Credem Banca, non solo credito

Credem Banca, non solo credito

«Le banche sono parte del cosiddetto Made in Italy. Oggi più di ieri». Non ha dubbi Francesco Reggiani, chief operating officer di Credem Banca. «Il sistema bancario italiano dopo aver attraversato un profondo processo di trasformazione è ora uno dei più evoluti a livello europeo. Quindi, non solo diamo un contributo, ma ne siamo con orgoglio parte integrante».

Contributo che si concretizza su diversi livelli. «Per missione le banche rappresentano la cinghia di trasmissione delle politiche di sviluppo del Governo e della Unione europea. Pensiamo al PNRR, alla Transizione 5.0, e a tutte le misure legislative deliberate a favore di imprese e risparmiatori». In aggiunta, si delinea un altro ruolo in rapida crescita, ovvero quello di partner tecnologico per le imprese. «Le banche stanno trasformando il loro business per offrire nuovi servizi ad alto valore aggiunto. Supply chain evoluta, nuovi canali di interazione e prodotti ad alta componente digitale. Tutto questo contribuisce ad elevare la competitività delle aziende, perché i processi aziendali che si interfacciano con quelli delle banche, più sono digitali, smart e veloci più hanno il vantaggio di costare meno ed essere sicuri». Soluzioni tecnologiche che abbinano la tradizione dell’eccellenza con la tecnologia digitale. Come il progetto finanziato da Credem per Latte Soresina, prima operazione in Europa di pegno rotativo e blockchain. «La digitalizzazione di una forma di affidamento tipica dell’area di produzione del Grana Padano. Ieri la produzione di Grana Padano veniva data in pegno a una società che stoccava le forme in appositi magazzini e sulla base del valore del prodotto la Banca erogava finanziamenti per sostenere il circolante, oggi il trasporto fisico delle forme non è più necessario. Un beneficio per l’ambiente, assicurando altresì la sicurezza della transazione grazie all’impiego della blockchain».

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Sinergia multidimensionale

«L’economia italiana è forte e le nostre banche sono solide» – sottolinea Reggiani. «Questo dà loro la forza di trasmettere le politiche economiche e sostenere le aziende con gli impieghi, che a loro volta permettono di sostenere il circolante e i cicli di sviluppo». Una funzione classica ma che conserva tutta la sua importanza in un contesto così complesso come quello attuale. «Le banche sono un partner importante per lo sviluppo delle imprese del Made in Italy che vogliono guardare all’estero, e possono essere di sostegno nei processi di internazionalizzazione». L’altro punto su cui si sofferma Reggiani è il contributo che Banca Credem può dare sul piano della trasformazione culturale. «Le banche sono società quotate il cui obiettivo è la creazione di valore, ma se fanno il loro mestiere correttamente, possono fare cultura. Per esempio, in termini di educazione finanziaria e di cybersecurity awareness sia sulle famiglie clienti che sulle aziende. Attraverso una partnership con una società esterna, Credem fornisce servizi che mettono a fattor comune la nostra competenza nella protezione dei dati e nella sicurezza dei sistemi. Questi servizi aiutano le imprese a individuare eventuali lacune e a costruire, se necessario, soluzioni personalizzate».

Fare sistema per crescere

La filiera del Made in Italy viene accusata di non essere capace di guardare oltre il proprio ombelico e fare sistema. Esposta al rischio di acquisizioni da parte di gruppi stranieri e Fondi d’investimento. «Le dimensioni di alcuni bellissimi marchi italiani rispetto a competitor esteri è un tema. Perciò l’arrivo di capitali, italiani o esteri, può essere un modo per rimanere competitivi» – afferma Reggiani.  «È vero, i fondi di investimento hanno obiettivi di exit a cinque, sette, dieci anni, dipende. Ma non tutti sono altamente speculativi. Per alcuni, la generazione di valore, la crescita delle aziende e magari anche il riacquisto di quote dopo che l’azienda ha generato valore è un business. Dipende dall’operazione, dal tipo di orizzonte fissato dall’imprenditore e di approccio. Ho visto bellissime operazioni che dopo sei sette anni hanno prodotto nuovo valore per l’azienda. Altre meramente speculative, che hanno affossato marchi che non meritavano di finire così. Ogni caso va analizzato. Perciò non occorre né beatificare né demonizzare queste operazioni. È un fatto innegabile che lo sviluppo del Made in Italy richieda l’apporto di capitali e investimenti, inclusi quelli provenienti dall’estero. La competizione si svolge a livello mondiale, sfidando realtà che vantano dimensioni ed economie di scala superiori rispetto a quelle che esprimono le migliori aziende del Paese».

La multidimensionalità della banca per valorizzare il Made in Italy. Prodotti e servizi ad alta densità digitale, così Credem sostiene la crescita delle imprese

Supply chain evoluta e ruolo delle banche

Stiamo parlando di aziende colpite prima dalla pandemia e adesso dalla complessa situazione geopolitica internazionale. «Molti di questi attori stanno ripensando la loro supply chain» – spiega Reggiani. «Ognuna con strategie differenti a seconda del settore e della situazione che attraversano. Le banche possono sostenere questa transizione sia con gli impieghi sia come nel nostro caso con servizi mirati di supply chain management. È evidente che le decisioni su dove, come, con che costi e con quale impatto ambientale operare, rimangono scelte in capo alle singole aziende. Malgrado l’aumento dell’inflazione, un costo che molte aziende incorporano dai propri fornitori, e i tassi di interesse in crescita che generano maggiori oneri finanziari, le imprese stanno comunque investendo. E questo è un segnale positivo, reso possibile anche dalle opportunità offerte dall’Europa o dal Governo».

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La transizione energetica come leva competitiva

La transizione energetica anima il dibattito politico e su questo tema si fronteggiano modelli economici contrapposti. «È chiaro che quello del consumo energetico legato alla produzione e al trasporto di beni rappresenta una componente decisiva sul piano della competitività». Quando si parla di sostenibilità – spiega Reggiani – si rischia di trascurare questo aspetto cruciale e compromettere la costruzione di un equilibrio che sia veramente sostenibile. Inoltre, il cambiamento climatico, al netto delle cause, rappresenta una nuova componente di rischio per l’attività di impresa. «Credem sta affrontando un’importante transizione per essere carbon neutral e utilizzare il più possibile le energie rinnovabili. Una scelta di fondo guidata dalla spinta della BCE, che abbiamo fatto nostra senza esitazioni e anticipando i tempi. Stiamo aiutando i nostri clienti a fare la stessa cosa. Il percorso verso la transizione verde sarà graduale e oneroso, poiché attualmente, pur mantenendo il medesimo fabbisogno energetico, l’adozione di soluzioni ecologiche comporta costi superiori. Tuttavia, ritengo che, con l’ottimizzazione delle fonti e l’ammortamento normale degli investimenti richiesti, questa sia una svolta imprescindibile che le banche finanziando gli investimenti e con il loro sostegno anche tecnologico possono favorire». In conclusione, digitale, supply chain e transizione energetica emergono come pilastri su cui si gioca il futuro stesso del Made in Italy. Come afferma Reggiani – «questi temi non solo si prospettano come potenziale rafforzamento delle posizioni aziendali, ma anche come mezzo per accrescere la capacità competitiva di tutta la filiera dell’eccellenza italiana».