AI e Made in Italy, torre di controllo a copilota

AI e Made in Italy, torre di controllo a copilota

Intelligenza artificiale e Made in Italy. Un connubio possibile, ma tutto ancora da costruire. ChatGPT è un missile che ci passa accanto ma che non abbiamo neppure visto arrivare. Il dibattito sull’intelligenza artificiale generativa è in pieno fermento.

Tra cortocircuiti e circoli viziosi, in Italia ci sono più comitati di etica sull’AI che gente che ci capisce veramente. Intanto nel giro di un anno, dopo molto rumore, Sam Altman e Greg Brockman sono usciti dalla porta e rientrati dalla finestra. Morale della favola: nessuna apocalisse, solo strategia. In passato, quando qualcosa non funzionava, la colpa era del sistema, in seguito dell’algoritmo, d’ora in poi sarà dell’intelligenza artificiale. Come certi bambini, l’AI studia e si applica molto, ma non è intelligente. E sarebbe anche tempo di cambiargli nome. Qualcuno ci sta provando.

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Pilota, copilota e torre di controllo svolgono ruoli distinti, ma complementari, al fine di garantire la sicurezza e l’efficienza delle operazioni di volo. La torre di controllo è responsabile della gestione del traffico aereo in una determinata area. La torre di controllo europea ha appena approvato il primo decreto al mondo sull’intelligenza artificiale, dotandosi di un pacchetto di regole che mettono un po’ di ordine al settore, segnando un punto di equilibrio iniziale. Il primato dell’Europa segna un traguardo importante, stabilendo un metodo: per fare buona innovazione ci vogliono buone regole. Rispetto al passato, per dirla con il linguaggio dell’IT, l’Europa ha preferito l’approccio sequenziale di pianificazione anticipata tipo Waterfall rispetto al metodo Agile di adattamento continuo. La regolamentazione è la mano sul volante, l’innovazione è il piede sull’acceleratore.

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L’AI Act va nella giusta direzione, anche per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La gestione delle tecnologie più avanzate è, nei fatti, patrimonio esclusivo di poche grandi multinazionali. Servono quindi non ostacoli, ma regole per evitare che pochi gruppi possano condizionare il mercato, la vita dei cittadini e la democrazia. L’AI risolve molti compiti complessi e crea qualche problema, soprattutto energetico: nel 2024, l’attenzione si sposterà dalle regole alle fonti di energia per alimentarla.

L’AI è paragonabile a una enorme riserva di problem solving, che si nutre di capacità di calcolo esponenziali. Un insieme di potenza di elaborazione, analisi statistica e dati che ha permesso di tirare fuori vecchie idee che avevamo messo da parte. Tutti i modelli di intelligenza artificiale generativa contengono falle di sicurezza enormi. I rischi attuali legati all’AI sono più di natura finanziaria che etici.

Dal 2024, tutte le nuove soluzioni gestionali saranno dotate di piloti automatici. Assisteremo alla rapida escalation dell’AI open source e di applicazioni low-code in ambienti operativi. Parleremo con le piattaforme di archiviazione documentale e i PDF ci risponderanno. Avremo un assistente per tutto e non sapremo più cosa fare, ma in caso di perdita di identità o autostima avremo un assistente anche per quello.

Tornando seri, la conoscenza statistica che diventa verità e l’umanità che si adatta alla tecnologia e non viceversa sono i veri rischi a cui siamo esposti e che stiamo sottovalutando. Il mio professore di Filosofia del diritto, Luigi Lombardi Vallauri lo avrebbe chiamato trionfo del riduzionismo applicato. Il vero rischio che stiamo correndo è di guardarci allo specchio e di ritrovarci in un mondo fatto a immagine e somiglianza delle nostre paure e dei nostri stessi pregiudizi.

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L’entusiasmo per l’AI è a pieno regime, anche considerando l’apprezzamento sul mercato delle solite quattro note. Come accaduto negli anni 90, quando allungare reti di telecomunicazione in tutto il mondo era la moda, il rischio bolla è dietro l’angolo. I semiconduttori svolgono un ruolo strategico. Nvidia detiene almeno l’80% del mercato dell’AI e gioca un ruolo significativo in molteplici settori tecnologici. L’Italia è tra i primi Paesi europei che ha dato applicazione al Chips Act. Conviene tenere d’occhio da vicino gli incumbent tecnologici, facendo attenzione ai reciproci scambi di favori, ma anche gli outsider. Alla fine, c’è sempre un topolino che si mangia l’elefante.