«È molto probabile che dei tre messaggi WhatsApp che ci scambiamo in questo momento uno giri su un provider le cui infrastrutture sono presso Equinix» – afferma Claudia Vegni, sales director di Equinix. «Per questo amiamo definirci House of internet. La casa fisica e digitale del traffico internet a livello globale. Interconnessa direttamente e dinamicamente a clienti e partner. All’interno delle nostre infrastrutture ospitiamo la maggior parte dell’internet così come lo conosciamo».
House con caratteristiche riconoscibili ovunque. Infatti, costruiamo infrastrutture con standard di qualità e design comuni. Il cliente che entra nel nostro building a Lagos o a Stoccolma lo percepisce subito come un data center Equinix. Ogni innovazione, nella struttura o nel funzionamento, apportata viene poi riprodotta in tutti gli altri».
Sostenibilità e datacenter
Non è però solo un tema di design o tecnologia. Nella progettazione, bisogna considerare alcuni fattori per ridurre drasticamente le emissioni di carbonio. «I data center sono strutture per loro natura energivore» – riconosce Vegni. «Ma proprio perché abbiamo accesso a contratti e relazioni con le più importanti società fornitrici di energia abbiamo la possibilità di negoziare e di investire in R&S per trovare fonti alternative. Andiamo a cercare il miglior impatto per l’ambiente e il minor carbon footprint per noi stessi, offrendolo indirettamente ai nostri clienti. Emettiamo green bond. Tutti i nostri manager sono misurati sul raggiungimento di alcuni standard di sostenibilità. Non è un “tick in the boxes” ma la realtà».
InterConnection Company
Dalle difficoltà per le aziende, alla fine degli anni Novanta, di scalare Internet a livello globale, si consolida l’aspirazione di Equinix di affermarsi come InterConnection Company. «Nel corso degli anni, sopra alla colocation, le infrastrutture di datacenter, abbiamo creato tutta una serie di servizi digitali» – spiega Claudia Vegni. Di fatto una piattaforma sulla quale scegliere prodotti as a Service: dall’interconnessione tra un data center e l’altro alle virtualizzazioni di network. «Così come si “affittano” le nostre apparecchiature fisiche, allo stesso modo il cliente compra lo spazio, l’energia, e se vuole, temporaneamente, anche l’hardware. Tutto è già lì ed è connesso. Si accende in pochi minuti e il cliente lo controlla da remoto tramite un portale».
Virtualizzare come se non ci fosse un domani
In tutti i settori industriali, sono sempre meno le aziende che si appoggiano tout court a data center fisici. «Noi lavoriamo in virtualizzazione» – afferma Vegni. «Con più di 260 data center nel mondo siamo i primi con largo margine rispetto a chi viene dopo di noi in termini di numero. Ma ancor di più offriamo la possibilità di considerare la digitalizzazione del data center nel suo complesso. Per questo ci vediamo come abilitatori della trasformazione digitale». Quando si parla di migliorare la sostenibilità, ridurre le tempistiche, ottimizzare i costi, la domanda ricorrente è se un budget limitato possa bastare per fare cost saving con la virtualizzazione. «Noi stiamo andando proprio in questa direzione» – afferma Vegni. «Per ridurre i CapEx in capo a CFO o CIO. Lavorare in virtuale significa ridurre i costi e aumentare la scalabilità. Non solo. Permette di aprire nuovi mercati creandoli insieme a noi. E di contenere i rischi derivanti dalla difficile situazione geopolitica. Purtroppo nell’ultimo anno abbiamo portato a termine molte repatriation degli uffici di varie aziende, in territori che oggi sono teatro di guerra. Spostando l’infrastruttura virtuale, per esempio dalla Russia alla Germania, il cliente non ha percepito nessuna interruzione del servizio. Continuando a garantire la stessa sicurezza e resilienza delle location di partenza».
La piattaforma Equinix accelera lo sviluppo dell’ecosistema Made in Italy per abilitare la trasformazione digitale e la transizione verso processi sostenibili
Economia circolare
Un approccio mirato a massimizzare l’utilizzo delle risorse esistenti, ridurre gli sprechi e contenere l’impatto ambientale, favorendo la circolarità dell’economia. «Nelle realtà in cui ci insediamo vogliamo fare in modo che i capitali impiegati non siano alieni rispetto al sistema, alla comunità sociale. Così per esempio, produciamo l’energia con cui alimentiamo i nostri data center. Già oggi scaldiamo le piscine olimpioniche di Parigi con il calore dei nostri data center. Un giorno non tanto lontano – continua Vegni – il Comune di Settimo Milanese sarà illuminato con il surplus di energia prodotta nei nostri data center. Restituire valore al territorio su cui insiste una nostra infrastruttura diventa sempre più importante».
Con lo stesso spirito, Equinix continuare a investire in Italia. «La densità digitale già esistente, la presenza di infrastrutture e il posizionamento geografico fanno di Milano la terza economia più interessante all’interno della regione EMEA per lo sviluppo di realtà come la nostra. Qui abbiamo già tre grandi poli di data center. Perciò non è stata scelta a caso». Come non è casuale la scelta di Genova, landing station di 2Africa, il cavo sottomarino più lungo al mondo che circumnaviga il continente africano e poi si dirama verso l’Asia e il Sudamerica. «Un terminale strategico» – afferma Claudia Vegni. «A regime, circa due terzi della popolazione mondiale saranno connessi attraverso questo cavo. Il capoluogo ligure dista 100 chilometri da Milano, ma in un’ottica digitale è un corridoio ancora più vicino: il punto di arrivo in Italia di un enorme flusso di dati che poi verrà convogliato verso Milano e le dorsali europee. Tutto questo farà dell’Italia un punto nevralgico del Mediterraneo. Quasi si potrebbe dire che digitalmente parlando si stanno ricreando le condizioni che resero possibile l’ascesa della città di Genova e dei grandi commerci lungo le rotte del Mediterraneo all’epoca delle Repubbliche Marinare».
L’ecosistema Made in Italy
Una opportunità per tutto il nostro Made in Italy di consolidarsi e conquistare nuovi mercati. Soprattutto per fare rete e sistema. Massimizzare cioè i risultati attraverso la collaborazione, l’interconnessione e il coordinamento. «Il Made in Italy è un ecosistema» – afferma Vegni. «L’ecosistema crea energia e il digitale si basa su ecosistemi di energia. Le aziende quando innovano aiutano le altre aziende ad accelerare il proprio. Perché rendono più efficienti i consumi di energia, banda, trasferimento dati. Più ci muoviamo insieme come sistema più creiamo quella densità di dati favorevole per migliorarne qualità, velocità, reperibilità e prossimità al luogo in cui viene generata. Il Made in Italy – conclude Vegni – è un organismo vivo che muovendosi a ondate verso un obiettivo, migliora se stesso in modo iterativo».