Come garantire che la nuova direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese dell’UE porti a veri progressi in ambito ESG

La nuova normativa europea sul reporting di sostenibilità sta rendendo più rigidi gli standard di conformità. Ma la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) avrà soltanto effetti positivi? O c’è il rischio che la nuova direttiva dell’UE si traduca in azioni meno concrete? Di seguito, l’opinione di Colm McDaid, Interregional Engagement Environment Lead di Fujitsu

Colm McDaid, Interregional Engagement Environment Lead di Fujitsu

La nuova direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità delle imprese (CSRD) dell’UE, che entrerà in vigore nel gennaio 2024 per le società da oltre 500 dipendenti – che già rientrano nel campo di applicazione della direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (NFRD) – e che mira ad accrescere in maniera significativa la trasparenza sull’impatto ambientale, sociale e di governance delle imprese. La normativa si basa sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dalle Nazioni Unite, punto di riferimento indispensabile per affrontare le sfide più urgenti del mondo da qui al 2030. Tuttavia, i requisiti di rendicontazione richiesti dalla CSRD sono così stringenti che molte organizzazioni dovranno dedicare tutte le loro risorse al rispetto della conformità, piuttosto che preoccuparsi di compiere progressi reali in materia di sostenibilità.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Troppo complessa da gestire?

La CSRD è una normativa di riferimento che mira a rendere obbligatorio il reporting di sostenibilità per tutte le grandi aziende e per alcune PMI dell’UE. Copre diversi temi ESG, come il cambiamento climatico, i diritti umani, la diversità, la lotta alla corruzione, ecc. Ma, se da un lato la CSRD è un passo positivo verso una maggiore trasparenza e responsabilità, dall’altro pone delle sfide significative a tutte quelle organizzazioni che devono conformarsi ai suoi requisiti.

Uno degli scogli principali è rappresentato dalla mole e dalla complessità dei dati che devono essere raccolti, verificati e comunicati. La CSRD richiede infatti alle organizzazioni di riferire su oltre 100 indicatori, in 12 standard differenti. Questo significherà dover investire molto tempo, risorse e competenze per garantire la qualità e l’affidabilità dei propri dati sulla sostenibilità. Inoltre, la CSRD si applicherà non solo alle organizzazioni stesse, ma anche alle loro filiali, ai loro fornitori e ai loro partner commerciali, determinando un’ulteriore elemento di pressione per quel che riguarda il monitoraggio e la gestione dell’intera catena del valore.

Leggi anche:  Indra anticipa di un decennio i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni

La strada da percorrere

La CSRD è stata concepita per fornire informazioni coerenti e comparabili agli stakeholder – come investitori, autorità di regolamentazione, clienti e società civile. Tuttavia, questo non significa necessariamente che le informazioni riportate riflettano gli effettivi contributi alla sostenibilità. C’è il rischio, infatti, che le organizzazioni si concentrino maggiormente sul rispetto degli standard minimi prescritti dalla CSRD, piuttosto che sull’affrontare davvero le questioni più rilevanti per la loro attività e per la società, il che può portare a minare l’efficacia e la credibilità stesse delle loro attività.

Il solo rispetto della conformità non potrà bastare a fare da catalizzatore per i progressi necessari e attesi in ambito ESG. Per andare in questa direzione sarà necessario che le aziende integrino il già complesso reporting richiesto dalla CSRD con un ulteriore focus strategico sulle questioni ESG più rilevanti per la loro specifica attività e per i loro stakeholder. In altre parole, le organizzazioni non dovranno perdere di vista il quadro generale quando si troveranno a confrontarsi con la CSRD; non dovranno cioè considerare il reporting di sostenibilità come un mero esercizio o una “casella da spuntare”, ma come un’opportunità per dimostrare il loro impegno e la loro leadership nel portare avanti gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Sarà necessario che i leader delle organizzazioni si sforzino di adottare un approccio olistico e strategico alla sostenibilità, che tenga conto delle interconnessioni e dei compromessi tra le diverse aree ESG.

La risposta di Fujitsu

Come Fujitsu, crediamo fortemente nella necessità e nell’urgenza degli Obiettivi di Sostenibilità e della CSRD, ma vogliamo anche contribuire a riallineare le agende aziendali sull’importante tema della materialità in ambito ESG. Per noi, il reporting di sostenibilità non deve essere letto come un onere o un vincolo, ma come un catalizzatore e un motore di cambiamento positivo. Le organizzazioni possono rispettare la CSRD e fare al contempo la differenza per sé stesse e per la società in cui operano.

Leggi anche:  Diffuse online le specifiche delle batterie degli iPhone 16

Fujitsu si è infatti impegnata in modo proattivo con la CSRD e con le altre normative in tema sostenibilità, come la Task Force Climate-related Financial Disclosures (TCFD) e la EU Taxonomy. Il nostro obiettivo è quello di integrare la sostenibilità in ogni aspetto delle nostre operazioni aziendali.

Anche per quel che riguarda le nostre soluzioni, ci preoccupiamo infatti da sempre di operare in modo responsabile in ogni fase del ciclo di vita del prodotto: dalla progettazione, alla produzione, fino alla distribuzione.

Da quasi tre decenni, ad esempio, i server Fujitsu sono noti con il marchio PRIMERGY, che significa “Prime In Energy”. Siamo orgogliosi di poter fornire server non solo potenti, ma anche altamente efficienti dal punto di vista energetico, stabilendo ripetutamente gli standard del settore per prestazioni ed efficienza energetica.

Per mettere pubblicamente alla prova i nostri server, abbiamo creato il Fujitsu Sustainability Value Calculator, uno strumento progettato per consentire agli utenti di confrontare facilmente i server esistenti con i nostri PRIMERGY di ultima generazione, sfruttando i dati disponibili pubblicamente, in un’interfaccia facile da usare. Il tool restituisce una panoramica completa secondo vari indicatori sia economici che ecologici, tra cui: il minor del numero di sistemi, il risparmio sui costi energetici e di raffreddamento e l’approccio più facile e immediato alla gestione e alla manutenzione del server.