Metamorfosi digitale, l’evoluzione continua

Metamorfosi digitale, l’evoluzione continua

La digital transformation è un processo complesso e multidimensionale che va ben oltre la semplice digitalizzazione. È una rivoluzione che ridefinisce il modo in cui le aziende operano e competono, creando un ecosistema aziendale più efficiente, innovativo e orientato al cliente. Con la partecipazione di AC Milan, ACI Informatica, Aruba Enterprise, Bricocenter, Chiesi Farmaceutici, CY4GATE, Massimo Alba, Maticmind, Milano Ristorazione

Si parla di trasformazione digitale da circa due decenni, con una maggiore enfasi negli ultimi dieci anni. A ben vedere, l’idea di utilizzare la tecnologia per trasformare le operazioni aziendali e la società stessa può essere rintracciata anche prima. La crescente ubiquità della tecnologia digitale e l’accelerazione dell’intelligenza artificiale hanno reso la trasformazione digitale un concetto centrale nelle strategie organizzative e di business. Tuttavia, se consideriamo la trasformazione digitale come una fase di passaggio verso la maturità, bisognerebbe a un certo punto superarla. Ma se la trasformazione digitale viene considerata come una metamorfosi in cui le organizzazioni adottano e integrano nuove tecnologie per migliorare le loro operazioni e adattarsi dinamicamente al cambiamento, è importante riconoscere che l’innovazione digitale rappresenta un viaggio continuo.

Dopo una fase iniziale di trasformazione, le aziende possono passare a un modello di continua evoluzione e adattamento, in cui l’innovazione e l’ottimizzazione digitale diventano parte integrante della loro cultura e delle operazioni quotidiane. Come il digitale sta rivoluzionando il retail e l’industria del fashion? Come migliorare le operazioni interne e l’esperienza del cliente nel settore sportivo, nei servizi pubblici e di ristorazione? Qual è il ruolo del cloud nella trasformazione digitale e come implementare soluzioni avanzate per la sicurezza dei dati? Per rispondere a queste domande, Data Manager ha riunito intorno al tavolo dedicato alla trasformazione digitale AC Milan, ACI Informatica, Aruba Enterprise, Bricocenter, Chiesi Farmaceutici, CY4GATE, Massimo Alba, Maticmind e Milano Ristorazione. La trasformazione digitale, alimentata dal potere dei dati, non è più un’opzione ma una necessità per tutte le organizzazioni.

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IL DIGITALE COME METAMORFOSI

La digital transformation è un fenomeno che sta rivoluzionando il modo in cui le aziende operano, competono e si relazionano con i clienti. Questo processo non si limita alla semplice adozione di nuove tecnologie, ma implica una revisione profonda e integrata dei modelli di business, delle strategie operative e delle culture organizzative. È una metamorfosi che trasforma completamente il tessuto aziendale, rendendolo più agile, efficiente e orientato al futuro. Per comprendere appieno la portata della digital transformation, è fondamentale distinguere tra digitalizzazione e trasformazione digitale, due concetti spesso confusi ma sostanzialmente diversi. La digitalizzazione è il processo di conversione delle informazioni analogiche in formato digitale. Questo include, per esempio, la scansione di documenti cartacei per archiviarli in formato elettronico, o l’uso di software per gestire dati che prima erano trattati manualmente. La digitalizzazione riguarda quindi il miglioramento dei processi esistenti, rendendoli più rapidi e accurati attraverso l’uso delle tecnologie digitali.

Tuttavia, non cambia fondamentalmente il modo in cui un’azienda opera, ma si limita a rendere più efficienti le operazioni esistenti. La trasformazione digitale, invece, va oltre la semplice digitalizzazione e comporta un ripensamento radicale e strategico di tutti gli aspetti dell’organizzazione. Non si tratta solo di adottare nuove tecnologie, ma di utilizzarle per creare nuovi modelli di business, migliorare l’esperienza del cliente, innovare i processi operativi e sviluppare nuove competenze e mentalità all’interno dell’azienda. La trasformazione digitale implica un cambiamento culturale e operativo che consente all’organizzazione di essere più reattiva, flessibile e competitiva in un mercato in rapida evoluzione. Nel contesto attuale, la trasformazione digitale rappresenta un passaggio cruciale per le aziende che desiderano rimanere competitive e innovative. Al centro di questa evoluzione vi è il dato, elemento fondamentale che alimenta e guida l’intero processo di trasformazione. I dati, generati da una miriade di fonti e attività quotidiane, sono il nuovo petrolio del mondo digitale: preziosi, abbondanti e capaci di alimentare nuove opportunità di crescita e miglioramento.

La raccolta e l’analisi dei dati permettono alle aziende di ottenere una comprensione profonda delle dinamiche di mercato, dei comportamenti dei clienti e delle inefficienze operative. Grazie ai big data e agli strumenti di analytics, le organizzazioni possono prendere decisioni informate e basate su evidenze concrete piuttosto che su intuizioni o esperienze passate. Questo approccio data-driven consente di identificare trend emergenti, anticipare le esigenze dei clienti e ottimizzare le risorse in modo più efficace. Inoltre, i dati rivestono un ruolo centrale nella personalizzazione dell’esperienza del cliente. Attraverso l’analisi delle preferenze e delle interazioni dei consumatori, le aziende possono creare offerte su misura, migliorando la soddisfazione e la fedeltà del cliente. Le soluzioni di intelligenza artificiale e machine learning, alimentate da grandi quantità di dati, permettono di sviluppare modelli predittivi che anticipano le esigenze dei clienti e li indirizzano verso prodotti e servizi pertinenti.

La trasformazione digitale implica una revisione profonda dei processi interni aziendali, dove il dato gioca un ruolo di primo piano. L’automazione dei processi, resa possibile dall’analisi dei dati in tempo reale, aumenta l’efficienza operativa e riduce gli errori. Tecnologie come l’Internet of Things generano un flusso continuo di dati dai dispositivi connessi, fornendo insights immediati sul funzionamento delle macchine e consentendo interventi di manutenzione predittiva che riducono i tempi di fermo. La sicurezza dei dati è un altro aspetto cruciale nella trasformazione digitale. La crescente quantità di informazioni trattate dalle aziende richiede soluzioni avanzate di cybersecurity per proteggere i dati sensibili da attacchi e violazioni. L’adozione di tecnologie come la blockchain offre una maggiore trasparenza e sicurezza nelle transazioni, garantendo l’integrità e la tracciabilità dei dati.

In sintesi, il dato rappresenta il fulcro della trasformazione digitale. La capacità di raccogliere, analizzare e utilizzare i dati in modo strategico permette alle aziende di innovare, migliorare l’efficienza operativa e offrire esperienze personalizzate ai clienti. La gestione efficace dei dati non solo ottimizza i processi interni, ma anche favorisce una cultura aziendale più agile e pronta ad affrontare le sfide del mercato globale.

Simone De Giuseppe CIO & CDO di Bricocenter Italia

LA TRASFORMAZIONE DEL RETAIL

La vendita di merci fisiche ha subito un cambiamento profondo con l’avvento del digitale. «La trasformazione digitale nel mondo retail è quella che ha portato il comparto dall’essere puramente fisico al diventare omnicanale» – spiega Simone De Giuseppe, chief information & digital officer di Bricocenter Italia. «La trasformazione ha aggiunto una nuova dimensione che va oltre il semplice portare clienti in negozio e avere la merce sugli scaffali. Ora, l’attenzione è rivolta a un’esperienza integrata, che combina il fisico e il digitale in un’unica strategia omnicanale. Una delle principali leve in Bricocenter, per esempio, è portare il cliente in negozio a seguito di una sua visita soddisfacente ed esaustiva sul nostro sito, che semmai fornisce la disponibilità della merce desiderata in un punto vendita specifico».

L’altra dimensione impattata è quella della distribuzione, che per essere orchestrata al meglio richiede dati estremamente precisi e puntuali. «Commettere errori nel mondo fisico è estremamente costoso» – continua De Giuseppe. «Ordinare una quantità eccessiva di merce che poi resta invenduta comporta sprechi notevoli, così come distribuirla nei punti vendita sbagliati. Avere un numero inadeguato di personale in un negozio in determinati momenti può avere un impatto negativo significativo sulle vendite. Tutti questi problemi possono essere affrontati efficacemente solo se si dispone di dati accurati e puntuali, che consentano di orientare correttamente i processi decisionali». L’ultima dimensione è quella delle aspettative dei clienti che sono cambiate nel tempo. Il fatto che oggi i clienti ordinino un prodotto online o in negozio crea l’aspettativa di uno scaffale infinito. «Come parte di Gruppo Adeo, in Italia abbiamo oltre un milione e mezzo di referenze di prodotto di cui solo centocinquantamila sono nostre e le altre sono di nostri partner. Il cliente cerca soluzioni per la propria casa e non gli importa se il prodotto proviene da noi o da un partner: ciò che conta è trovare la risposta alla sua esigenza» – sottolinea De Giuseppe.

Quello che si percepisce in negozio è solo la punta dell’iceberg di una macchina molto complessa, il cui motore principale sono i dati. Soprattutto in questo momento storico, in cui fattori esterni e imprevedibili influenzano la capacità di pianificazione delle aziende, è fondamentale adattarsi rapidamente a scenari in continua evoluzione, come l’approvvigionamento delle merci. La grande trasformazione del retail ha portato a una profonda evoluzione della supply chain. «In passato, l’obiettivo principale della supply chain era semplicemente trasferire la merce dal magazzino del fornitore agli scaffali del negozio» – spiega De Giuseppe. «Oggi, invece, copre tutti i circuiti logistici, inclusa la supply chain B2C, con aspettative dei clienti estremamente elevate. La complessità è aumentata notevolmente, anche perché i sistemi applicativi che gestiscono questi processi sono spesso stati ideati molti anni fa, quando il modello operativo era diverso. Questo richiede una trasformazione digitale e di processo rapida e continua».

Nel gruppo Adeo, Bricocenter è riconosciuta come l’azienda di prossimità, focalizzata sul rapporto diretto e sulla soddisfazione del cliente finale come obiettivo principale. «Ma per consentire agli addetti di negozio di seguire ogni cliente come se fosse l’unico occorre sgravarlo di tutte le attività che possono essere automatizzate o digitalizzate» – rileva De Giuseppe. «Questo comporta un grande lavoro sul fronte tecnologico. Si dice spesso che il digitale sostituisce le relazioni umane, ma per noi non è così. Al contrario, il digitale ci consente di rafforzare la relazione personale tra l’addetto del negozio e il cliente, creando un rapporto di fiducia più solido». Il flusso logistico oggi si intende end-to-end, dalla produzione alla consegna a casa del cliente. «L’efficientamento di questo processo è possibile solo tramite la raccolta di dati lungo tutta la filiera e la loro attenta analisi» – ci ricorda De Giuseppe. Tuttavia, la qualità dei dati disponibili dipende dalla capacità del fornitore di gestire una supply chain spesso meno organizzata e digitalizzata. Questo introduce una pressione significativa su alcuni player verso la digitalizzazione, comportando costi aggiuntivi e, in alcuni casi, escludendo alcune aziende dal mercato. Il successo economico di un’azienda retail dipende dalla qualità della propria supply chain. Finora, le tecnologie si sono concentrate principalmente sull’interfaccia con il cliente, la parte più semplice. «La complessità della gestione dell’approvvigionamento, della logistica e della distribuzione rappresenta la vera sfida con cui la trasformazione digitale deve confrontarsi» – afferma De Giuseppe.

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Francesco del Bosco digital & business advisor di Massimo Alba

Nel mondo del retail, le problematiche sono in gran parte identiche, anche tra categorie merceologiche molto diverse, sebbene la complessità vari in base alla dimensione e alla distribuzione. «Stiamo affrontando solo ora la parte di trasformazione digitale e di generative AI» – spiega Francesco del Bosco, digital & business advisor di Massimo Alba. «Fino ad ora, abbiamo concentrato la nostra attenzione principalmente sulla peculiarità del nostro prodotto, come la qualità dei tessuti e la vestibilità». Massimo Alba è un brand indipendente con dieci anni di storia, posizionato nel mondo del luxury fashion. Il marchio conta cinque negozi in Italia e una produzione distribuita a livello globale, supportata anche dal proprio sito di eCommerce. Il processo di cambiamento avviato da Massimo Alba inizia dalla produzione e si estende fino alla modalità di approvvigionamento dei negozi e alla relazione con i clienti. «Stiamo adottando nuove tecnologie per offrire un servizio migliore, prestando attenzione non solo all’efficienza, ma anche alla qualità e alla sostenibilità delle catene di produzione e dei materiali utilizzati. Monitoriamo sempre più attentamente i nostri partner, senza mai dimenticare le nostre radici artigianali» – sottolinea del Bosco

La strategia di Massimo Alba sta preparando il marchio per l’avvento del futuro passaporto europeo del prodotto, garantendo una filiera di produzione conforme ai criteri di sostenibilità non solo ambientale. Analogamente a quanto avvenuto con Bricocenter, il modello di business di Massimo Alba sta abbracciando l’omnicanalità in modo proattivo, riducendo al minimo le differenze tra i processi di vendita online e quelli nei negozi fisici. «La nostra sfida è ottimizzare la produzione mantenendo intatta la qualità e contemporaneamente ridurre gli sprechi in modo significativo» – spiega del Bosco. «Stiamo anche implementando miglioramenti nella movimentazione dei prodotti tra i negozi, riducendo non solo l’impatto ambientale ma anche i costi operativi. Questo approccio viene esteso ai clienti wholesale con un modello distributivo basato sulla prossimità. I nostri clienti visitano i negozi per provare gli abiti, ma col tempo sviluppano fiducia e familiarità con la nostra vestibilità, passando gradualmente agli acquisti online. Quindi, sebbene il contatto fisico sia ancora importante, stiamo guardando con attenzione al futuro digitale».

Maurizio Bonomi IT director di AC Milan

RIVOLUZIONE IN CAMPO

Tra i club italiani, il Milan è stato pioniere nell’adozione di tecnologie avanzate e nell’integrazione di soluzioni IT per migliorare sia le prestazioni sul campo che l’esperienza dei tifosi, promuovendo la creazione di un sistema di raccolta e analisi dei dati per supportare le decisioni. Dai Centri Sportivi Milanello e PUMA House of Football, alla collaborazione con aziende hi-tech, dalle piattaforme digitali, all’app Milan, dalla cybersecurity all’analisi delle prestazioni, i dati dentro e fuori dal campo sono un prezioso supporto decisionale per il Club, dalla salute dei giocatori, alle previsioni di gioco, al sentiment dei tifosi e così via. «Quando sei allo stadio con la tua famiglia, potresti aver comprato il biglietto sul nostro sito web, registrandoti nel nostro sistema di Identity, aver visitato il museo di Casa Milan, acquistato una maglietta allo store e infine superato i controlli ai tornelli dello stadio. Tutte queste esperienze sono supportate da infrastrutture e piattaforme integrate di terze parti, che lavorano insieme per garantire un servizio fluido e senza interruzioni» – esemplifica Maurizio Bonomi, IT director di AC Milan. L’IT di una squadra di calcio si divide in due grandi aree: una enterprise e una sportiva. «Quando il Milan era di proprietà della famiglia Berlusconi, un vero e proprio dipartimento IT autonomo non esisteva» – racconta Bonomi. «Tutto era gestito dall’IT di Fininvest. Con il cambio di proprietà, nel giro di un anno si è reso necessario rendersi indipendenti, e da qui è iniziata la vera trasformazione digitale del Milan, che ha portato alla creazione di un dipartimento IT autonomo, passando dalle due persone iniziali alle dieci attuali».

Per attuare questa separazione, il primo passo è stato migrare tutte le piattaforme in cloud. «Oggi, il Milan è gestito su un multicloud ibrido» – spiega Bonomi. «I principali sforzi si sono concentrati sugli store, sull’eCommerce e il CRM, ambiti che hanno visto una crescita esponenziale negli ultimi anni. La vera sfida è stata, ed è tuttora, educare le persone a lavorare in modo diverso, con processi e adottando tecnologie nuove, fornendo molto più supporto decisionale basato sui dati. Questo è particolarmente importante in AC Milan, dove le persone tendono a rimanere a lungo. Abbiamo messo a disposizione un layer unico per integrare i vari sistemi e gettare le basi per un percorso di trasformazione che continuerà nei prossimi anni. Anche a livello di sicurezza, abbiamo adottato un SOC per il monitoraggio continuo della sicurezza delle applicazioni e delle infrastrutture». Ma oltre alle attività a livello enterprise, anche a livello sportivo l’IT del Milan sta facendo passi da gigante. «Il grande salto è stato compiuto negli ultimi due anni, iniziando dal Milan Lab» – spiega Bonomi. «In collaborazione con diverse aree stiamo implementando tecnologie avanzate per l’analisi delle prestazioni dei giocatori, monitorando costantemente la loro salute e forma fisica. Utilizziamo telecamere ad alta definizione durante gli allenamenti per raccogliere dati che vengono analizzati per migliorare le tattiche di gioco. Inoltre, i macchinari in palestra sono ora equipaggiati con sensori che raccolgono dati di qualsiasi natura, alimentando un data lake che stiamo costruendo per avere una visione completa e integrata delle performance degli atleti».

Questi miglioramenti tecnologici potranno permettere al team tecnico di prendere decisioni più informate e basate sui dati, con l’auspicio di migliorare così la preparazione e le strategie di gioco. «Confidiamo che l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale e machine learning, su cui stiamo iniziando a fare i primi progetti, possa dare risultati molto promettenti, permettendoci di lavorare sulla previsione degli infortuni, ottimizzare i carichi di lavoro e personalizzare i programmi di allenamento» – conclude Bonomi.

Giovanni Canfora CIO di Milano Ristorazione

LA TRASFORMAZIONE DEI SERVIZI

Milano Ristorazione è una società del Comune di Milano che conta 850 dipendenti e oltre 2000 esterni che lavorano per l’erogazione del servizio. Gestisce nel complesso 440 mense, 184 nidi d’infanzia, circa 70 scuole private, tre RSA e cinque case vacanza. «La vera complessità deriva dal fatto che forniamo 70mila pasti giornalieri per le sole scuole pubbliche che implica avere come clienti indiretti oltre 60mila famiglie, con oltre 110 impianti produttivi dove si cucina» – spiega Giovanni Canfora, CIO di Milano Ristorazione. «Nel 2016, quando sono arrivato in azienda, esistevano principalmente sistemi dipartimentali in via di dismissione. Da allora, abbiamo introdotto un sistema ERP di mercato e una piattaforma IPaaS per la digitalizzazione, e stiamo avviando un progetto sfidante sul CRM». Questo processo trasformativo è stato guidato dalla crescente attenzione delle Pubbliche Amministrazioni alla qualità dei servizi resi ai cittadini e dai nuovi trend del settore ristorazione fra cui l’aumento delle diete speciali. «Queste esigenze devono essere gestite e monitorate con cura» – continua Canfora. «Per esempio, tramite il sistema ERP, possiamo confrontare per le diete speciali la potenziale dieta somministrata ai bambini garantendo la conformità ai certificati medici».

Considerando che il settore della ristorazione non ha subito grandi cambiamenti nei processi nel tempo, uno dei problemi principali è stato il superare il mantra del “si è sempre fatto così”. L’introduzione di un processo digitale per le prenotazioni, che si integrerà in futuro con i registri elettronici, promette di ridurre sprechi e costi, oltre a migliorare l’efficienza. «Ma richiede un’evoluzione culturale e organizzativa» – commenta Canfora. Inoltre, l’adozione di nuovi processi è ulteriormente complicata dalla presenza di numerosi attori esterni, che ne rallentano l’implementazione. Un altro fattore di complessità è il rapporto con le famiglie. «Milano Ristorazione gestisce anche le rette per il servizio e un tema rilevante è la conoscenza delle regole del servizio da parte delle famiglie» – spiega Canfora. «Per affrontare questo problema, abbiamo centralizzato il sistema di risposte riducendo significativamente i tempi di risposta, al contempo abbiamo cercato di rendere le informazioni disponibili in modo chiaro e accessibili sui canali digitali».

Il prossimo passo è l’integrazione con il CRM e l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale a supporto. «Digitalizzare i processi obbliga a immagazzinare dati che, anche se non subito, potranno essere utili per analisi future» – afferma Canfora. «Attualmente, la correlazione tra questi dati è complessa e richiede molto tempo e interpretazione manuale. L’introduzione di tecnologie di intelligenza artificiale e di apprendimento per rinforzo aiuterà a mitigare queste problematiche, supportando il lavoro umano e migliorando l’efficienza complessiva».

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Mauro Minenna direttore generale di ACI Informatica

LA TRASFORMAZIONE DELLA PA

La trasformazione digitale nella Pubblica Amministrazione rappresenta un cambiamento fondamentale per migliorare l’efficienza, la trasparenza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Attraverso l’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, il cloud e le piattaforme di gestione integrata, le amministrazioni pubbliche stanno rivoluzionando i propri processi operativi. La digitalizzazione, quindi, non è solo una questione tecnologica, ma culturale che pone il cittadino al centro delle politiche amministrative.

«La Pubblica Amministrazione dovrebbe fornire un set di piattaforme abilitanti e poi, per così dire, stare un poco fuori dai giochi» – commenta Mauro Minenna, direttore generale di ACI Informatica e già direttore del Dipartimento per la trasformazione digitale sotto il governo Draghi e il ministro Colao. «La Pubblica Amministrazione ha il compito di semplificare la vita dei cittadini non solo attraverso servizi di front-office efficienti, ma anche promuovendo una logica di integrazione tra le varie amministrazioni statali e locali. Questo approccio dovrebbe permettere ai cittadini di non dover presentare ripetutamente la stessa documentazione a diversi uffici, se tali informazioni sono già in possesso di un altro settore della pubblica amministrazione. Il processo non è semplice perché talvolta l’accesso ai dati personali è più semplice per una azienda privata di quanto non lo sia per un’amministrazione pubblica».

Parlare di trasformazione digitale nella PA significa ridisegnare i processi, semplificare le interfacce digitali, garantire maggiore trasparenza amministrativa e un trattamento equo per tutti, senza discriminazioni basate sulla dimensione della città o del comune di appartenenza, stabilendo standard di servizio uniformi, indipendentemente dal contesto geografico. «Un segnale promettente per il futuro è rappresentato dal Polo Strategico Nazionale per la Pubblica Amministrazione. Ho personalmente sottoscritto sia la dichiarazione di interesse pubblico che il bando per l’aggiudicazione della gara, che ha assegnato contratti per oltre un miliardo e mezzo di euro alle amministrazioni pubbliche centrali e locali, con l’obiettivo di adottare un cloud pubblico e sicuro» – spiega Minenna. «L’altro problema con cui la Pubblica Amministrazione dovrà confrontarsi è quello di definire il confine tra il diritto alla privacy del singolo cittadino e il bene pubblico» – continua Minenna. «Per esempio, avere un sistema integrato delle ASL nelle varie regioni viola la privacy del cittadino o gli permette di accedere a servizi migliori? Fornire dati allo Stato per motivi di sanità pubblica danneggia i diritti del cittadino o aiuta lo Stato a servirlo meglio? Spesso il cittadino è molto più riluttante a fornire dati al proprio apparato statale rispetto a quanto non lo sia nel condividerli sui social network».

Riccardo Rossi sales engineer di CY4GATE

LA CATENA DELLA SICUREZZA

Con la crescita delle infrastrutture e del cloud, e il conseguente spostamento di dati sensibili al di fuori delle mura dell’organizzazione, pubblica o privata che sia, aumenta la necessità di sistemi di monitoraggio e sicurezza affidabili. Allo stesso tempo, è fondamentale sviluppare una fiducia nei confronti dei vari provider e di chi dovrebbe proteggerci da attacchi malevoli o fughe di dati. «Talvolta basta un clic fatto in un attimo di disattenzione per generare un disastro» – spiega Riccardo Rossi, sales engineer di CY4GATE. «In molti casi, l’anello più debole è il fattore umano, ma è anche quello che, grazie a una corretta formazione e informazione, può rappresentare un vero alleato contro gli attacchi cibernetici, supportato ovviamente dalla tecnologia che funge da vero fattore abilitante». La formazione è il primo passo per rendere le aziende più sicure, e soprattutto più consapevoli. «Posso anche acquistare mille apparati hardware e software per la sicurezza – continua Rossi – ma se non ho persone adeguatamente preparate per implementare e gestire queste soluzioni, oppure se i miei dipendenti non sono attenti e formati sulle tematiche della sicurezza, ho sprecato tempo e denaro senza per questo aver irrobustito le mie difese cyber».

La formazione va progettata e studiata in percorsi formativi adeguati, anche tramite meccanismi di gamification, che possano far uscire dall’angolo persone con specifiche attitudini, rivalutandone le capacità per farle diventare riferimento costruttivo per gli altri colleghi. «Oltre alla tecnologia, ci sono le persone che sono sempre al centro delle aziende» – commenta Rossi. «Si tratta di un connubio che non va sottovalutato o ignorato». Le tecnologie per la formazione pratica ci sono, ma la vera sfida è poterle sfruttarle al meglio al servizio del capitale umano. «Un esempio che posso portare, pensando all’applicazione del c.d. digital twin, ovvero il gemello digitale di una porzione di rete o di infrastruttura, è quello che rende possibili scenari di simulazione e training in modo da formarle e prepararle rispetto alle posture più corrette da adottare in situazioni particolari di rischio cyber» – spiega Rossi. «Si dice spesso, a ragione, che il nostro livello di sicurezza è pari a quello dell’anello più debole all’interno della catena. L’intelligenza artificiale è e sarà sempre più utilizzata per rendere i processi legati alla sicurezza più efficienti, aumentando la capacità di analizzare enormi quantità di dati e riservando al capitale umano le attività di interpretazione del dato, ovvero quelle a maggior valore aggiunto. Qui si inserisce la proposizione di CY4GATE che punta grazie all’applicazione di tecnologie basate su AI, a snellire e semplificare le attività a basso valore per lasciar modo ai professionisti di dedicarsi ai processi ad alto valore aggiunto. La tecnologia come principale alleato delle persone, dei professionisti, per una migliore cyber resilienza».

Umberto Stefani CIO di Chiesi Farmaceutici

METTERE I DATI AL CENTRO

Gli approcci alla trasformazione digitale possono essere molteplici. «Da noi, il primo passo, circa otto anni fa, è stato l’automazione dei processi con tecnologie come la robot process automation, il process mining, il workflow management e la gestione documentale nel suo intero ciclo di vita» – racconta Umberto Stefani, CIO di Chiesi Farmaceutici. «Questa prima fase ha portato solo a un incremento dell’efficienza, senza cambiare sostanzialmente le regole del gioco. Successivamente, ci siamo concentrati su alcuni processi e approcci in evoluzione, come la gestione commerciale e la relazione con i nostri clienti, che per noi sono i medici» – spiega Stefani. «Fino a circa dieci anni fa, l’approccio al cliente era gestito tramite la visita fisica dell’informatore scientifico. Durante questi incontri, sempre molto brevi per non sottrarre tempo alla normale attività con i pazienti, venivano illustrate le caratteristiche dei nuovi prodotti. Si trattava di una relazione molto fisica, basata sulla fiducia e diretta» – spiega Stefani. «Per questo motivo, la forza vendita era molto numerosa: dei circa 7000 dipendenti nel mondo, circa 3000 erano informatori scientifici. La promozione dei prodotti avveniva attraverso queste visite e qualche sito informativo, generalmente poco frequentato».

Partendo da questa situazione, Chiesi Farmaceutici ha creato una funzione specifica per occuparsi della customer experience, ripensando la relazione con il cliente a 360 gradi. «Abbiamo abbandonato il modello con cui l’azienda spingeva l’informazione verso il cliente, e abbiamo iniziato a includere il medico nell’approccio, permettendogli di richiedere attivamente le informazioni di cui ha bisogno. Siamo passati da un modello push a uno pull, o meglio a una combinazione omnicanale di entrambi». Come prima azione, l’azienda ha adottato una piattaforma CRM uniforme per tutte le filiali nei 30 paesi in cui è presente, coinvolgendo 3000 persone. La seconda azione ha riguardato il change management, con attività mirate a superare la resistenza degli informatori all’utilizzo di un processo digitale. Inoltre, è stata essenziale la costruzione di report per gli informatori scientifici, integrando i dati di fatturazione provenienti da sistemi interni con i dati del CRM, come il numero e la frequenza delle visite e altre informazioni rilevanti sulla relazione con il cliente e la rendicontazione delle attività.

«Per attivare la modalità pull, è stato necessario coinvolgere il medico con richieste di feedback e modalità di ascolto diretto» – aggiunge Stefani. «Questo è stato realizzato grazie a una piattaforma che consente di effettuare survey a fronte di attività promozionali, visite informative e partecipazione a convegni specifici. La risposta è stata alta: i medici, sentendosi parte del processo, sono stati più propensi a collaborare perché ne hanno visto i benefici». Attivato il processo di feedback continuativo, l’IT di Chiesi Farmaceutici ha creato anche una piattaforma ricca di contenuti sempre aggiornati, profilati sulle esigenze del singolo medico in un dato periodo. «Il medico ha pochissimo tempo» – commenta Stefani. «Se riusciamo a fornire l’informazione nel minor tempo possibile, abbiamo risolto il suo problema principale: essere sempre informato senza sottrarre tempo alla sua attività».

Tutte queste piattaforme generano dati che consentono una conoscenza approfondita del singolo cliente. È fondamentale che questi dati vengano raccolti e utilizzati nel modo più efficace possibile. «Qui entra in gioco un ulteriore tassello su cui stiamo lavorando» – continua Stefani. «La Customer Data Platform, che raccoglierà tutti i dati di queste piattaforme, utilizzando tecnologie di intelligenza artificiale per suggerire all’informatore scientifico di cosa parlare con il medico o con un sottoinsieme di specialistici, durante la visita successiva, per esempio organizzando un congresso tematico. Forse l’unico ritardo in questo processo di trasformazione può essere indotto dalla capacità delle persone di stare al passo con le tempistiche del cambiamento e di sfruttare nuove risorse tecnologiche, come l’intelligenza artificiale, a supporto della trasformazione stessa».

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Gabriele Quercetani trust services enterprise solution manager di Aruba

SEMPLICITÀ E FIDUCIA

Quando si parla di grandi moli di dati, è essenziale riflettere sulle corrette modalità di gestione e sul rapporto fiduciario tra chi genera i dati, chi li elabora e chi li memorizza. «Il motore iniziale della trasformazione digitale è stato proprio l’esigenza di gestire una quantità di dati sempre crescente in modo efficace ed efficiente. Oltre al rapporto fiduciario che le aziende e le istituzioni devono instaurare con i propri clienti, è fondamentale semplificare la vita a noi stessi e ai nostri clienti» – afferma Gabriele Quercetani, trust services enterprise solution manager di Aruba. «Il gruppo Aruba è impegnato da molti anni nel fornire una vasta gamma di servizi utilizzati quotidianamente da milioni di persone, gestendo e custodendo una parte della loro vita lavorativa e personale in modo accurato e sicuro». Le due Certification Authority del gruppo, Aruba PEC e Actalis, entrambe Qualified Trust Service Providers, esprimono l’importanza del rapporto fiduciario tra fornitore e cliente. «La validità, l’integrità e la disponibilità del dato sono i pilastri della nostra offerta» – sottolinea Quercetani.

Per comprendere la necessità di questa fiducia, basta pensare alla quantità di email scambiate tra amministrazione pubblica, aziende e privati cittadini. «AgID ha dichiarato che a fine 2023 erano attive più di 16 milioni di caselle PEC e che nell’ultimo quadrimestre del 2023 sono stati scambiati oltre 850 milioni di messaggi. Lo stesso vale per la firma digitale dei documenti: nell’ultimo semestre si è registrato un incremento di 10 milioni di certificati di firma digitale, raggiungendo complessivamente circa 40 milioni di certificati attivi con 3,5 miliardi di utilizzi per la sottoscrizione di informazioni in ambito digitale». Questi dati, se gestiti e utilizzati in modo efficace, possono alimentare una trasformazione digitale che avvantaggi significativamente un business fondato su informazioni certificate. «Tuttavia – conclude Quercetani – è essenziale creare fiducia nel processo trasformativo lungo tutta la filiera del dato, grazie a tecnologie abilitanti e a partner affidabili». Un aspetto cruciale resta l’adozione da parte dell’utente finale di soluzioni tecnologiche certificate, sicure e semplici da utilizzare quotidianamente all’interno dei processi più variegati.

Emanuele Bergamo BU manager cloud di Maticmind

ASCOLTO E COMPETENZA

Per attuare una vera trasformazione digitale, è essenziale sapere cosa fare e come agire. Ma come si può concretamente aiutare un’azienda o un ente a realizzare un processo trasformativo? «La prima cosa è cercare di capire e comprendere in profondità quali sono le necessità specifiche del business. È fondamentale analizzare dettagliatamente i processi e identificare quelli comuni a diverse aree per costruire competenze abilitanti che possano diventare rilevanti nella trasformazione dei processi» –spiega Emanuele Bergamo, BU manager cloud di Maticmind. «La sfida principale che un system integrator deve affrontare consiste nell’essere in grado di fornire le competenze adatte nel momento e nel luogo giusto. È fondamentale che queste competenze siano accompagnate dalla necessaria umiltà per comprendere appieno le esigenze specifiche dell’azienda cliente. Solo così si possono seguire le richieste del cliente, adottando la soluzione più adatta con trasparenza e integrità intellettuale.

Questo significa essere tecnicamente preparati, anche avere la correttezza di proporre la soluzione più adatta alla specifica problematica del cliente senza forzare soluzioni non necessarie, ma anche avere la capacità di aiutare il cliente a migliorare i propri processi, guardando avanti» – afferma Bergamo. «Oggi, le aziende clienti dispongono di notevoli competenze interne e sono sempre più capaci di verificare la preparazione di chi hanno di fronte e la validità delle soluzioni proposte. Pertanto, è necessario essere competenti, onesti intellettualmente e costantemente aggiornati, ponendosi umilmente al servizio del cliente per analizzare a fondo le sue esigenze» – sottolinea Bergamo. «Solo in questo modo è possibile costruire un percorso di trasformazione basato sull’ascolto, la competenza e la fiducia. È fondamentale diventare un partner realmente utile nel processo di trasformazione digitale, mettendo le esigenze del cliente al centro di ogni decisione».

SINERGIA TRA IT E BUSINESS

La tavola rotonda ha evidenziato che la trasformazione digitale non riguarda semplicemente la digitalizzazione, ma implica un cambiamento di mentalità. Significa avvicinare il mondo tecnologico al mondo del business, favorendo l’ibridizzazione dei ruoli. Vuol dire sperimentare mantenendo un approccio pragmatico, applicando la trasformazione digitale a tutti i settori, dalla logistica all’offerta finale per l’utente. Questi fattori fanno della trasformazione digitale un punto di snodo, permettendo di affrontare e risolvere problemi operativi, migliorare i processi aziendali, ottimizzare l’efficienza economica e migliorare l’esperienza complessiva del cliente finale. Potremmo parlare quasi di un momento in cui le diverse risorse, idee, o processi convergono e si integrano, creando un effetto sinergico che amplifica l’impatto complessivo. Tutto questo si realizza attraverso una gestione efficace dei dati e un’attenzione alla sicurezza, che parte dalle persone e si concretizza con l’ausilio delle tecnologie di intelligenza artificiale. Il business ha iniziato a comprendere meglio la tecnologia e le dinamiche di trasformazione dei processi.

«Di conseguenza, anche noi tecnologi abbiamo cominciato a imparare il linguaggio del business, poiché solo dall’ibridizzazione delle competenze si possono ottenere quei vantaggi reali che conducono a una trasformazione digitale efficace ed efficiente» – sottolinea Simone De Giuseppe di Bricocenter. «Oggi, è più cruciale per l’area tecnologica di un’azienda comprendere i processi di business piuttosto che la metodologia di gestione di un progetto, attività che può essere delegata a un system integrator. Pertanto, quando si tratta di allocare il tempo di una risorsa IT, è più importante che questa trascorra tempo a contatto con le persone del business piuttosto che a studiare metodologie di sviluppo progetti. Il ruolo evolve così da developer/project manager a business technical process manager o engineer».

I responsabili IT hanno sempre dovuto avere una conoscenza di base del business per poter rispondere adeguatamente alle sue esigenze. «Adesso che anche il business sta iniziando a comprendere meglio la tecnologia, il linguaggio comune si espande, favorendo la trasformazione digitale e l’implementazione corretta delle innovazioni. Questo consente di prendere decisioni più solide e condivise rispetto al passato» – conferma Umberto Stefani di Chiesi Farmaceutici.

Negli anni, molti responsabili IT hanno ricoperto ruoli ai vertici aziendali grazie alla loro conoscenza dei processi. Oggi, si sta ripetendo il fenomeno nell’altra direzione, con il passaggio di professionisti dal business all’IT: una contaminazione che, se ben gestita, può portare enormi vantaggi alle aziende. «Non mi aspetto più che un system integrator mi dica quale sia la soluzione giusta, ma che mi guidi, sfruttando la propria competenza, verso una soluzione che abiliti la nostra strategia di business» – sottolinea Francesco del Bosco di Massimo Alba. Del resto – «la conoscenza è un valore che deve essere coltivato ogni giorno per crescere rigoglioso e mantenersi nel tempo» – aggiunge Emanuele Bergamo di Maticmind.

Il business segue il mercato per servire al meglio i clienti con nuove offerte e prodotti, mentre la trasformazione digitale abilita il business a farlo nel modo più efficiente ed efficace possibile. «Da una parte c’è un’evoluzione legata al brand e al mercato, dall’altra un’evoluzione necessaria per sostenere queste opportunità di business» – riprende del Bosco di Massimo Alba. Questi due aspetti convivono e insieme portano valore all’azienda e al brand sia in termini di posizionamento che economici. «Il punto veramente importante è avere a disposizione soluzioni che rispondono alle esigenze e alle logiche di business». Questa contaminazione tra IT e business dovrebbe portare anche a una nuova consapevolezza da parte dei fornitori – come sottolinea Stefani di Chiesi Farmaceutici: «La proposta commerciale e di prodotto avrà successo solo se è condivisa tra IT e business, e non se una delle due viene scavalcata a discapito dell’altra per piazzare un ordine».

Al tempo stesso è fondamentale non uniformare ruoli professionali diversi basandosi sulle mode del momento, ma compren

dere che innovazione di business e tecnologia devono andare di pari passo. Non si può fare innovazione senza trasformazione digitale, così come non si può fare trasformazione digitale senza attenzione al business. Tuttavia, esiste il rischio concreto di un aumento del conflitto tra i diversi ruoli coinvolti, non indotto dai professionisti stessi, ma alimentato da entità terze che quei mestieri non hanno mai fatto.

Foto di Gabriele Sandrini


Point of view:

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