia e a una più spiccata emotività, che qualche vantaggio lo danno. Credere nelle relazioni, avere un’attenzione olistica per i propri collaboratori è un atteggiamento che contribuisce a dare solidità all’azienda. Una riprova l’abbiamo avuta durante il Covid. Di fronte a una situazione eccezionale e a richieste fra le più diverse e complesse, nessuno si è tirato indietro e tutti hanno operato convintamente». Rampino non nasconde, poi, che «empatia e sensibilità emotiva abbiano contribuito non di rado a far comprendere di primo acchito alcune situazioni che si sono poi confermate ad un’analisi razionale».
Nel mondo della sanità privata convenzionata e nelle relazioni che essa intesse con il sistema pubblico, l’amministratore delegato di Coram non intravede, dunque, una carenza di presenza femminile anche a livelli apicali. «Anzi, direi che è un settore che vive una condizione ben diversa rispetto ad altri ambienti dove la donna subisce ancora condizioni non ottimali». Quanto agli aspetti che potrebbero essere ulteriormente migliorati in una leadership al femminile, Rampino punta su un auspicio: «Contaminare il mondo imprenditoriale con una visione “umanistica” dell’economia, affinché persegua sempre di più un benefico equilibrio tra il profitto, che è nella natura del fare impresa, il benessere dei lavoratori e le positive interazioni con il territorio in cui l’azienda è inserita».
Alla Trenton la presidente e ceo Carlotta Giovetti s’interfaccia con una “prima linea” interamente al maschile. Sono tre uomini che ricoprono un ruolo strategico in un’importante industria meccanica italiana, la Trenton di Frassinoro con esportazioni in molte piazze del mondo e un fatturato che sfiora i 40 milioni. Non sono però coloro che hanno le chiavi dell’azienda. Quelle sono in mano a Carlotta Giovetti, che ha raccolto l’eredità del padre assumendo il ruolo di ceo e presidente, in un passaggio generazionale preparato sì, ma resosi improvviso nelle tempistiche.
Egidio Gianasi, Cristian Battani e Marco Micheli sono rispettivamente direttore generale, responsabile qualità e responsabile di produzione dell’impresa che conta tre siti produttivi (Fanano, Frassinoro e Castelfranco Emilia), ciascuno con parecchi anni di presenza alla Trenton. Pur nelle differenze d’accenti, la loro visione di una realtà produttiva tipicamente manifatturiera guidata da una donna è unanimemente «positiva» e la tipicità del governo in rosa richiede un qualche istante di concentrazione, perché di primo acchito spiccano le caratteristiche tipiche dell’imprenditore, donna o uomo che sia. «Gli imprenditori sono persone che ci provano sempre, che la loro prima risposta non è mai “non si può fare”, ma “proviamo” e Carlotta Giovetti incarna efficacemente questo spirito», considera il direttore generale Gianasi, in azienda da trent’anni. «Il suo tratto peculiare, comunque, sta nel fatto che non accentra ma delega in un rapporto di piena fiducia. È chiaro che la decisione finale è la sua, ma il confronto c’è sempre e non è mai sterile o per partito preso». Gianasi riconosce alla donna-imprenditrice Giovetti «l’attenzione ai rapporti con i collaboratori, l’impegno per farli crescere professionalmente e nello spirito di squadra, oltreché una politica importante per la parità di genere». Oggi, aggiorna, sono 25 le donne che lavorano sia negli uffici che in officina e «sono tutte ottime collaboratrici, competenti. Siamo molto contenti», conclude.
Il responsabile qualità Battani conferma: «Avere un ceo donna per me non fa alcuna differenza rispetto ad averlo uomo. Prioritariamente si guarda alla competenza». Certo, nella sua vita professionale ha avuto più un’esperienza, compresa quella di vertici accentratori. Nel caso di Carlotta Giovetti, invece, «lei ha tutto sotto controllo, ma ti lascia lavorare. Instaura rapporti per confronti liberi e costruttivi, dando fiducia». Una modalità di approccio che è stata costruita e consolidata nel tempo,condividendo valori e obiettivi. «Ha promosso infatti più volte percorsi formativi che hanno coinvolto tutto il Gruppo – conferma Battani -, affinché i valori e le linee guida dell’azienda diventassero patrimonio condiviso». Tra le scelte compiute da Giovetti, il responsabile qualità ha apprezzato particolarmente «quella di non fornire imprese produttrici di armi, anche se questo mercato avrebbe potuto senz’altro incrementare i numeri del bilancio». Micheli, da 22 anni in Trenton e una carriera che lo ha portato a essere responsabile di produzione, è sintetico: «Il mio rapporto con il nostro ceo e presidente è molto buono e ciò che apprezzo decisamente è che si fida molto dei suoi manager, riconoscendone le competenze e le qualità. Ulteriore dote peculiare, forse femminile, è la capacità di ascolto, che Giovetti mette in pratica costantemente», conclude.