In Oracle respiriamo tecnologia tutti i giorni, e lo fa necessariamente anche chi – come me – si è sempre occupata di IT da altre prospettive. Ecco perché vorrei condividere alcune considerazioni su cosa può fare per noi in azienda l’intelligenza artificiale generativa di cui oggi si fa un gran parlare, creando, a volte, anche un po’ di confusione.
È noto che è in corso un grande dibattito sociale sui possibili rischi dell’AI generativa. L’UE si è attivata per prima approvando alla fine del 2023 l’AI Act, che regolamenterà questa materia nel Vecchio Continente. Rimangono in ogni caso alcune questioni aperte: tra le altre, c’è chi teme che l’intelligenza artificiale possa portare alla soppressione di posti di lavoro. La storia dimostra, tuttavia, che cambiamenti tecnologici di così grande portata portano sempre alla creazione di più posti di lavoro di quanti ne cancellino, seppure diversi.
Certo è che l’AI generativa avrà un impatto importante, soprattutto sui cosiddetti “knowledge workers” ovvero, sulle attività in cui gli esseri umani collaborano o prendono decisioni. Quanto meno, i knowledge worker dovranno adattarsi a lavorare con gli strumenti dell’AI generativa, proprio per tenere conto dei cambiamenti indotti dal loro utilizzo. Le imprese, infatti, dovrebbero riflettere sui modi in cui l’AI generativa porterà a modifiche nei processi di lavoro e nei diversi ruoli professionali, nonché preoccuparsi della possibile esposizione involontaria di informazioni private o sensibili o della potenziale violazione dei diritti d’autore. Ma, concretamente, a cosa serve l’AI generativa in azienda?
Grazie alla sua ampiezza, l’AI generativa sarà utile in quasi tutti gli ambiti aziendali. Per esempio, può essere utilizzata in modo da potenziare la collaborazione tra colleghi nel brainstorming e nella formazione dei nuovi dipendenti. È anche un ottimo strumento per analizzare più rapidamente i dati non strutturati e creare testi di supporto alle analisi dei dati stessi: per menzionare solo alcuni esempi, le applicazioni aziendali in cloud di Oracle aiutano con l’AI generativa – già incorporata nativamente nella soluzione – i responsabili delle Risorse Umane a produrre più rapidamente le job description per le posizioni ricercate, oppure a riassumere tutti i feedback interni ricevuti per poterne fare la cosiddetta “performance review”.
O ancora, i responsabili di Amministrazione Finanza e Controllo possono avvalersene per scrivere la relazione che accompagna il bilancio: basta avere le informazioni corrette per “nutrire” l’algoritmo (per esempio, le relazioni degli anni precedenti o di altre società dello stesso settore). Più in generale, l’AI generativa può essere utile alle aziende per migliorare la produttività, ridurre i costi, migliorare la soddisfazione dei clienti, fornire migliori informazioni di base per il processo decisionale e accelerare il ritmo di sviluppo dei prodotti. C’è però un caveat: l’AI generativa non può avere idee veramente nuove che non siano state espresse in precedenza nei suoi dati di addestramento.
Dunque è molto importante sapere come è stata allenata, con quali metodi e set di dati. E anche su questo in Oracle ne sappiamo più di qualcosa: il nostro OCI – Oracle Cloud Infrastructure – insieme alla nostra quarantennale esperienza nel mondo dei dati business-critical, ci ha reso leader anche nella tecnologia di addestramento dei LLM (Large Language Model), grazie anche alle prestigiose collaborazioni intraprese in questi anni – prima fra tutte, con NVIDIA – per le piattaforme di elaborazione su cui si basa OCI e con Cohere per lo sviluppo applicativo dell’AI generativa B2B. Concludendo, per come funziona l’AI, ritengo che essa non dovrebbe essere mai “lasciata da sola”: anche quella generativa richiede la supervisione umana e dà il meglio di sé solo nella collaborazione tra essere umano e tecnologia.
Carlota Alvarez country manager Italia e VP Legal di Oracle