L’intelligenza artificiale come una priorità strategica, ma con grande attenzione ai rischi collegati. AlixPartners guida l’adozione ragionata della GenAI con gli use case di Fastweb, Italiaonline, Lutech, Nexi e UniCredit. Da dove si comincia, come si gestiscono i rischi, i dubbi sui costi e i benefici effettivi
L’intelligenza artificiale non è più una novità. La tecnologia sta rivoluzionando varie industry, aprendo a nuove opportunità e livelli di efficienza mai raggiunti. AlixPartners, società di consulenza globale, con la ricerca “Digital Disruption” conferma il trend: il 75% dei leader afferma che l’AI sarà estremamente importante per il loro settore. Detto ciò, molte aziende sono ancora alle prese con domande chiave: dal “dove si comincia” a “come si gestiscono i rischi”, fino ai dubbi sui costi ed effettivo beneficio delle soluzioni AI a use case specifici.
«La GenAI è sicuramente tra le principali priorità tecnologiche dei nostri clienti» – sottolinea Davide Antonazzo, director di AlixPartners. «La nostra survey ci dice che per l’89% delle imprese l’AI può rappresentare un modo per aumentare l’efficienza operativa. Ma la tecnologia può andare ben oltre, supportando un incremento della creatività finora non sperimentata, non con la velocità promessa dalla GenAI». Vale la pena ricordare che i modelli di AI generativa, che vengono utilizzati per produrre nuovi dati, si contrappongono ai modelli di intelligenza artificiale discriminativa, che hanno invece lo scopo di ordinare i dati in base alle differenze. «L’AI discriminativa è già una commodity» – prosegue Antonazzo.
«Tante imprese, come i call center, la usano per velocizzare i flussi, ampliando la quantità di use case che segnano il passo per gli altri. Eppure, per molti attualmente l’approccio più corretto sarebbe il partire dalle necessità dei clienti, e su queste basarsi per capire come utilizzare l’AI all’interno della propria strategia».
Approcci validi, che non si escludono. «Da un lato abbiamo l’organizzazione che conosce già il tema e che sa dove vuole arrivare» – spiega Marcello Bellitto, partner & managing director di AlixPartners. «Dall’altro i casi d’uso possono porsi come volano per farsi un’idea di come approcciare l’argomento, in maniera verticale e specializzata. La GenAI cambierà certamente qualche industria e modo di lavorare ma è il risultato di un’evoluzione non così dissimile dalle rivoluzioni tecnologiche che hanno caratterizzato tutta la storia dell’uomo».
COME MODELLARE LA STRATEGIA
Tra qualche anno, l’AI permetterà anche di ragionare sui modelli tecnologici ora affermati e che presto potrebbero adeguarsi alle suddette velocità delle operazioni anche in termini di sostenibilità del business. «Un esempio è il cloud» – spiega Antonazzo. «Nel mezzo di un
panorama italiano – peculiare rispetto ad altri paesi – l’AI darà modo alle imprese, PMI incluse, di incrociare dati e ottenere insights che prima sarebbe stato più difficile individuare. Vision, competenze e una rete di partner affidabili sono gli elementi in grado di fare la differenza». Ma c’è un aspetto da non tralasciare: «La comprensione del rischio» – continua Antonazzo. «C’è una grossa hype sul mondo della GenAI ma attualmente non abbiamo formule di applicabilità definite, nonostante la volontà dell’Unione Europea di regolamentare il settore. E quindi, capacità di risk management potranno veicolare il successo anche in mezzo all’incertezza».
In questo contesto, ci sono aziende che stanno puntando proprio sulle competenze che possono trainare l’adozione dell’AI per applicazioni pratiche. Ed è il caso del Gruppo Lutech che si è posto nel 2024 un obiettivo cardine: 800 nuove assunzioni di cui la maggior parte dedicate proprio alla crescita del mercato basato sull’AI. «Per attirare i migliori talenti, dobbiamo parlare di progetti interessanti, molto futuristici. Per farlo, abbiamo deciso di investire sia sulle risorse che sul territorio, aprendo sedi a Bari e Cosenza, per non lasciare nessuno indietro. Nella delivery di mia competenza, creeremo delle attività fortemente incentrate sull’AI, a sua volta sotto il cappello più vasto del dato» – le parole di Giorgio Ancona, chief delivery officer Industry Capabilities di Lutech Group. «Non è detto che in futuro oltre allo sforzo di crescita organica, non possa esserci anche un ulteriore slancio di acquisizioni verticali». A conferma della volontà di utilizzare la GenAI e valutarne le opportunità, Lutech ha lanciato Lutech Brain, una soluzione di GenAI per valorizzare il Knowledge Management aziendale ottimizzando i processi di vendita e quindi velocizzare i tempi di risposta ai clienti.
«Per esempio – spiega Ancona – con la GenAI permettiamo di governare meglio le informazioni utili per la risposta a gare pubbliche ma anche per prepararsi alle fasi di testing». Il riferimento è alla creazione di casi di test sofisticati, sulla base della conoscenza del cliente e delle sue esigenze. «Per non parlare, in ambito HR, della scrematura dei curricula, applicando modelli generativi a utilizzi verticali, che rappresentano oggi il vantaggio maggiore di tali strumenti».
LA SPINTA ALLA FORMAZIONE
Il change management è l’altro tassello della strategia “aumentata” del gruppo. Ecco allora Lutech Next, la linea di business advisory e consulting che promuove cultura dell’innovazione, adottando un approccio che va oltre l’ambito dell’IT. «Implementare nuovi processi sfruttando l’AI presuppone un’evoluzione del DNA dall’interno. Seguiamo questo paradigma in prima persona per poi trasferirlo all’esterno. L’AI ci obbliga a preparare i lavoratori a operare su campi differenti da quelli di un tempo. Diversi anni fa – come Gruppo Lutech – abbiamo cominciato a sperimentare il calcolo quantistico. La capacità di anticipare le tendenze per non subire il cambiamento è il motore che ci alimenta».
Come nel periodo della rivoluzione industriale, la spinta al re-skilling e alla formazione deve arrivare dalle aziende. «Non basta acquistare hardware di ultima generazione per far avanzare la propria impresa. L’integrazione delle competenze crea poi una convergenza inevitabile, quella tra mondo IT e società di consulenza. Se l’AI popolerà sempre più industry, come tema tecnologico, è evidente che bisognerà avere “competenze di dominio”. Andare alla radice dei progetti di business vorrà dire saper parlare più lingue, accompagnando il cliente in un percorso che è sì tecnico ma anche etico e con importanti impatti sociali».
LA GOVERNANCE DELL’AI
Ma chi ha la responsabilità di supervisionare le modalità di utilizzo dei dati e le logiche degli algoritmi AI, sia all’interno dell’organizzazione che nel rapporto con i fornitori? «Ci sono quattro temi da considerare per rispondere a questa domanda» – ci spiega Stefano Gatti, head of Data & Analytics di Nexi Group. «È necessario concentrarsi sulla tecnologia, sul modello organizzativo, sul capitale umano ossia i talenti e sul binomio strategia-cultura. Uno degli errori che in passato le imprese hanno commesso quando si è trattato di “abbracciare il dato” è stato di partire dalla tecnologia». Un approccio non sempre vincente – commenta Gatti. «È fondamentale avere le persone giuste e definire il modello organizzativo ottimale prima di focalizzarsi sulla tecnologia». Nel corso degli ultimi anni, Nexi ha intrapreso un percorso in cui il modello distributivo si intreccia con quello centralizzato, con l’idea di applicare l’AI in processi più o meno core. «Abbiamo definito una linea tecnologica di base, scelto un cloud unificato e supportato la comprensione anche semantica del dato su un “lake warehouse”, per realizzare progetti di AI e machine learning». Di fatto, Nexi ha creato una vera e propria data community, eliminando i silos in un’ottica olistica.
La governance è tenere insieme le diversità, i modi diversi di pensare e di agire. «Inoltre, abbiamo voluto allargare il tavolo dell’AI coinvolgendo i professionisti della sicurezza e della compliance, cercando di individuare i problemi prima che i progetti partissero». Il dato gestito da Nexi ha diversi owner. «Tra questi ci sono i merchant – continua Gatti – ovvero i soggetti con i quali vengono effettuati i pagamenti, le banche, i titolari delle carte e i possessori dei conti. Essendo centrali nel sistema economico italiano, abbiamo scelto di non seguire una data monetization, ma di utilizzare le informazioni per rendere il pagamento veloce, sicuro e facile, per tutti gli stakeholder».
Il dato diventa un abilitatore di innovazione concreta, soprattutto quando questo dialoga con l’AI. «È importante considerare che l’intelligenza artificiale in azienda potrebbe non garantire un ritorno sugli investimenti così rapido come ci si potrebbe aspettare» – spiega Gatti. «Per abbracciare appieno il cambiamento che la tecnologia può apportare all’azienda, è essenziale superare l’approccio basato sui business case a breve termine e adottare una mentalità di tipo Agile. L’obiettivo è un cambiamento adattivo che è AI-driven e non più solo data-driven. Questo implica la necessità di investire sulle persone che in azienda abbiano competenze strategiche e tecniche, e che fungano al tempo stesso da gatekeeper e punto di contatto tra i reparti, senza creare ulteriori layer intermedi tra Business e IT. Anche questo percorso non è stato semplice: percorsi di formazione e ridefinizione dei ruoli sono passaggi che implicano impegno concreto e apertura al cambiamento e vanno oltre la semplice innovazione del sistema».
ABILITARE L’EFFICIENZA CON L’AI
Se la GenAI è la buzz word del momento, per Fastweb il viaggio inizia già nel 2019 con un approccio strategico, basato su singoli casi d’uso, con l’obiettivo di sviluppare un programma organico per un utilizzo ragionato dell’AI. «Abbiamo messo il dato al centro del processo, seguito dalla tecnologia e dall’organizzazione, e solo successivamente abbiamo delineato una roadmap condivisa per l’implementazione dei possibili casi d’uso» – spiega Giovanni Germani, manager of Architecture & AI Center of Excellence di Fastweb. «Dal nostro punto di vista, l’AI non deve essere un tema per pochi, ma deve essere pervasiva in azienda. Per comprendere il beneficio che si può avere nel lavoro day-by-day, le persone devono essere accompagnate nell’adozione capillare della tecnologia».
Anticipando i trend del settore, Fastweb si è dotata, a inizio del 2020, di un codice etico specifico per l’AI. «Abbiamo introdotto principi, poi ripresi dall’AI Act, molti dei quali incentrati su uno strumento artificiale che deve essere “human”. Dopo aver integrato l’AI all’interno di Fastweb, il passo successivo è stato estendere questa innovazione ai nostri prodotti». Le imprese devono adottare misure di compliance e di governance specifiche previste dalla direttiva comunitaria. «Da una parte bisogna certificare le soluzioni e dall’altro gestire le progettualità, analizzando sia l’uso etico della tecnologia che quello più legato alla protezione del dato. Nel caso di Fastweb, entra in gioco il team di Data Governance, che lavora per qualificare le informazioni, tracciando il dato dalla sua origine fino a tutte le trasformazioni a cui va incontro. Per monitorare il grado di pervasività dell’AI per la PA, la telco ha condotto diverse analisi sui clienti del settore pubblico. Gli scenari sono due – spiega Germani: «Da un lato chi non ha problemi a introdurre l’AI nella realtà aziendale, dall’altro la scarsa confidenza su tali tool, soprattutto in merito alla gestione del dato».
Gestire i dati in modo sicuro e trasparente e mettere a disposizione di aziende e PA potenti capacità di AI generativa in italiano, è ciò che ha spinto Fastweb a sviluppare nel 2023 un modello linguistico (LLM) addestrato nativamente in lingua italiana, partendo da zero e mettendo a fattor comune skill, un dataset numericamente importante e certificato oltre a un’infrastruttura dedicata. «Abbiamo acquistato un sistema costituito da 31 NVIDIA DGX H100 che utilizzeremo per sviluppare il nostro LLM nazionale da mettere a disposizione di aziende, start up, PA e ad altri operatori un sistema end-to-end per lo sviluppo di applicazioni di AI generativa specifiche per i vari verticali – dalla sanità, all’educazione, alla mobilità».
Come altre telco, Fastweb non è più solo fornitore di connettività. Dopo aver sviluppato una rete di mini data center edge per offrire risorse e servizi cloud direttamente in prossimità delle aziende, l’anello successivo è stato inserire in portafoglio l’AI. Il tutto, con il supporto del Center of Excellence, che funge da motore di innovazione per l’AI sia per Fastweb che per i partner e le terze parti. «Proprio il centro di competenza – rileva Germani – è diventato esempio di trasformazione verso l’AI per le aziende clienti. Ciò richiede una forte presenza di formazione tecnica, che rappresenta ancora un gap da colmare sul mercato del lavoro italiano. Nel 2025, mi aspetto il vero e proprio boom della GenAI a qualsiasi livello del business». Avremo il numero di professionisti capaci di rispondere alla domanda? «Probabilmente no» – afferma Germani. «Ed è il motivo per cui le imprese più lungimiranti hanno capito di dover investire in formazione, per non trovarsi senza risorse domani».
E su un Competence Center ha puntato anche Italiaonline quando ha voluto coinvolgere l’intera organizzazione nel percorso di adozione dell’AI. «L’implementazione dell’intelligenza artificiale ha rappresentato un percorso diversificato che ha coinvolto varie attività e settori aziendali» – conferma Andrea Rondelli, head of Data Platform di Italiaonline. «Per massimizzarne l’utilizzo e sviluppare soluzioni innovative, abbiamo istituito un Competence Center che impegna attivamente l’intera organizzazione. Abbiamo scelto di agire proattivamente anziché reagire ai cambiamenti del mercato. All’inizio del 2024, abbiamo avviato un processo di kick-off e formato un gruppo iniziale per lavorare su tre obiettivi chiave.
Il primo consiste nell’effettuare l’analisi dettagliata delle tecnologie e delle piattaforme AI utilizzate, fondamentale per il secondo obiettivo che è la focalizzazione sull’efficienza, soprattutto per quanto riguarda i costi e l’identificazione dei casi d’uso più rilevanti. Il terzo obiettivo riguarda lo scouting dei casi d’uso più promettenti, concentrandosi meno sulla tecnologia in sé e più sulle potenziali applicazioni pratiche». Come spiega Rondelli, il secondo gruppo di lavoro interfunzionale è nato in seguito a un’iniziativa di reclutamento interno. «La diversità delle persone, provenienti da tutte le linee di business e staff aziendali, riflette l’importanza della contaminazione e del knowledge sharing per il successo del progetto. Nei primi quattro mesi di attività, il gruppo ha catalogato le tecnologie AI utilizzate, raccogliendo una vasta quantità di informazioni. Incontri di allineamento quindicinali ci consentono di monitorare i progressi dei compiti assegnati e stabilire nuovi obiettivi, promuovendo un ciclo continuo di miglioramento e condivisione delle conoscenze».
FOCUS SULLA GOVERNANCE DEI DATI
Tornando all’AI Act, la sua evoluzione dimostra come l’AI sia un argomento trasversale che influisce su campi anche molto diversi. «Ho seguito a suo tempo la genesi del GDPR e ho ritrovato nell’AI Act un impianto paragonabile, per esempio l’adozione di un risk based approach con requisiti commisurati alla rischiosità» – testimonia Cristina Paola Cabella, head of Group Data Protection Compliance di UniCredit. «Anche prima della finalizzazione dell’AI Act, alcuni principi del GDPR trovavano applicazione ai sistemi di intelligenza artificiale in senso lato, senza che vi fosse un riferimento specifico all’AI. Per UniCredit, come per qualsiasi gruppo bancario, il punto di partenza non può che essere una solida governance dei dati. L’implementazione dell’AI Act è un’occasione unica per rivedere i processi di sviluppo, di acquisto, di implementazione di sistemi di AI. In ogni fase, è necessario avere una conoscenza trasparente dei flussi di dati e del loro utilizzo. La corretta gestione del dato è elemento prioritario perché i sistemi di AI necessitano di dati e sul loro accurato utilizzo l’AI Act pone attenzione».
Nel dibattito in corso su un uso responsabile dell’AI, l’attenzione si concentra sulle finalità della tecnologia: banalizzando, la GenAI è uno strumento definito nel suo modo di funzionare, ma le sue molteplici finalità, comportano rischi diversi. Come possiamo affrontare questa situazione? «Controllare ogni possibile utilizzo di un sistema di AI generativa richiede molte risorse e controlli, e un complesso processo di esame di conformità delle soluzioni AI: per questo la strategia AI è cruciale. Occorre definire quali finalità di utilizzo AI si vogliono perseguire e costruire attorno a queste un framework che assicuri la compliance ai requisiti normativi». Cabella sottolinea inoltre il necessario passaggio dall’idea che i sistemi di AI rappresentino soprattutto un’opportunità di efficienza per le aziende (riduzione costi, tempi, etc.) alla scelta consapevole e responsabile di come utilizzare l’AI per aumentare l’efficacia nei processi. «È attraverso l’efficacia che si può far evolvere l’organizzazione, puntando sulle competenze delle persone. Non faremo a meno delle persone perché saranno gli individui a dover istruire i sistemi di AI e a validarne i risultati».
Bisogna superare l’effetto novità, serve comprenderne potenzialità e rischi. «Non sottovalutiamo le potenzialità dello strumento ma rendiamolo fruibile in maniera consapevole. L’equilibrio tra spinta innovativa, rischi e responsabilità richiede un giusto bilanciamento tra una governance dei dati robusta e la definizione della strategia su quali siano le aree prioritarie di investimento dove far leva su AI» – commenta Cabella.
IN SINTESI
«Dai diversi contributi emerge che nel breve termine, per raccogliere nell’EBITDA i benefici di efficienza e le linee di sviluppo dei modelli di business abilitati dalla AI è fondamentale partire dalla strategia e dagli obiettivi, selezionando un numero gestibile di use case dove la AI può fare la differenza, scalando progressivamente. Sarà altresì importante sviluppare le competenze interne e la rete di partners tramite modelli operativi cross funzionali, integrando le funzioni e le competenze tradizionali di business e IT. Decisivo sarà anche organizzare la governance dell’AI e dei dati con chiare accountability, con risk management e compliance “embedded” nei processi gestionali» – conclude Bellitto di AlixPartners.