Approccio proattivo, riforma dell’assistenza territoriale, health equity e automazione dei processi. Decentramento dei luoghi di cura sul territorio e strategia di prevenzione. I casi di NeapoliSanit, Azienda Ospedaliera di Alessandria, Spedali Civili di Brescia e Fondazione Poliambulanza

Da anni assistiamo alla crescita costante della digitalizzazione del sistema sanitario, che sta trasformando le aziende sanitarie e il rapporto medico-paziente verso sistemi connessi che accelerano e facilitano la condivisione e l’utilizzo di informazioni da parte di operatori e utenti. La trasformazione digitale è una grande opportunità: facilita l’adozione di nuovi modelli di cura e di assistenza, consente la digitalizzazione dei processi ospedalieri, garantisce il miglioramento dell’accesso ai servizi da parte dei pazienti, ne migliora il patient journey, automatizza e semplifica alcune attività cliniche ed amministrative svolte da medici e operatori, che possono dedicarsi alle loro attività primarie. Non da ultimo, grazie all’intelligenza artificiale, supporta lo sviluppo di nuovi modelli di ricerca che favoriscono il progresso medico-scientifico. Tuttavia, la Sanità digitale richiede modifiche ai processi, formazione del personale, standardizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, gestione della Cartella clinica elettronica e creazione di un database, l’European Health Data Space.

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Secondo i dati dell’Osservatorio Sanità digitale della School of management del Politecnico di Milano, lo scorso anno la spesa per la Sanità digitale in Italia è stata di 1,8 miliardi di euro, l’1,4% della spesa sanitaria pubblica, con un aumento del 7% rispetto al 2021, proseguendo il trend di crescita del periodo post-pandemia che ha sdoganato il tema dell’innovazione digitale, rendendola prioritaria – come spiega Giorgio Casati, direttore generale dell’ASL Roma 2. «Nel nostro territorio, per esempio, stiamo definendo piani di salute individuali e integrati che siano sintesi di tutti i percorsi di cura del paziente, soprattutto di quello affetto da patologia cronica, in un modello di presa in carico digitale che metta al centro la persona e non la patologia».

Anche secondo Sabina Nutirettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, la pandemia ha reso possibile raggiungere obiettivi che prima si pensavano difficili da raggiungere. «Si è compreso che una serie di cose realizzate a livello prototipale possono diventare di sistema. il Sistema sanitario nazionale è pronto al salto di qualità, l’importante è non tornare indietro». Una spinta ulteriore la stanno dando i fondi del PNRR anche se, come in altri settori, non mancano le difficoltà legate all’utilizzo delle risorse. Obiettivo primario del PNRR è il cosiddetto modello One Health: i pazienti non saranno più attori passivi, ma saranno connessi digitalmente, in tempo reale, a un sistema telematico, capace di integrare discipline diverse e di fornire terapie efficaci e personalizzate.

I PAZIENTI AL CENTRO

Alcune tecnologie a supporto dell’assistenza del paziente a domicilio consentono di rendere la casa il primo luogo di cura, e rispondono a diverse esigenze. Le app per la salute e i wearable (dispositivi indossabili) consentono di rilevare a domicilio i dati clinici dei pazienti. La domotica assistenziale permette di supportare la popolazione più anziana o fragile. La tendenza è decentrare in modo capillare i luoghi di cura, fisici, virtuali o ibridi sul territorio, soprattutto in zone isolate e non urbane, incentivando l’automonitoraggio, modificando il modello da un approccio di cura ad una strategia di prevenzione. Sempre più diffuse, anche le tecnologie di realtà virtuale o aumentata, l’Internet delle Cose (IoT), gli assistenti vocali che consentono di ricevere informazioni e supporto in ambito salute: per esempio, possono servire per ricordare di prendere un farmaco o raccomandare degli screening. Sono proprio queste soluzioni phygital che permettono la trasformazione digitale verso modelli di connected care, con piattaforme e applicazioni molto semplici da usare, cosí da offrire una migliore patient experience. La tecnologia indossabile è utilizzata anche all’interno delle RSA. Un progetto recente ha coinvolto alcuni anziani pazienti del Centro riabilitativo NeapoliSanit di Ottaviano, in provincia di Napoli, con l’obiettivo di testare l’applicabilità di dispositivi tecnologici indossabili in un contesto sanitario, e la loro integrazione con i software di raccolta dati della struttura. Ai pazienti sono stati distribuiti dispositivi indossabili (bracciali tecnologici), che monitorano i parametri di salute dei pazienti fragili anche da remoto (principalmente la rilevazione del battito cardiaco, del conteggio dei passi e della rilevazione di possibili cadute), e permettono loro di effettuare una chiamata di emergenza in caso di necessità. Gli operatori in questo modo hanno sempre la situazione sotto controllo e possono mantenere un dialogo con familiari e caregiver, pur non essendo in camera con il paziente, grazie ai dati ricevuti dalla centrale operativa. Numerose le implicazioni positive, quindi, sia per ciò che concerne l’ospite, il personale interno e il caregiver, come il miglioramento del monitoraggio dei parametri dei pazienti residenti, una maggior sicurezza per le persone che indossano il bracciale. l’utilizzo dei dati raccolti per sviluppare implicazioni cliniche innovative, l’avanzamento della qualità del monitoraggio dei pazienti, la riduzione dello stress degli operatori, un migliore rapporto con parenti e caregiver, e la garanzia di un intervento immediato in caso di caduta o parametri al di fuori della norma.

TENDENZE IN ATTO

Attualmente, le aziende sanitarie europee stanno implementando nuovi modelli di erogazione delle cure basati sulla personalizzazione dei servizi e dei trattamenti per migliorarne sia la qualità che la sicurezza. «L’intento è quello di creare un percorso unico di cura per il paziente, ampliando le opportunità di accesso ai servizi oltre i confini delle aziende sanitarie» – spiega Adriana Allocato, research manager di IDC Health Insights Europe. «Questo contesto giustifica e stimola i crescenti investimenti in sistemi e applicazioni IT che favoriscono lo sviluppo di un modello di cura virtuale e da remoto. Sulla base di tali priorità, IDC Health Insights ha identificato quattro tendenze che stanno modellando l’evoluzione del mercato IT della Sanità in Europa». In primo luogo, le organizzazioni sanitarie stanno puntando allo sviluppo di un approccio più proattivo verso la salute, incrementando gli investimenti per l’ottimizzazione delle strategie di gestione e governo dei dati. «Più del 70% delle aziende sta investendo in soluzioni di data ingestion, aggregation e fusion per sfruttare al meglio le informazioni che si possono ricavare dalla quantità innumerevole di dati a disposizione» – continua Allocato.

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«Infatti, da un lato ci sono i dati personali condivisi direttamente dal paziente attraverso soluzioni di connected health per monitorare e gestire in modo proattivo la propria salute. Dall’altro, la crescente attenzione verso i cosiddetti “social detemininant of health” sta alimentando la promessa di una gestione migliore della salute della popolazione nel suo complesso». Entro il 2025 – secondo le previsioni di IDC HI – il 65% delle aziende sanitarie implementerà una strategia funzionale al governo dei dati che incoraggia l’utilizzo di tecnologie di intelligenza artificiale per un modello di cura predittivo, preventivo e personalizzato. Il secondo trend, identificato da IDC HI, riguarda le riforme dei diversi sistemi sanitari europei.

«In Inghilterra, i 42 Integrated care systems (ICS) hanno acquisito pieno riconoscimento statutario a partire da giugno 2022 con lo scopo di erogare servizi sanitari e sociali integrati» – spiega Allocato. «A gennaio sono diventate operative 21 contee per l’erogazione di servizi per il benessere della persona, con responsabilità sia dell’ambito sanitario che sociale. In Italia, la riforma dell’assistenza territoriale, approvata a maggio 2022, punta a favorire la continuità delle cure per i pazienti cronici e fragili attraverso una nuova rete di assistenza primaria».

Il terzo trend è legato alla sostenibilità. Secondo i dati di IDC HI, entro il 2026, l’accelerazione digitale e le politiche data-driven miglioreranno l’health equity per il 60% delle aziende sanitarie, attraendo investimenti per obiettivi ESG. I crescenti investimenti in soluzioni di telemedicina hanno indubbiamente offerto l’opportunità di supportare e favorire iniziative sanitarie con obiettivi ambientali, sociali e di governance (ESG), di cui l’equità sanitaria costituisce un’area fondamentale. «Questa opportunità – continua Allocato – è ulteriormente promossa da un approccio data-driven per la comprensione dei bisogni del paziente e del contesto sociale che può generare iniquità in ambito sanitario. Pertanto, non solo soluzioni di virtual care, ma anche sistemi e applicazioni analitici combinati con dati integrati di population health, possono aiutare le organizzazioni sanitarie a meglio definire le loro strategie e implementare servizi di cura più efficaci ed equi».

Infine, il quarto trend si riferisce alle organizzazioni sanitarie che stanno intensificando gli investimenti in soluzioni per l’automazione dei processi al fine di identificare un nuovo modello di lavoro per i professionisti della sanità. «Medici, infermieri e tutto il personale sanitario necessitano di un maggiore supporto per poter erogare servizi di cura di qualità» – afferma Allocato. «Desiderano concentrarsi sulle loro responsabilità cliniche e ridurre al minimo il loro ruolo in attività amministrative. Il 48% delle aziende si aspetta una riqualificazione del personale sanitario grazie agli investimenti in software per l’automazione dei processi e assistenti virtuali intelligenti. Entro il 2024, il 35% delle aziende sanitarie che avranno adottato un modello di lavoro ibrido in contesti virtuali, automatizzati e intelligenti miglioreranno l’esperienza e la soddisfazione del personale sanitario».

FORMARE IL PERSONALE

Uno dei trend identificati da IDC HI è l’automazione dei processi. La digitalizzazione comprende attività come la digitalizzazione dei documenti, l’utilizzo di portali online, la dematerializzazione, ma il cambiamento comprende anche l’introduzione di nuovi servizi come la telemedicina, la teleassistenza, l’utilizzo di app e l’analisi dettagliata dei processi organizzativi per razionalizzarli e semplificarli in modo da renderli più agili ed efficienti. La transizione digitale porta cambiamenti nella dimensione organizzativa e nella componente umana. Di conseguenza il PNRR prevede investimenti in tecnologie e infrastrutture, ma anche nello studio di modelli organizzativi e nello sviluppo di competenze e di cultura digitale. La componente umana, come già riportato da Adriana Allocato di IDC HI, gioca un ruolo fondamentale in tutti questi processi. Bisogna agire su due fronti: da un lato aumentando le competenze di base degli utenti e dall’altro nel rinforzare le competenze informatiche specialistiche del personale sanitario, in base al loro ruolo, alle loro esigenze e alla loro frequenza di utilizzo della tecnologia digitale. Per tutte le professioni sanitarie, la formazione universitaria di base e post laurea prevede già attività didattiche formative di Sanità digitale, intese come momento di completamento del percorso formativo, e non disgiunte, grazie alle quali il personale sanitario disporrà di un approccio multiprofessionale e multidisciplinare. Tra i temi principali, Big Data, Mobile application, Business intelligence, Business analytics fino alla robotica, all’IoT e alla telemedicina.

DATI E DATABASE

L’Unione europea ha fissato come obiettivo che entro il 2030 tutti i cittadini europei possano accedere ai propri dati sanitari in formato digitale attraverso uno spazio unificato, l’European Health Data Space. Le enormi quantità di dati a disposizione sono fondamentali perché analizzandole, in gruppi omogenei di pazienti, si possono studiare trattamenti sanitari e clinici personalizzati. Le analisi sono compiute grazie a sofisticati sistemi predittivi, dove si combinano data analytics, machine learning e deep learning. Questi sistemi incrociano e sfruttano tutti i dati a disposizione, provenienti da varie fonti: non lavorano solo sui dati tipici dei sistemi sanitari, basati sugli episodi clinici, ma li combinano e analizzano confrontandoli con il patrimonio genetico, le condizioni ambientali ed economiche, le abitudini e gli stili di vita.

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Gli analytics supportano le decisioni del personale medico facilitando le diagnosi, mostrando le possibili opzioni terapeutiche di intervento e semplificando il trattamento dei casi più complessi. I risultati sono già notevoli oggi, e le prospettive molto interessanti. Per questo il Big Data Healthcare Market è un mercato in così forte crescita. Secondo la stima di Mordor Intelligence valeva 23,7 miliardi di dollari nel 2020, e dovrebbe raggiungere i 58,4 miliardi entro il 2026, con un crescita annua di oltre il 16%. In ambito sanitario parliamo di Big Data, sia per l’enorme mole di dati strutturati disponibili per i quali serve una grande opera di transcodifica e lo sviluppo di un vocabolario comune a favore dell’interoperabilità, sia per il crescere di dati non strutturati per i quali si rendono necessarie nuove capacità computazionali e analitiche. Con riferimento alle tendenze che porteranno nuove ondate di innovazione in campo sanitario, tra le più significative, Dario Ricci, direttore Area ICT dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, segnala l’IoT, le biotecnologie, la bioinformatica e la biorobotica.

«L’IoT sta già contribuendo al proliferare di device medicali collegati in rete che permettono di generare informazioni in tempo reale e dati “reali”, derivanti dalla quotidiana vita del paziente. Pensiamo a quando questi dati potranno essere inseriti in piattaforme – con tutte le opportune azioni di privacy e sicurezza – a quali potrebbero essere i nuovi orizzonti della medicina preventiva e di precisione, ribaltando completamente l’attuale paradigma che vede ancora la medicina come un approccio di cura.

Le biotecnologie e le bioinformatica – continua Ricci – stanno dando risultati sorprendenti per l’avanzamento della medicina personalizzata. Pensiamo alla CAR-T, una terapia innovativa nell’ambito di alcuni tumori del sangue che si basa sulla modificazione genetica in laboratorio dei linfociti T – un particolare tipo di globuli bianchi responsabili della difesa del nostro organismo dalle malattie – e che sfrutta una modalità brevettata di ingegnerizzazione delle cellule, tramite la bioinformatica, per insegnare loro ad aggredire alcuni tipi di tumore del sangue. Oggi, queste cure sono costosissime ma le tecnologie ci permetteranno di rendere meno costosi questi processi e dare davvero vita alla medicina personalizzata. Infine – conclude Ricci – la biorobotica ci permetterà di stampare tessuti biologici partendo dalle cellule staminali dei pazienti, con un impatto rivoluzionario sul settore delle protesi e sulla qualità di vita delle persone che hanno subito amputazioni».

LE TERAPIE CAR-T

Un interessante progetto basato proprio sulle terapie CAR-T è stato sviluppato dall’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia. L’azienda si articola in quattro presidi ospedalieri (Spedali Civili di Brescia, dei Bambini, di Montichiari, di Gardone Val Trompia), in poliambulatori territoriali, nel dipartimento di Salute Mentale e nella rete territoriale. La struttura ha sviluppato una piattaforma digitale con l’obiettivo di facilitare non solo la collaborazione tra i centri periferici (Referral) e i centri di riferimento (Hub) permettendo a un numero più esteso di pazienti di accedere a queste terapie, ma anche di dotare i medici di strumenti digitali di comunicazione appropriati per supportare e migliorare la gestione clinica dei pazienti candidati a terapie CAR-T, supportando la ricerca attraverso la raccolta real-time di dati clinici, radiologici e di laboratorio, utili allo sviluppo di programmi di cura sperimentali comprendenti le terapie CAR-T, una delle forme più avanzate di immunoterapia cellulare in grado di curare diversi tipi di leucemie, linfomi e tumori. La piattaforma, che ha coinvolto oltre 100 centri di onco-ematologia italiani ed è stata utilizzata da 150 medici tra ematologi e altri specialisti coinvolti nella gestione della patologia, permette di acquisire la documentazione clinica, radiologica e di laboratorio dei pazienti e di condividerla tra i medici dei centri Referral e Hub, oltre che tra specialisti del CAR-Team di centri di riferimento diversi. Grazie alla condivisione della documentazione clinica è possibile, innanzitutto, la valutazione della potenziale candidabilità del paziente alla terapia da remoto e, in secondo luogo, la possibilità di avere il parere di uno specialista sull’idoneità del paziente al trattamento attraverso il Teleconsulto. I dati e i documenti dei pazienti vengono salvati in una Cartella clinica elettronica specialistica che viene alimentata sia attraverso l’inserimento dei dati da parte del medico sia automaticamente da altri sistemi, registrando tutti gli eventi della pratica clinica. Attualmente, queste possono essere erogate da un numero limitato di Unità operative di Ematologia in possesso dei requisiti per l’autorizzazione al trattamento. Il numero di terapie effettuate risulta inferiore al necessario per le difficoltà di comunicazione tra i centri periferici e gli Hub di riferimento, che sono solo 19 sul territorio nazionale.

FASCICOLO SANITARIO

In Italia, lo strumento dove viene raccolta la storia sanitaria di ogni cittadino è il Fascicolo sanitario elettronico (FSE), accessibile dai pazienti e condiviso con medici e operatori sanitari. Tra i principali obiettivi del PNRR in ambito Salute, c’è il suo potenziamento: oggi, ogni Regione ha i propri repository e registri locali di dati e documenti, domani l’FSE diventerà un punto unico di accesso ai servizi digitali sanitari a livello nazionale. Si sta lavorando a uno standard per l’alimentazione dell’FSE da ogni struttura sanitaria, pubblica e privata, e se ne stanno ampliando i contenuti: ogni cittadino troverà la sua storia clinica completa, con un accesso facilitato anche a indicazioni terapeutiche in atto, allergie, casistica precedente rilevante, ed altro ancora. Inoltre, si stanno sviluppando nuove funzionalità per l’utente. Oltre alla consultazione e al download di dati e documenti sanitari, si potranno prenotare le prestazioni, pagarle on ine, fare degli upload di dati generati da vari device utilizzati dal cittadino, avere una connessione con le farmacie per la gestione online del ciclo del farmaco. Grazie al nuovo FSE, il paziente non sarà più costretto a muoversi tra strutture sanitarie con faldoni di referti. Per raggiungere questi obiettivi, è in corso un gran lavoro di alfabetizzazione su standard e nomenclatori propri del mondo sanitario per garantire una reale e completa interoperabilità dei dati. Dario Ricci dell’Azienda Ospedaliera di Alessandria, ci racconta il progetto sviluppato nell’azienda ospedaliera di Alessandria: «Stiamo sfruttando avanzate tecniche di analisi, anche di machine learning e tecniche di intelligenza artificiale, per ripulire dati, documenti e informazioni affinché siano già pronti per la nuova Infrastruttura Nazionale di Interoperabilità. Stiamo lavorando per riordinare completamente tutta la codifica delle prestazioni e dei quesiti diagnostici per renderli coerenti con i cosiddetti “dizionari di codifica” ossia gli standard a livello nazionale e livello internazionale, che sono poi quelli definiti nelle linee guida per l’FSE 2.0. Le prestazioni di laboratorio, per fare un esempio, negli anni sono state codificate un po’ a discrezione dell’azienda sanitaria, un po’ secondo le indicazioni regionali, un po’ secondo alcuni standard internazionali, a seconda della sensibilità dei singoli operatori» – commenta Ricci. «Adesso, è fondamentale ricondurre tutto a uno standard unico e condiviso. Medici e operatori sanitari hanno tutto l’interesse nell’avere dati e informazioni corrette e, quindi, nel collaborare per costruirli e gestirli. Ancor di più oggi che ci muoviamo verso un futuro di Sanità digitale e di Medicina personalizzata, impensabile senza dati, IoT, analytics e intelligenza artificiale».

CARTELLA CLINICA

Altra priorità di investimento in ambito Sanità digitale è la Cartella clinica elettronica (CCE), alla base della riorganizzazione delle strutture sanitarie. Si tratta di un documento digitale che contiene i dati relativi alla storia clinica di un paziente, creata proprio per supportare l’organizzazione delle strutture sanitarie. L’obiettivo è garantire continuità al percorso di cura, con una visione integrata e precisa, in ogni momento, della situazione clinica del paziente, rendendo più facili e immediati gli scambi di informazioni e la consultazione dei dati tra operatori sanitari di reparti diversi. Il paziente ha una maggiore garanzia di ricevere cure appropriate e terapie farmacologiche sicure, di avere continuità terapeutica al cambio dell’operatore sanitario, e quindi di avere una migliore assistenza. La CCE supporta l’intero percorso clinico, a partire dalla fase ambulatoriale, passando al prericovero, all’accoglienza nel reparto, al blocco operatorio, al reparto nel postoperatorio, fino alla fase di dimissione e post-dimissione. Include funzionalità di diario integrato, valutazioni mediche e infermieristiche, registrazioni di dati farmacologici, gestendo in sicurezza il ciclo del farmaco e la somministrazione di cure adeguate, riducendo il rischio di errori.

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Una struttura all’avanguardia nella gestione della CCE e di sistemi di supporto alle decisioni è l’Istituto Ospedaliero Fondazione Poliambulanza di Brescia, un ospedale privato, non profit, altamente specializzato nella cura dei tumori, nel trattamento delle patologie cardiovascolari e nelle aree ortopedico-traumatologica, neurologiche ed ostetrico-ginecologiche. Accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, l’Istituto ha da tempo concentrato i propri sforzi sulla digitalizzazione di tutti i processi ospedalieri. L’impegno continuo ha portato a importanti riconoscimenti, tra cui spiccano quello per una soluzione innovativa a sostegno delle decisioni cliniche dei medici. Questa soluzione può essere facilmente integrata nel flusso di lavoro elettronico e nella Cartella clinica già in uso. Inoltre, l’Istituto è stato premiato anche per il progetto “Vincere il tempo”, che sfrutta avanzate tecniche di intelligenza artificiale per una diagnosi immediata. Questo è particolarmente cruciale nel trattamento delle patologie che richiedono interventi tempestivi.

«Questo sistema ci dà il massimo in poco tempo, è questo il suo grande vantaggio nella gestione clinica del paziente» – spiega Tony Sabatini, direttore del dipartimento di Medicina Gastroenterologia ed Endoscopia di Fondazione Poliambulanza. «E rappresenta la soluzione ideale per prendere decisioni quotidiane più rapidamente possibile. Tutto questo, a mio avviso, si risolve in una migliore efficienza dell’intero percorso del paziente». Il progetto ha migliorato anche la qualità dell’attività clinica e ridotto la percentuale di errore. «Il sistema offre un importante supporto nell’operatività clinica quotidiana» – aggiunge Roberto Poeta, responsabile dei Sistemi Informativi di Fondazione Poliambulanza. «Se consideriamo il fatto che il personale medico svolge la propria attività in condizione di stress elevato e di stanchezza, avere a disposizione uno strumento che guida e tutela da possibili errori è di fondamentale importanza».

Gli orizzonti di ricerca e sviluppo della Fondazione non si fermano qui. «Sempre in nome dell’innovazione continuiamo ad esplorare, sperimentando le tecnologie più all’avanguardia – commenta Valter Gomarasca, direttore sanitario di Fondazione Poliambulanza –come quelle nell’ambito dell’intelligenza artificiale che ci stanno dando importanti soddisfazioni nella cura delle patologie tempo-dipendenti. Innovare fa parte del nostro DNA ed è la motivazione più profonda alla base della nostra volontà di migliorare quotidianamente per offrire ai nostri pazienti un servizio d’eccellenza in linea con le certificazioni e gli accreditamenti che ci siamo meritati negli anni».


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