A cura di Roberto Carrozzo, Head of Intelligence & Data di Minsait in Italia
Pochi oggi dubitano del potenziale che l’IA rappresenta per le nostre economie. Siamo di fronte a quella che è stata definita una “rivoluzione industriale cognitiva” (Reid Hoffman dixit), con un potenziale dirompente simile, se non superiore, alla prima fase della Rivoluzione Industriale. Secondo le stime di McKinsey, la sola IA generativa potrebbe generare una crescita economica globale compresa tra 2,6 e 4,5 trilioni di dollari nei prossimi anni. Allora perché solo pochi la stanno sfruttando veramente?
La realtà dietro l’hype per l’IA, trainato dall’irruzione dell’IA generativa, è che, al momento, solo poche aziende (e ancora meno in Italia) sanno come sfruttarla per creare valore. Secondo lo studio di Minsait sull’implementazione dell’IA in Italia, condotto insieme all’Università Luiss, solo un’azienda italiana su quattro ha piani di implementazione dell’IA allineati ai propri piani strategici. E la maggior parte di esse fatica a trovare casi d’uso efficaci, al di là dei primi esperimenti.
Sfruttare il potenziale dell’IA per generare valore concreto e tangibile nelle nostre organizzazioni richiede tre passi iniziali: adattare le organizzazioni alla nuova realtà; considerare l’IA all’interno di una visione olistica dell’ecosistema tecnologico delle nostre aziende; attivare progetti volti a fornire soluzioni pratiche e scalabili per il core business aziendale.
Purtroppo, le attuali organizzazioni italiane non sono pronte per l’IA. Secondo lo studio Minsait, la mancanza di competenze in materia di IA è uno dei principali ostacoli alla sua implementazione. Un gap che richiede, da un lato, un ambizioso programma di upskilling, riqualificazione e ricollocazione dei dipendenti; dall’altro, una chiara strategia di partnership con i player tecnologici che hanno la visione e le capacità per guidare con successo l’integrazione dell’IA.
Oltre alle competenze, altri tre aspetti sono fondamentali per adattare le nostre organizzazioni. Primo: passare da modelli tradizionali di governance dei dati a modelli di gestione della conoscenza integrati.
Secondo: implementare metodologie adeguate a gestire il ciclo di vita degli sviluppi dell’IA tradizionale e generativa (oggi, ad esempio, solo il 3% delle aziende ha adottato metodologie MLOps e LLMOps in Italia). Terzo: disporre di adeguate infrastrutture Cloud per supportare i sistemi in sicurezza.
La seconda condizione per catturare il pieno valore dell’IA è la sua concezione olistica come parte integrata dell’ecosistema tecnologico delle nostre organizzazioni. Ciò implica che non basta integrare l’IA nei processi esistenti, ma che serve ripensare tali processi per massimizzare le sinergie tra uomo e macchina. In questo senso, l’emergere dell’Agentic Process Automation, con i suoi agenti intelligenti e autonomi, promette di stravolgere la tradizionale automazione dei processi.
L’IA deve avere un impatto significativo anche sulle nostre applicazioni, che dobbiamo ripensare per integrare gli algoritmi di IA. Ciò comporterà, in alcuni casi, lo sviluppo di nuove applicazioni o l’evoluzione di quelle esistenti per sviluppare l’IA al massimo delle sue potenzialità.
Il terzo passo consiste nel passare dalla sperimentazione generica alla produzione concreta, tangibile e scalabile. Siamo ormai in una fase in cui l’AI deve essere utilizzata in produzione, non solo in Proof of Concept (PoC) generiche che non portano a progetti concreti. Quando si avvia una PoC, bisogna essere consapevoli che c’è un’alta probabilità che venga poi ingegnerizzata per un utilizzo effettivo. È quindi fondamentale che le PoC siano mirate e orientate verso soluzioni pratiche e scalabili.
Organizzazione, concezione olistica e realizzazione dei progetti concreti. Queste tre passi sono, ovviamente, solo l’inizio. Ma sono assolutamente necessarie per passare dall’hype al valore concreto per le nostre organizzazioni.