Nuovi equilibri nel mondo ibrido

Crisi demografica e sviluppo tecnologico, la sfida per l’Europa del futuro tra pianificazione e innovazione. Marta Dassù, Aspen Institute: «La sicurezza è alla base di tutto»

Il cambiamento di approccio alla sicurezza – da costo a leva strategica – sopravanza gli scenari bellici e accelera le decisioni di investimento delle aziende coinvolgendo temi di sovranità dei dati, alleanze, infrastrutture fisiche e digitali, competenze, know-how, capacità tecnologica, approvvigionamento delle materie prime. La geopolitica e il digitale rappresentano due dimensioni interconnesse ma profondamente diverse, ciascuna con le proprie dinamiche, attori e implicazioni. I rapporti di forza tra le due sfere non coinvolgono più solo le realtà politiche nazionali e sovranazionali, ma anche potenti soggetti privati multinazionali, il cui ruolo sta diventando sempre più centrale. Approfondire questa asimmetria è cruciale per comprendere meglio le sfide e le opportunità del nostro tempo.

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«La sicurezza è alla base di tutto, anche del welfare state» – afferma Marta Dassù, Senior director of European Affairs – The Aspen Institute, a lato del suo intervento durante la tre gironi del Forum in Masseria 2024. Una consapevolezza che – però – richiede una svolta culturale. «L’investimento in sicurezza è investimento assolutamente indispensabile. Senza sicurezza non è pensabile che possiamo costruire il resto delle nostre attività, quindi questa è la prima cosa a cui pensare».

L’intreccio tra geopolitica e digitale

Mentre gli USA ci chiedono di tagliare i rapporti con la Cina, i nuovi dazi sulle auto elettriche cinesi, dividono l’Europa e potrebbero trasformarsi in un boomerang per la stessa industria europea. La sicurezza non si limita alla difesa militare, ma include anche la protezione delle infrastrutture fisiche, come i cavi sottomarini da cui dipende circa il 90% delle connessioni globali. Le infrastrutture critiche digitali sono sempre più sotto attacco. Inoltre, la transizione digitale e quella ecologica sono seriamente minacciate dalla disponibilità delle materie prime e dalle tecnologie avanzate necessarie. Problemi così complessi richiedono una ristrutturazione completa delle filiere di approvvigionamento e una rimodulazione del mix energetico, basandosi sugli impatti piuttosto che su una tassonomia rigida. E questo è un altro punto in cui geopolitica e digitale si toccano. Inoltre occorre stimolare la crescita dell’industria nazionale nel campo delle tecnologie più avanzate, in particolare dell’intelligenza artificiale per aumentare il grado di autonomia strategica. L’equilibrio tra sicurezza e diritti fondamentali rende ancora più complesso l’intreccio tra geopolitica e digitale.

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Come bilanciare tecnologia e fattore umano

«Osservando la situazione di conflitto tra Russia e Ucraina e tra Israele e Hamas, risulta evidente che la capacità di accesso alla tecnologia pubblica e privata ha avuto un ruolo decisivo» – spiega Marta Dassù. «Per entrambe le parti in conflitto, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale sia in attacco che in difesa è fondamentale per guidare i droni sui bersagli, eludendo le intercettazioni, o per impiegare algoritmi in grado di neutralizzare le tecniche di disturbo radar».

La tecnologia tende a favorire la difesa rispetto all’attacco, come dimostrato dalla decisione russa di rafforzare le proprie difese. «La guerra convenzionale e le nuove tecnologie si fondono nel concetto moderno di guerra ibrida. Sullo sfondo persiste il problema dell’equilibrio tra fattore umano e macchina: eliminare una parte dell’equazione porta a uno svantaggio netto. Il 7 ottobre, l’overconfidence nel potere dell’intelligence da parte di Israele ha lasciato sguarnito il presidio umano-militare sul fronte del muro di separazione tra Israele e Gaza». Con le conseguenze che conosciamo.

Verso una NATO più europea

La fine della guerra fredda, non ha creato la pace perpetua. Il modello europeo non ha funzionato, mostrando le criticità e la dipendenza dagli USA. Dobbiamo costruire una NATO più europea, per non essere più dipendenti da un garante esterno. «L’Europa deve fare veramente un passo avanti sulla questione degli investimenti nella sicurezza e nella difesa, perché in ogni caso dovrà misurarsi con il fatto che la delega agli Stati Uniti è antistorica» – afferma Marta Dassù. «Non è più pensabile che gli Stati Uniti coprano così tanto dell’onere della difesa europea. L’America ha altre priorità, in particolare il fronte cinese dell’Indo-Pacifico, e quindi ci chiederà di costruire sostanzialmente una NATO più europea e qui bisogna che riusciamo a fare un salto culturale».

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Il nuovo fronte della competizione

La grande battaglia tecnologica in atto riguarda l’intelligenza artificiale. Gli attori principali sono Stati Uniti e Cina. La nuova guerra fredda come viene definita impropriamente da alcuni. «Impropriamente – spiega Marta Dassù – perché la Cina è comunque molto più integrata nell’economia internazionale di quanto non fosse d’URSS dei suoi tempi. Il predominio tecnologico è il nuovo fronte della competizione. Entrambi gli attori sono convinti che avere la prevalenza nell’intelligenza artificiale sarà decisivo per le loro strategie di potenza».

L’Europa tra regolamentazione e innovazione

Rispetto al passato, per dirla con il linguaggio dell’IT, l’Europa ha preferito l’approccio sequenziale di pianificazione anticipata tipo Waterfall rispetto al metodo Agile di adattamento continuo. La regolamentazione è la mano sul volante, l’innovazione è il piede sull’acceleratore. L’Europa gioca per il momento l’unica carta a disposizione: il controllo normativo, sfruttando il tempo a disposizione per rovesciare gli equilibri.

«L’Europa in teoria dovrebbe essere una potenza tecnologica, ma riusciamo a investire molto meno e quindi siamo una potenza soprattutto regolatoria» – spiega Marta Dassù. «Ma regoliamo anche quello che non innoviamo a sufficienza. E quindi, quasi paradossalmente, l’obiettivo sembra essere quello di porre dei paletti alle imprese, soprattutto americane, mentre le imprese europee stentano a esprimere questa capacità di super computing che è molto costosa e che abbiamo scarsamente sviluppato».

Un potenziale che non riusciamo ad esprimere, soprattutto per la mancanza di startup – a parte pochi casi, come la francese Mistral – commenta Marta Dassù. «L’Europa ha un grosso problema che si unisce in qualche modo all’altro grande problema che abbiamo che è la crisi demografica. Se capissimo che alla crisi demografica potremmo rispondere in parte con lo sviluppo tecnologico sarebbe già un punto di partenza, ma per il momento questo nesso secondo me non l’abbiamo ancora accolto fino in fondo».

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