La legge sul Made in Italy ha il merito di aver acceso i riflettori sulle filiere strategiche, mettendo al centro l’innovazione, il know-how, la capacità di attrarre gli investimenti, la protezione delle indicazioni geografiche artigianali e industriali, attraverso una serie di misure come l’istituzione del Fondo sovrano, l’Esposizione nazionale permanente e il liceo del Made in Italy, già attivo a partire dal prossimo anno scolastico 2024-2025 per indirizzare le competenze e le professionalità nei vari settori produttivi.
«In una situazione globale ed economica molto complessa, vogliamo valorizzare il Made in Italy in tutte le sue forme per mettere al riparo la “nave Italia”. La legge sul Made in Italy rappresenta una misura cardine della politica industriale del nostro Paese» – spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, dopo un anno di inteso lavoro. Nel bilancio del primo anno di attività, il ministero ha impiegato il 33% delle risorse del PNRR. Sul fronte degli investimenti, il Mimit ha attivato nel complesso 1,3 miliardi spalmati su 86 contratti di sviluppo per le imprese e poi 268 milioni su 13 accordi di sviluppo per progetti industriali di grande rilevanza a fronte degli 845 milioni destinati a incrementare la riserva del Fondo di garanzia per le PMI. Investimenti che vanno di pari passo con l’innovazione. Nell’ambito della strategia nazionale nel settore dei semiconduttori, strategico per l’economia italiana sia in chiave nazionale sia in chiave geopolitica, l’Italia è tra i primi Paesi europei a dare applicazione al Chips Act. «La nascita della Fondazione Chips.IT a Pavia è una tappa fondamentale di questo percorso» – afferma il ministro.
«Abbiamo rifinanziato fino a un miliardo di euro 431 progetti di ricerca e sviluppo e abbiamo stanziato 700 milioni di euro di crediti d’imposta, oltre al consolidamento dei rapporti con i paesi leader nella produzione dei chips come Usa, Corea, Giappone, Taiwan, Singapore, Olanda. Inoltre, abbiamo finanziato 50 centri di competenza e innovazione digitale su tutto il territorio italiano. L’obiettivo generale è di supportare le imprese italiane e attrarre investimenti dall’estero. Abbiamo semplificato il complesso di norme che intervengono su diversi settori produttivi in modo da stimolare la crescita delle filiere strategiche nazionali, formare le competenze e contrastare la contraffazione, puntando sulle tecnologie avanzate e individuando le grandi centrali del falso Made in Italy, attraverso l’impiego di agenti sotto copertura».
Industria, economia dello spazio e del mare
Il 2024 sarà l’anno dell’Italia – assicura Urso – con un collegato alla manovra economica che doterà il nostro Paese della prima legge nazionale sullo spazio, propedeutica alla realizzazione di quella europea». Anche la prima riunione dell’Italia alla guida del G7 sarà proprio su industria e spazio. Le cifre snocciolate da Urso sono importanti. Oltre 3,1 miliardi stanziati, a titolo di contributo italiano, per l’ESA, l’agenzia spaziale europea. Risorse a cui vanno aggiunti gli 1,5 miliardi destinati all’ASI, l’Agenzia spaziale italiana, per la realizzazione di programmi spaziali nazionali.
Sul tavolo dello sviluppo dell’Automotive, il ministro Urso sottolinea anche l’importanza di invertire la progressiva contrazione dei volumi produttivi dell’automotive in Italia, dove l’anno scorso sono state prodotte appena 450mila autovetture a fronte di un milione e 400mila immatricolazioni. Dialogo aperto con Stellantis per raggiugere almeno un milione di veicoli prodotti nel nostro Paese. Sugli incentivi, il ministro evidenzia la necessità di stimolare l’acquisto di auto effettivamente prodotte in Italia e di accompagnare nella transizione verde la filiera della componentistica e tutto l’indotto. Nel decreto energia, anche una norma sul fotovoltaico predisposta dal Mimit per facilitare lo sviluppo di una filiera nazionale nelle tecnologie green.
Il futuro del sistema produttivo italiano si gioca sulla capacità di vincere le nuove sfide legate alla trasformazione digitale, all’economia del mare e dello spazio che costituiscono una grande opportunità per l’Italia. Blue Economy, Space Economy e le nuove tecnologie abilitanti sono al centro della politica industriale del Governo. Il ministro Urso sottolinea il ruolo centrale del Mediterraneo e le potenzialità che il mare può riservare nella crescita del Paese, in un momento in cui è chiamato ad affrontare la duplice transizione green e digitale. «Guardiamo con grande attenzione alla cantieristica, alla robotica marina, alle biotecnologie blu, alle energie rinnovabili, all’intelligenza artificiale e allo sviluppo di tecnologie sostenibili per migliorare l’ottimizzazione delle risorse. Lo spazio e il mare sono due settori strategici per l’economia italiana e che esprimono già oggi delle eccellenze capaci di imporsi sui mercati globali. Sulla Space Economy, dobbiamo investire molto, perché rappresenta uno dei più efficaci motori di crescita per il nostro Paese, avendo una natura cross-settoriale in grado di portare l’innovazione in maniera trasversale e spostare le frontiere tecnologiche a beneficio del mondo della ricerca e delle imprese».
Il futuro del sistema produttivo italiano si gioca sulla capacità di vincere le nuove sfide legate alla trasformazione digitale e green: «Il 2024 sarà l’anno dell’Italia»
Autonomia e materie prime critiche
La crisi energetica uccide la competitività delle imprese italiane. «L’autonomia energetica dell’Europa passa dall’Italia. Da questa crisi l’Italia può uscire più forte perché il gas ora arriverà da Sud e da Est e noi abbiamo i gasdotti». Si parte dal disaccoppiamento di gas ed elettricità verso una maggiore produzione di energia in Italia da fonti rinnovabili, ma anche biomasse e geotermico, senza escludere il nucleare di nuova concezione. Il Tavolo Tecnico Nazionale per le materie prime critiche ha come obiettivo il rafforzamento del coordinamento tra i vari soggetti coinvolti e la formulazione di proposte per assicurare un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche, alla luce degli obiettivi dettati dalla duplice transizione green e digitale e del negoziato sul Regolamento europeo per la disciplina del settore, soprattutto in vista del G7 a guida italiana. «L’Italia, contribuisce in modo effettivo ai negoziati, registrando risultati positivi, come l’inclusione dell’alluminio nella lista delle materie prime strategiche e il compromesso raggiunto sotto i profili dei benchmark di trasformazione e riciclo. Risultati, frutto anche del nuovo format trilaterale di politica industriale tra Italia, Francia e Germania, insediato a giugno scorso a Berlino» – spiega Urso. «Il nostro impegno continua sul fronte delle riforme che verranno introdotte nel cosiddetto Critical Raw Materials Act italiano, che si propone di creare un quadro normativo di riferimento per la gestione delle materie prime critiche in Italia, conciliando l’obiettivo di riavviare il settore minerario, anche attraverso lo snellimento e la riduzione dei tempi per le procedure autorizzative, con la tutela ambientale».