Obbligatorio a partire dal 2027 per vendere all’interno dell’Unione Europea
Nel 2019, Gartner prevedeva la trasformazione dell’economia da lineare e tradizionale (Take-Make-Use-Dispose) a circolare e sostenibile (Make-Use-Return-Recycle-Reuse) entro i successivi 10 anni. Una condizione necessaria per bloccare l’erosione di risorse del Pianeta e correggere le dinamiche distruttive che hanno caratterizzato lo sviluppo delle economie mondiali. L’introduzione del Digital Product Passport va proprio in questa direzione e nasce all’interno della progettualità dell’European Green Deal, con alcuni settori di mercato che sono già impegnati in una profonda trasformazione dei processi (il mondo del fashion in prima linea).
«In Francia è già attivo il regolamento AGEC, obbligatorio dal 2022 per tutte le aziende del settore tessile con fatturato superiore ai 50 milioni di euro» – introduce Fabio Paracchini, head of Innovation di Altea Federation. Il Digital Product Passport applica un set di dati specifici che devono essere forniti per ogni prodotto, tramite un “data carrier” accessibile on line, allo scopo di migliorare l’informazione dell’utente sul ciclo di vita del prodotto e promuovere un consumo più responsabile e sostenibile.
«Nel prossimo futuro, anzi direi che è bene iniziare a pensarci già oggi, – prosegue Paracchini – ciascun prodotto venduto e distribuito all’interno dell’UE dovrà essere accompagnato da un data set sempre disponibile che ne riporti il completo ciclo di vita, con un riferimento univoco al singolo item, completamente tracciabile dalle materie prime di origine e fino all’uso – riuso – dismissione del prodotto».
La Commissione Europea è al lavoro per la regolamentazione del DPP, con l’obiettivo di chiederne l’attuazione negli Stati membri a partire dal 2027. Alcuni settori sono ritenuti prioritari, perché responsabili della maggior diffusione di prodotti di largo consumo ad alto impatto ambientale (batteries & vehicles, electronics & ICT, textile, furniture, plastics, chemicals, construction & buildings), ma è presumibile un completo coinvolgimento di tutte le filiere produttive, che dovranno prepararsi e adeguarsi alle nuove normative. «Sì, perché se da un lato è in atto una rivoluzione culturale e di sensibilizzazione al consumo responsabile, a livello operativo occorre tracciare, raccogliere, distribuire una serie di dati che molto spesso nelle aziende sono disorganizzati e non sistematizzati» – precisa Paracchini. «Ecco perché, per chi come me osserva i trend di cambiamento per il business, il DPP si annuncia come una rivoluzione tecnologica e di processo».
Le aziende devono quindi iniziare a prepararsi alla nuova regolamentazione e conseguente digitalizzazione dei processi, innanzitutto informando tutti i dipartimenti e creando un’organizzazione che ne curi il percorso di adozione, superando il solo rispetto formale per creare valore nell’ottimizzazione della produzione.
«È necessario definire ruoli e responsabilità specifiche, formando un team multidisciplinare che segua gli aggiornamenti istituzionali e agisca come promotore della conoscenza a tutti i livelli dell’azienda» – consiglia l’Innovation manager di Altea, che prosegue – «E poi c’è il problema dei dati… Quante informazioni sono tracciate, registrate e monitorate lungo tutta la catena del valore? I sistemi informativi aziendali sono adeguati? Sono le prime domande da porsi per intraprendere e progettare azioni di Digital Transformation volte a sostenere il cambiamento sostenibile».