Un ricercatore cita in giudizio Facebook per il suo algoritmo

Un ricercatore cita in giudizio Facebook per il suo algoritmo

Ethan Zuckerman ha inventato un tool per disattivare il news feed algoritmo del social

L’algoritmo News Feed di Facebook è da tempo al centro di dibattiti su alcuni dei maggiori problemi di Meta. È stata anche una fonte quasi costante di reclami da parte degli utenti. Ma, se una causa appena intentata avesse successo, gli utenti di Facebook potrebbero essere in grado di utilizzare il social network con un feed molto diverso. Il Knight First Amendment Institute della Columbia University ha fatto causa a Meta per conto di un ricercatore che vuole rilasciare un’estensione del browser che consentirebbe alle persone di “disattivare efficacemente” i propri feed algoritmici. L’estensione è stata creata da Ethan Zuckerman, ricercatore e professore presso l’Università del Massachusetts Amherst. Sostiene che gli utenti di Facebook starebbero meglio con un maggiore controllo sui loro feed. “Lo strumento, chiamato Unfollow Everything 2.0, consentirebbe agli utenti di smettere di seguire i propri amici, gruppi e pagine e, così facendo, di disattivare in modo efficace il proprio newsfeed, lo scorrimento infinito di post che gli utenti vedono quando accedono a Facebook,” spiega la causa. “Gli utenti che scaricano lo strumento sarebbero liberi di utilizzare la piattaforma senza il feed o di curare il feed seguendo solo gli amici e i gruppi di cui desiderano davvero vedere i post”.

Zuckerman non è il primo a inventare uno strumento del genere. È stato ispirato da un progetto simile, chiamato anche “Unfollow Everything”, del 2021. Facebook ha citato in giudizio l’uomo britannico che ha creato quell’estensione e ha disabilitato permanentemente il suo account. Zuckerman sta cercando di evitare un destino simile con la sua causa che, depositata presso la corte federale di San Francisco, chiede alla corte di “riconoscere che la Sezione 230 protegge lo sviluppo di strumenti progettati per consentire alle persone di controllare meglio le proprie esperienze sui social media”. Il caso potrebbe essere un nuovo test della Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, che è principalmente conosciuta come la legge che tutela le piattaforme online dalla responsabilità legale per le azioni dei loro utenti. Ma a differenza dei recenti casi della Corte Suprema che coinvolgono lo statuto, quello di Zuckerman “si basa su una disposizione separata che protegge gli sviluppatori di strumenti di terze parti che consentono alle persone di curare ciò che vedono online, anche bloccando i contenuti che considerano discutibili”.

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