La Legge di Moore aiuta a risparmiare energia nei data center

La Legge di Moore aiuta a risparmiare energia nei data center

A cura di Mehul Doshi, Head of Business Italy, Chief DC Evangelist di Fujitsu

Durante lo scorso anno, l’attenzione nei confronti dei consumi elettrici e dei costi operativi delle infrastrutture di data center ha raggiunto livelli senza precedenti. L’efficienza energetica è diventata un fattore cruciale che la maggior parte dei clienti considera ormai prioritario quando si tratta di scegliere nuovi sistemi.

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La prima cosa che la maggioranza dei clienti mi chiede oggi riguarda proprio l’efficienza energetica dei nostri ultimi sistemi.

È interessante osservare come la risposta alla richiesta di efficienza si possa ritrovare nella cosiddetta Legge di Moore, una previsione fatta nel 1965 da Gordon Moore, co-fondatore di Intel, secondo la quale il numero di transistor contenuti all’interno di un microchip è destinato a raddoppiare ogni due anni a fronte di un dimezzamento del costo di ciascun transistor. La Legge di Moore si è rivelata notevolmente accurata per oltre cinquant’anni e ha comportato indiscutibili benefici anche in termini di efficienza energetica.

Parlando degli effetti positivi della Legge di Moore sull’efficienza energetica, possiamo guardare ad esempio alle prestazioni dell’ultima generazione dei nostri sistemi integrati PRIMEFLEX, che sono raddoppiate nell’arco di soli dodici mesi, mentre i consumi di elettricità si sono ridotti.

L’efficienza energetica è da tempo un tema chiave per Fujitsu

Fujitsu è impegnata da molto tempo nell’ottimizzazione dei consumi di energia nello sviluppo delle infrastrutture di data center. Nel 2006, ad esempio, la società ha fatto proprio il concetto di Green Grid e adottato il parametro di Power Usage Effectiveness (PUE) per gli apparati destinati ai data center. All’inizio degli anni Dieci, quando il problema principale era diventata l’impossibilità fisica di incrementare la quantità di apparecchiature all’interno dei data center on-premises, l’attenzione dedicata al tema si era allargata fino ad includere il numero di Operazioni per Watt.

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Nell’ultimo decennio, il cloud computing e gli effetti della Legge di Moore hanno cambiato quello scenario: server e storage sono diventati infatti molto più efficienti sul fronte energetico.

E questo ci porta a oggi, con la nuova generazione di sistemi integrati Fujitsu PRIMEFLEX che continua a ridurre i consumi elettrici.

Prestazioni raddoppiate e 12,5% di costi in meno su alimentazione e raffreddamento

Mi ha recentemente colpito verificare gli incredibili passi avanti compiuti dal sistema PRIMERGY M7 di ultima generazione rispetto al precedente modello M6, la cui introduzione sul mercato risale solamente a un anno fa. Nella nuova macchina, tutto è stato ampliato fuorché le dimensioni fisiche del dispositivo: nei rack dei data center, un PRIMERGY M7 continua a occupare uno chassis 2U.

Ma al suo interno è avvenuta quella che possiamo definire una “rivoluzione silenziosa”. La potenza del nuovo PRIMERGY M7 è infatti più che raddoppiata rispetto a quella del modello precedente. Questo significa che un M7 è in grado di sostituire due unità M6 e comunque consumare il 12,5% di energia complessiva in meno.

Questo non è un semplice confronto su carta, misurato quando i sistemi non stanno lavorando, ma si basa sui consumi effettivi registrati al 70% di livello di utilizzo – uno scenario realistico di tutti i giorni – calcolando sia l’alimentazione che il raffreddamento.

Un ambiente Fujitsu PRIMEFLEX porta inoltre a poter contare su un’infrastruttura iperconvergente dalle enormi potenzialità di consolidamento. Per questo, con l’ultima generazione di server PRIMERGY M7 della famiglia PRIMEFLEX, i clienti hanno ulteriormente guadagnato in termini di efficienza.

E non è tutto: il consolidamento dei core di processore può garantire ulteriori risparmi. Nel caso di un consolidamento di 2:1, passando da M6 a M7, si ottiene infatti un beneficio in termini di costo del 43% per core.

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C’è una buona ragione per non estendere forzatamente i cicli di vita delle apparecchiature

Negli ultimi mesi le spese IT sono finite particolarmente sotto osservazione. Alcune aziende stanno infatti valutando di posporre gli interventi sostitutivi nelle loro infrastrutture IT oltre il tradizionale ciclo triennale, cercando così di risparmiare risorse in un momento di rallentamento dell’economia.

Tuttavia, i progressi compiuti anche solamente in termini di efficienza energetica rappresentano un’ottima ragione per rispettare i normali cicli di sostituzione. Come spiegato prima, i passi avanti ottenuti in soli dodici mesi per quel che riguarda le prestazioni e l’efficienza sono tali per cui un’unica macchina può rimpiazzarne due della generazione precedente. È quindi evidente come l’estensione forzata dei cicli di vita delle apparecchiature costituisca, in poche parole, un falso risparmio.

Gli aggiornamenti fanno risparmiare peraltro anche sullo spazio fisico di cui è necessario disporre all’interno di un data center – oltre a fornire ampi margini per estendere la potenza di calcolo, senza incrementare le dimensioni fisiche del data center stesso.

Cosa ancora più importante, un sistema on-premises allo stato dell’arte ha certamente senso dal punto di vista economico, dal momento che i provider di cloud computing trasferiscono i loro costi maggiorati direttamente sui clienti, aumentando i prezzi.

In conclusione, questo è un buon momento per approfondire il modo in cui le infrastrutture di data center continuano a evolvere e per esplorarne le nuove soluzioni disponibili sul mercato.