L’impatto della diversità sulla carenza di competenze e interventi sul sistema premiante delle aziende. CIO AICA Forum lancia il manifesto e una campagna di sensibilizzazione per abbattere i pregiudizi e creare una nuova cultura delle differenze
Il difficile mestiere del Chief Information Officer può essere considerato tra i più belli e innovativi in assoluto. Proprio in virtù dell’energia trasformativa che la tecnologia digitale ben governata sa infondere, nella cultura del business come in tanti altri aspetti della nostra vita. Eppure, anche qui ci sono stereotipi che resistono al cambiamento. Michela Bambara, Group CD&IO di Epta Group sta promuovendo una serie di iniziative per contribuire al cambiamento nel vasto campo dell’inclusione e della diversità, grazie alla sponsorizzazione di Stefano Brandinali, CInO di Angelini Industries e attuale presidente di CIO AICA Forum e di tutto il comitato di coordinamento di CIO AICA Forum, in particolare con i contributi di Debora Guma, Global CIO di De’Longhi Group, Deris Gil, Group CIO di Oberalp, Gema Baguena, IT Director di Allitude e Marco Moretti, CTO di Milano-Cortina 2026.
IL COMITATO DIVA
Tra queste spicca la creazione di un comitato ristretto denominato DIVA – Diversity and Inclusion Values and Activities – che, in collaborazione con altre associazioni di CIO, si impegna a ridurre le disparità di genere nel mondo digitale e a colmare i gap di inclusione tra diverse culture, etnie, orientamenti sessuali, abilità e origini sociali, che sono stati drammaticamente esacerbati dalla pandemia e dai conflitti politici.
«Nella nostra comunità professionale, il 97% delle figure apicali sono uomini e molte altre diversità trovano scarsa rappresentanza» – spiega Debora Guma, Global CIO di De’ Longhi Group, matematica, master sull’innovazione e la leadership presso IMD, London Business School e Università di Bologna, MBA presso l’Università di Pavia. «Pochissimi CIO hanno alle spalle storie di migrazione sia di prima che di seconda generazione. È rara anche la presenza di persone con disabilità. Il significativo divario di genere, che si estende alla disparità salariale e alla problematica del congedo parentale, non è dovuto solo a una carenza formativa. Sebbene il numero di donne diplomate o laureate in discipline scientifiche sia ancora ridotto, quelle che intraprendono una carriera nel settore tecnologico spesso subiscono penalizzazioni e mancanza di incentivi, arrivando a rinunciare a obiettivi di carriera più ambiziosi».
LEADER IT DEL FUTURO
Michela Bambara, Chief Digital & Information officer di EPTA Group, Ingegnere Elettronico, master presso il MIP, membro del Comitato Consultivo per la PA Digitale durante il ministero di Vittorio Colao per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, diversi ruoli di responsabilità in ambito digital transformation, oggi in EPTA Group, da tempo opera all’interno delle associazioni di categoria, che, a titolo puramente volontario, raggruppano le figure apicali che nelle aziende governano le infrastrutture IT, l’innovazione digitale e il patrimonio informativo in attività di networking e condivisione. Nel tempo, queste attività si sono estese anche alla formazione e al mentoring dei futuri candidati a ruoli tecnologici di vertice. «Si tratta di tematiche che dovrebbero essere molto sentite tra coloro che si occupano di trasformazione digitale e possono essere una leva di cambiamento della cultura aziendale. L’inclusione è anche e soprattutto opportunità – aggiunge Michela Bambara – infatti il grande problema della carenza di competenze digitali potrebbe essere parzialmente risolto incrementando, da parte di generi e culture eterogenee, l’interesse verso queste discipline a partire dagli anni di studio, per ampliare le risorse a disposizione del nostro mestiere».
Recentemente, le tematiche di Diversity & Inclusion sono state integrate nel programma del master organizzato, con grande attenzione all’inclusività, dall’associazione dei CIO master “Futuri IT Leader” a favore dei giovani talenti. In questo contesto, i docenti sono i membri stessi dell’associazione che in modo volontario hanno disegnato e implementano con passione il programma “Future IT Leader”, che si pone l’obiettivo di formare i futuri leader digitali delle imprese attraverso un percorso esperienziale che include lezioni frontali, workshop, simulazioni, progetti sul campo e la presentazione conclusiva, culminando con il conseguimento di un diploma. «La diversità si inserisce all’interno del piano didattico preesistente, con l’obiettivo in particolare di promuovere attivamente la presenza delle donne nel master.
Il comitato DIVA non si pone quindi l’obiettivo di creare un percorso riservato alle donne, «ma di costruire “ponti” che estendano le connessioni esistenti» – spiega Michela Bambara. «Stiamo lavorando per ampliare una rete di figure apicali in ambito digital transformation che condivida i valori del manifesto e la volontà di condividere nel nostro ambito di competenza, rete che è attualmente poco rappresentativa delle diversità, se pure in continua e costante crescita».
«Le linee guida del nostro manifesto DIVA – spiega Debora Guma – sono quelle già evidenziate da Michela Bambara a proposito della necessità di ampliare le prospettive e la carica di innovazione della professione. A questo, aggiungerei la volontà di impegnarci in prima persona, anche collaborando con altre associazioni per la crescita della comunità STEM femminile. Parlo di genere, ma il focus del manifesto è più ampio in direzione di tante diversità oggi sottorappresentate». Come esponenti del mondo tecnologico e come manager, le CIO e i CIO presenti nel comitato sentono sulle spalle la responsabilità di rimuovere e contrastare i pregiudizi culturali e di genere, abilità, carriera e trattamento economico che continuano a creare barriere all’acquisizione e all’esercizio di competenze altamente trasformative. «Riguardo ai bias – conclude Guma – il gruppo sta affrontando anche il tema molto discusso dell’intelligenza artificiale, per affrontare sin da subito il problema di uno strumento decisionale che, senza adeguate linee guida su diversità e inclusione, rischia di alimentare gli stessi stereotipi e pregiudizi che formano il contesto da cui attingono i suoi modelli linguistici».
LA DIVERSITÀ COME VALORE
Gema Baguena, Ingegnera Aeronautica di origine spagnola, oggi in Allitude (azienda di servizi del Gruppo Cassa Centrale), dopo una lunga carriera in tre nazioni europee nell’ambito dell’informatica e del digitale per il settore bancario e assicurativo, ricorda che il primo problema che le tecnologhe devono affrontare è l’isolamento. «Le donne si trovano in contesti professionali in cui sono in minoranza» – spiega Gema Baguena. «Questa situazione è un dato di fatto che rappresenta sia una sfida che un paradosso per una professione che richiede trasformazione, velocità ed efficacia. Molte donne di talento attraversano momenti nella loro carriera in cui sentono la mancanza di figure di riferimento soprattutto femminili. Figure quasi introvabili. Proprio perché “diverse”, il nostro ruolo può essere fondamentale per condividere come gestire e accelerare la crescita professionale. Nel nostro percorso, anche noi abbiamo dovuto affrontare delle difficoltà e abbiamo trovato dei mentori, indipendentemente dal genere, che ci hanno aiutate a crescere».
Quali azioni dovrebbero intraprendere le stesse aziende per favorire concretamente l’inclusione? «Non è facile dare delle linee guida» – risponde Debora Guma. «Personalmente, ritengo che si debba intervenire sul sistema premiante, inteso come l’insieme delle qualità che vengono valutate all’interno degli assessment che tutte le aziende medio-grandi svolgono per selezionare e far progredire le carriere apicali. Un’azienda che voglia fare qualcosa in questo ambito potrebbe chiedere alle società esterne che di solito effettuano queste valutazioni di premiare la diversità nell’ambito delle soft skills delle persone». Per Debora Guma si può partire da questa forma di “affirmative action”, estendendo il discorso alla garanzia di una maggiore equità nei compensi e in una gestione del tempo lavorativo che garantisca a tutti e tutte il corretto bilanciamento tra vita personale e vita professionale. La diversità si può promuovere in tanti modi. Anche con una maggiore attenzione al linguaggio, che dovrebbe evitare formule che aiutano solo a tramandare le solite banalizzazioni. «Come associazione – ribadisce Michela Bambara – abbiamo curato la promozione di corsi di linguaggio inclusivo. Espressioni come “sei troppo emotiva” vanno per esempio “bannate” perché servono solo a sminuire le capacità professionale della collaboratrice. Detta da un superiore, una frase come questa può diventare un motivo in più per sentirsi inadeguate e fermare la propria crescita professionale».
Ma una maggiore sensibilità nei confronti delle minoranze può comprendere anche la creazione di spazi di lavoro più accoglienti, attrezzati per venire meglio incontro a esigenze di carattere fisico, religioso, linguistico e culturale che oggi possono più facilmente connotare un mondo professionale dove la diversità può essere molto più facilmente una soluzione, non un problema, soprattutto per chi si occupa di digitale. Il digitale è nato per favorire la comunicazione, non per creare nuove barriere, e le figure apicali in questo ambito devono sentire il senso di responsabilità proporzionalmente all’impatto potenziale delle leve che quotidianamente agiscono.