TrasformAzione, la costante del cambiamento

TrasformAzione, la costante del cambiamento

Infrastrutture, tecnologie, dati, processi e capitale umano. La trasformazione digitale coincide con l’insieme delle singole parti che la compongono oppure il tutto è diverso dalla somma delle componenti? La visione olistica del cambiamento verso la sostenibilità. Con la partecipazione di Aruba Enterprise, Autostrade per l’Italia, Cellularline, Denodo, digital.ai, Edison, Enel, FOMAS Group, Invitalia, Prysmian e Sopra Steria

Infrastrutture di rete, sistemi, piattaforme, architetture, tecnologie, applicazioni, dati, connettività, processi, esperienza utente, sicurezza, compliance e governance. La trasformazione digitale non coincide semplicemente con l’insieme delle singole componenti, ma è un concetto più ampio che va oltre la semplice somma delle parti. Si tratta di un processo strategico che implica l’utilizzo delle tecnologie digitali per trasformare i processi aziendali, i modelli di business e le esperienze dei clienti. Mentre le singole componenti della trasformazione digitale, come l’adozione di software, l’automazione dei processi e l’implementazione di soluzioni digitali, possono essere considerate come parti dell’intero processo, la trasformazione digitale va oltre l’implementazione di singole tecnologie o soluzioni isolate.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

La trasformazione digitale richiede una visione olistica dell’organizzazione, in cui le diverse componenti lavorano in sinergia per creare un cambiamento significativo e sostenibile. Coinvolge la ridefinizione dei modelli di business, la rielaborazione dei processi aziendali, la trasformazione della cultura organizzativa e l’adattamento delle competenze dei dipendenti. Inoltre, la trasformazione digitale non è un processo statico o lineare, ma è continuo e in evoluzione. Richiede un’attenzione costante alle nuove opportunità offerte dalle tecnologie emergenti e una mentalità di adattamento e apprendimento continuo.

Quindi, mentre le singole componenti sono decisive per la trasformazione digitale, è l’insieme di queste componenti integrate in un approccio strategico che porta a un cambiamento reale e duraturo nell’organizzazione come emerge dal confronto con Aruba, Autostrade per l’Italia, Cellularline, Denodo, digital.ai, Edison, Enel, FOMAS Group, Invitalia, Prysmian e Sopra Steria.

EVOLUZIONE CONTINUA

La trasformazione digitale è la costante del cambiamento. Tuttavia capirne a fondo le problematiche e le ricadute sul piano operativo è una sfida continua. Quando si pensa alla trasformazione digitale il pensiero corre subito alla disponibilità di servizi tramite la rete ed il proprio computer o smartphone. Affinché un servizio sia fruibile, però, è necessario che alcuni passi fondamentali siano realizzati. In primis, serve una infrastruttura di connettività affidabile e sicura. Quindi è necessario che il tutto si basi su informazioni in forma digitale reperibili su basi dati di fornitori diversi. Infine, serve una interfaccia semplice e utilizzabile senza la necessità di essere esperti informatici o dover utilizzare strumenti eccessivamente costosi e complicati. Infrastruttura, digitalizzazione degli archivi cartacei, interconnessione tra basi dati differenti, sicurezza, semplicità d’uso, disponibilità per le “tasche” dell’utente medio. Tanti aspetti di una trasformazione digitale che per definizione sarà sempre un “lavoro in corso” perché sempre nuovi servizi potranno essere aggiunti e integrati. La tavola rotonda di Data Manager dedicata alla trasformazione digitale ha messo al centro del dibattito lo stato dell’arte di un processo irreversibile ma da compiere con consapevolezza ed attenzione per non correre il rischio di lasciare qualcuno indietro. Lo ha fatto mettendo insieme esponenti del mondo pubblico e privato che hanno raccontato le proprie esperienze, dimostrando come solo l’unione delle forze possa portare a un mondo sostenibile dove il digitale svolge un ruolo importante di supporto all’evoluzione organica dell’economia e della società nel rispetto dell’ambiente.

MISURARE LA TRANSFORMATION

Autostrade per l’Italia – come ci spiega Danilo Gismondi, CIO e CDO del gruppo – ha avviato un piano di trasformazione digitale molto ambizioso che fa perno su tre fattori principali di misurazione: la connessione tra processi e copertura digitale, l’analisi di impatto sul business per valutare e comprendere gli effetti della trasformazione sugli stessi, e il monitoraggio sull’adoption delle applicazioni rilasciate. «Per prima cosa, abbiamo definito un piano di copertura digitale del gruppo per misurarci prima, durante e dopo la grande trasformazione, introducendo un indice ad hoc riportato come parte integrante del bilancio di sostenibilità. Inoltre, abbiamo introdotto la Business impact analysis, facendo in modo che questa venga effettuata ex-ante come prassi obbligatoria per la validazione di ogni iniziativa. Il terzo elemento è l’adoption come KPI obbligatorio non solo all’interno dell’IT, ma anche in tutte le strutture di business che esprimono un product owner per le varie iniziative di trasformazione digitale».

Nella pratica, viene condotto un monitoraggio mensile e vengono intraprese azioni mirate per promuovere tutte le iniziative che non raggiungono il target di adozione previsto, cercando di correlare il livello di adozione al ritorno di business atteso. All’accusa che l’introduzione di una tale attività possa rendere meno agile il processo di trasformazione, Gismondi risponde che nei momenti di grande trasformazione digitale il rischio concreto è quello di avere un uso eccessivo del portafoglio e quindi poi un ritorno molto basso dell’investimento rispetto a quanto atteso.

Senza un’adozione completa, non si ha una copertura sufficiente e, di conseguenza, un ROI adeguato. «Sono convinto – continua Gismondi – che questi tre fattori siano anche quelli che dovrebbero essere attivati e monitorati per valutare i servizi offerti ai cittadini dalla PA, soprattutto perché quando si dispone di fondi, è necessario attivare iniziative che possano essere misurate concretamente per ottenere il ritorno atteso e garantire ai cittadini un’esperienza digitale autentica». Questo vale non solo per il settore pubblico, ma anche per le aziende del settore privato, dove per esempio l’esperienza utente deve essere considerata come un miglioramento continuo.

Danilo Gismondi, CIO e CDO di Autostrade per l’Italia

PIÙ VALORE AI SETTORI STRATEGICI

Ma se è pur vero che i fondi oggi ci sono, anche grazie al PNRR, le barriere burocratiche per l’accesso ai fondi sono ancora da più parti considerate presenti. Invitalia è l’Agenzia nazionale per lo sviluppo del MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), che si pone l’obiettivo di dare impulso alla crescita economica del nostro Paese gestendo gli incentivi economici e agendo come centrale di committenza e stazione appaltante per la realizzazione di interventi strategici sul territorio. Solo grazie alla digitalizzazione è stato possibile gestire in modo ottimale ed efficace il carico di lavoro indotto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) facilitando, inoltre, le opportunità di collaborazione tra settore pubblico e privato in modo continuo e proficuo» – afferma Mario Ettorre, CIO di Invitalia. «La gestione degli incentivi prevede l’attivazione di processi piuttosto articolati che sono orientati ad aziende di diversa natura e dimensione. L’esperienza di digitalizzazione in Invitalia è oggi piuttosto avanzata ed ha generato piattaforme, sviluppate dalla nostra software factory, altamente scalabili e sicure consentendo, così, di gestire elevati carichi di lavoro in termini di numerosità di richieste provenienti dai cittadini» – continua Ettorre. «L’interoperabilità e lo scambio dei dati rappresentano una condizione imprescindibile per la completa digitalizzazione dei processi che oggi sono eseguiti in modo distribuito coinvolgendo diversi attori (istituzionali e non).

L’interoperabilità, è, dunque, un ingrediente essenziale per la digitalizzazione dei processi nella loro interezza (end-to-end). L’ingente carico in termini di incentivi gestiti dall’Agenzia è sostenuto con successo grazie alle piattaforme digitali, che contribuiscono a garantire la totale trasparenza dei processi e la tracciabilità dei dati acquisiti e delle informazioni elaborate. Oggi, secondo Ettorre, un progetto non fallisce prevalentemente a causa della mancanza di tecnologie abilitanti ma, piuttosto, a causa dell’utilizzo di metodologie e approcci inadeguati. «Oggi, grazie all’analisi dei dati disponibili, siamo in grado di conoscere le ragioni alla base di alcuni fenomeni di interesse che osserviamo. L’analisi dei dati, inoltre, ci consente di ottimizzare in modo continuo i processi e ci supportano nelle fasi di decision-making indirizzando le scelte dei decisori sulla base delle informazioni desunte dai dati». L’utilizzo di tecnologie, come il machine learning per l’analisi dei dati storici relativi agli incentivi e l’intelligenza artificiale (con particolare riferimento alla Conversational AI) sono, a titolo esemplificativo, concreti strumenti già nelle nostre disponibilità che possono agevolare, se opportunamente adottati, il dialogo sempre più fluido ed efficace tra Pubblica Amministrazione e cittadini.

Leggi anche:  Innovazione e controllo in banca. L’automazione dal volto umano
Mario Ettorre, CIO di Invitalia

L’IMPORTANZA DELLE PIATTAFORME

Enel ha avviato da anni un processo di trasformazione digitale che si basa su due pilastri fondamentali. Da un lato, sfrutta l’ampio utilizzo di infrastrutture digitali per garantire scalabilità e resilienza al business, come dimostrato dall’adozione completa del cloud dal 2019. Dall’altro lato, adotta un approccio alla cybersecurity by design, per assicurare la protezione del perimetro aziendale. Questa trasformazione ha avuto impatti sui sistemi, ma anche sul modo di lavorare che è cambiato per accogliere i nuovi principi. «L’adozione del modello a piattaforma è stata una tappa cruciale per sfruttare appieno il potenziale digitale che Enel ha raggiunto fino ad oggi» – spiega Roberto Bianchessi, responsabile dei servizi di platformizzazione di Enel. Lo sviluppo con modello a piattaforma rappresenta oggi il fulcro della strategia digitale di Enel perché consente di incrementare performance, scalabilità e sostenibilità, impattando tutta la catena del valore. «Il modello – continua Bianchessi – permette di avere accesso facilitato a tutte le basi di dati aziendali, rompendo silos e barriere informative, stimolando la collaborazione e favorendo lo sviluppo di nuovi approcci di business».

Nell’ambito della funzione Global Digital Solutions, la nuova divisione Platformization Services lavora in modo trasversale con tutte le strutture di sviluppo software. Il suo obiettivo è di mettere a disposizione i servizi di piattaforma e garantire la qualità del software, agendo come fornitore dei servizi per le diverse linee verticali dell’organizzazione. L’adozione del modello di piattaforma è supportata dalla Enel Digital Platform, creata internamente da Enel e basata su microservizi. Questo paradigma di sviluppo è fondamentale per massimizzare la flessibilità dell’infrastruttura cloud. La piattaforma è stata sviluppata per fornire un ambiente ottimale ai developer, offrendo loro le risorse e gli strumenti necessari per creare soluzioni digitali innovative.

La piattaforma sviluppata da Enel – spiega Bianchessi – si basa su quattro fondamentali: «È federale, democratica, basata su standard e automatizzabile». Federale perché deve supportare team decentralizzati che lavorano in modo indipendente all’interno di un progetto comune. Tutti i servizi prodotti esistono all’interno dello stesso ecosistema, e sono sviluppati rispettando le regole dell’ecosistema. La piattaforma fornisce metodologie di sviluppo, servizi comuni, e strumenti quali ad esempio un catalogo per consultare i servizi comuni disponibili o tools per guidare i team a raggiungere gli standard di qualità richiesti dalla piattaforma. È democratica in quanto promuove la condivisione dei dati e adotta il Domain Driven Design (DDD) per creare un’unica fonte di verità, eliminando la necessità di replicare i dati in diverse strutture e favorendo così una gestione più efficiente e coesa delle informazioni. La riduzione delle repliche dei dati si traduce immediatamente in una riduzione degli errori, delle incongruenze e dei processi di allineamento dei dati. Il ruolo della piattaforma è quello di abilitare un paradigma comune dove all’interno di ogni dominio i dati sono visti come prodotto. Il dato deve avere determinate caratteristiche: recuperabile, accessibile, di qualità, sicuro, interoperabile, auto-descrittivo.

Lo standard è il pilastro più importante quando si tratta di governance della piattaforma, poiché comporta la definizione delle regole che mantengono l’ecosistema sostenibile, efficiente e gestibile. Ciò si ottiene attraverso strumenti per guidare gli sviluppi (template) e attraverso servizi che alleggeriscono gli sviluppatori da attività non funzionali grazie alla fornitura di kit di sviluppo software della piattaforma. Tutto questo al fine di standardizzare il modo in cui tali attività vengono realizzate. Le scelte architetturali sono dettate anche dai vincoli di standardizzazione: la piattaforma impone un’architettura a microservizi e richiede che ogni sviluppo parta da un modello fornito dalla piattaforma stessa.

Roberto Bianchessi, responsabile dei servizi di platformizzazione di Enel

Infine, l’automazione riguarda tutte le attività a valore aggiunto che si traducono in una riduzione degli errori umani per le attività manuali e ripetitive. Una serie di passaggi sono incorporati nella pipeline di automazione (Continuous Integration / Continuous Delivery) che garantiscono standard minimi di qualità, livelli di sicurezza, unico repository sorgente, conformità agli standard di sviluppo, denominazione, controllo delle versioni e gestione dell’approvvigionamento di risorse computazionali con il paradigma Infrastructure as a code. «Il nostro obiettivo è quello di realizzare una piattaforma in grado di connettere persone e organizzazioni per uno scopo comune, abilitando l’innovazione grazie all’integrazione, dove la collaborazione diventa il motore dell’efficienza abilitando il riuso, elemento che nei prossimi anni diventerà strategico» – conclude Bianchessi.

La platformization è anche la risposta all’eccesiva customizzazione di prodotti di mercato – spiega Giovanni Cauteruccio, CIO e CDO del Gruppo Prysmian – che devono essere utilizzati per le loro specificità ma integrati e governati grazie alla piattaforma. «Molti prodotti di mercato infatti si stanno uniformando facendo ricorso allo sviluppo a microservizi o spingendo l’utilizzo di template». Anche nei Trust Services il concetto di piattaforma è decisamente attuale. Per meglio comprendere come anche nei servizi di firma digitale, posta certificata, conservazione digitale a norma, identità digitale, il mercato Enterprise stia puntando sempre più al concetto di piattaforma, dobbiamo fare un passo indietro e chiederci cosa si intende per digital transformation.

Giovanni Cauteruccio, CIO e CDO del Gruppo Prysmian

«Se facessimo questa domanda a persone diverse, otterremmo una varietà di risposte, tutte potenzialmente corrette» – spiega Andrea Sassetti, AD ArubaPEC & Trust Services director Gruppo Aruba. «La trasformazione digitale è prima di tutto un cambiamento culturale e organizzativo, un vero e proprio cambio di mindset, un approccio all’innovazione che consente di cogliere nuove opportunità di business in cui il digitale e la tecnologia diventano il mezzo attraverso il quale le organizzazioni possono evolvere. I Trust services, quelli che una volta erano chiamati servizi di certificazione, rappresentano la tecnologia che abilita i processi di digital transformation e in generale tutti i processi di dematerializzazione che oggi le aziende stanno attuando». Questi servizi possono essere erogati mediante una specifica tecnologia abilitante da integrare nei processi, quindi come singole funzionalità, oppure mediante un servizio a valore aggiunto che mette insieme diverse features di livello più alto, il tutto offerto da una piattaforma tipicamente “chiavi in mano”, caratterizzata da un disaccoppiamento completo della tecnologia dalle funzionalità erogate. Le soluzioni Trust di Aruba per le organizzazioni enterprise stanno andando in questa direzione. Un esempio consolidato è lo strumento che consente l’implementazione dei processi di firma autorizzativa in collaborazione tra le parti coinvolte nella sottoscrizione, in cui la specifica tecnologia di firma diventa trasparente per l’utente che deve solo seguire una determinata procedura per apporre una firma valida legalmente.

«Questo è solo un primo caso di concetto di piattaforma applicato ai trust services» – spiega Sassetti. «La capacità di separare la complessità della tecnologia sottostante dalle funzionalità da essa esposte di fatto rendono il servizio nel suo complesso sia più resiliente rispetto alle evoluzioni tecnologiche e normative sia completamente innervato nell’ambito di un processo digital by design». La digital transformation riesce quindi a rendere i processi più efficienti, snelli, sicuri, consentendo anche un maggior governo degli stessi e garantendo una riduzione, anche importante, dei costi per l’azienda. Lo sviluppo in un modello a piattaforma rappresenta un nuovo modo di sviluppare, favorisce la creazione di un ecosistema dove si partecipa e aggiunge valore utilizzando qualcosa fatto da altri. La vera trasformazione si raggiunge quando si è in grado di utilizzare dati prodotti da altri senza dover sapere dove si trovano e quali integrazioni richiedono per essere ottenuti. Questo è un obiettivo impegnativo che richiede fiducia e la capacità di creare componenti indipendenti che consentano il riuso e una rapida creazione di soluzioni sul mercato.

Andrea Sassetti, AD ArubaPEC & Trust Services director Gruppo Aruba

CUSTOMER EXPERIENCE

La customer experience rappresenta un’altra componente molto importante della trasformazione digitale, ma per realizzarla in modo compiuto bisogna partire dalla realizzazione degli strumenti abilitanti – come ci spiega Antonella Periti, deputy CIO di Edison. Il processo di trasformazione digitale in Edison è iniziato qualche anno fa guidato dalla volontà del Top management di adottare una strategia cloud per innescare la rivoluzione digitale sia dei processi interni che di nuovi modelli di business, con un focus sulle esigenze delle linee di business. «Il primo ambito prioritario affrontato è stato quello dell’esperienza centrata sul cliente, mediante l’implementazione di una piattaforma dati che centralizza tutte le informazioni relative ai clienti. Questa iniziativa ha consentito di ottimizzare il portafoglio clienti e mitigare i rischi associati. Inoltre, è stato sviluppato un modello dati per comprendere quale fosse l’esperienza ottimale da offrire al cliente».

Leggi anche:  Verso la nuova Europa? Forum in Masseria 2024, prospettive economiche e politiche per l’Italia

L’app My Edison, basata su questa data platform, è stata riconosciuta come miglior prodotto innovativo e sostenibile. I dati sono diventati un vero e proprio asset di valore, e la stratificazione dei dati è ormai diffusa in tutte le aziende. Riuscire a superare le barriere tra i diversi reparti e favorire una democratizzazione dei dati permette di attivare importanti motori di trasformazione.

«Analizzando il Customer Journey del cliente, dall’on-boarding fino alla gestione dei crediti – continua Antonella Periti – l’app permette ai clienti di monitorare i propri consumi così da renderli sempre di più responsabili e consapevoli del proprio comportamento sostenibile nell’utilizzo delle risorse energetiche». Quindi, oltre alla sostenibilità degli impianti, l’app ha contribuito a educare i clienti sull’importanza di un utilizzo consapevole delle risorse, fornendo loro strumenti e informazioni per adottare comportamenti più responsabili. L’esperienza del cliente in un mondo retail B2C è importante, ma lo è anche nell’ambito del B2B. Anche nel caso di Prysmian la centralità dei clienti è importante che non si tratta di clienti finali.

«L’allocazione degli investimenti per la trasformazione digitale si basa su due criteri: se sono utili ai nostri clienti e quindi rappresentano opportunità di business, e se migliorano la produttività delle nostre strutture» – spiega Giovanni Cauteruccio di Prysmian Group. «La trasformazione digitale implica l’offerta di nuovi servizi digitali legati al consumo del nostro prodotto, nonché semplificazione ed efficienza nei processi di riordino e di realizzazione dei progetti, e un miglioramento della qualità del prodotto stesso. «La digital transformation per Prysmian è un supporto incrementale al mestiere che sappiamo fare bene, quello di produrre cavi» – conclude Cauteruccio.

Antonella Periti, deputy CIO di Edison

IL CAPITALE UMANO

La storia ci ha insegnato che l’introduzione di una tecnologia da sola non porta alla vera trasformazione. Sebbene possiamo ottenere una maggiore velocità ed efficienza nei processi produttivi, c’è il rischio di perdere l’opportunità di un cambiamento di paradigma aziendale. Per trasformare la tecnologia in vera innovazione, è necessario creare un ambiente favorevole. Per esempio, la distribuzione dell’energia elettrica è stata un’innovazione, ma è stato il superamento del layout tradizionale delle fabbriche (ovvero non dipendere dalla vicinanza delle macchine alla centrale termica) che ha consentito la produzione in serie.

Allo stesso modo, è stata l’organizzazione del lavoro attraverso la catena di montaggio a fare la differenza. «Il nostro obiettivo è di supportare i manager in grado di cogliere appieno il potenziale della tecnologia digitale e sfruttarla per ottenere il massimo vantaggio» – afferma Flavio Bernocchi, Process & Systems Integration director di FOMAS Group, azienda di riferimento per la produzione di forgiati, anelli laminati e polveri metalliche per diversi settori industriali. L’expertise del Gruppo nella “scienza dei metalli” e nei processi di forgiatura e laminazione risiede nelle persone che vi lavorano e che sono al centro dei processi e dei cambiamenti industriali.

Migliorare le performance è sicuramente un obiettivo, ma anche immaginare un cambio di paradigma è uno sforzo che deve essere compiuto. «Quindi in un periodo in cui veleggia la minaccia della sostituzione dell’uomo da parte della tecnologia, FOMAS investe nelle persone, nella cultura aziendale, stimolando un, mindset change che permetta di vedere un sensore non soltanto come fonte di informazioni ma come principio ispiratore per una trasformazione digitale» – spiega Bernocchi.

«La digital transformation si realizza mediante l’intervento simultaneo sulle tecnologie, sulle persone e sui processi. La tecnologia, infatti, può essere utilizzata per migliorare l’efficienza e la pianificazione senza necessariamente comportare un cambiamento di paradigma. Per esempio, consideriamo le numerose commesse elaborate ogni anno sugli stessi impianti: grazie all’impiego dell’intelligenza artificiale, è possibile ottimizzare la condivisione delle attrezzature attraverso una migliore pianificazione. Al contrario, l’introduzione della manifattura additiva rappresenta un autentico cambio di paradigma e quindi un mindset change».

FOMAS Group ha investito in questo cambiamento, impiegando il suo know-how metallurgico per affiancare alla produzione di forgiati e anelli laminati, quella di polveri metalliche, destinate principalmente all’additive manufacturing. Ed è proprio grazie all’intervento attuato non solo sui processi e sulle tecnologie, ma anche sulle persone che si possono ottenere nuovi business come MIMETE: un investimento greenfield il cui modello prevede sia la produzione di polveri in leghe base nichel, acciaio e cobalto, sia secondo specifiche standard sia customizzate. «I processi produttivi di MIMETE sono ben lontani da quelli tradizionali della forgiatura e laminazione» – spiega Bernocchi. «La trasformazione digitale è qualcosa di concreto e in continua trasformazione che vede la tecnologia, le persone ed i processi come un tutt’uno».

Flavio Bernocchi, Process & Systems Integration director di FOMAS Group

TRASFORMARE I PROCESSI

Ridurre la complessità dei processi ancora prima di digitalizzare è molto importante. La digitalizzazione dell’utilizzo dei dati per la vendita e l’approvvigionamento dei prodotti è diventato un fattore essenziale per la crescita del business. «La tecnologia rappresenta sempre un’opportunità significativa, tuttavia è necessario affrontare dei trade-off» – spiega Massimo Marabese, Group CIO di Cellularline. «Essere cauti nell’introduzione della tecnologia in azienda e nella società evita di creare false aspettative o timori infondati».

Massimo Marabese, Group CIO di Cellularline

Anche per Maurizio Viziano, account director di digital.ai, la trasformazione digitale non è un obiettivo ma un insieme di fattori di cambiamento, e va governata nel suo complesso. «Il ciclo di vita di produzione del software rappresenta un fattore fondamentale per la trasformazione digitale. Attualmente, le aziende utilizzano in media da tre a cinque strumenti digitali per svolgere le stesse attività» – continua Viziano. «È importante avere una visione completa, partecipazione attiva, fiducia e consapevolezza dell’attuale panorama tecnologico per poter definire un percorso di trasformazione efficace. L’impiego di sensori nelle diverse fasi dei processi consente di comprendere e attivare una trasformazione basata sui dati reali. Successivamente, è possibile applicare l’intelligenza artificiale predittiva, che sfrutta sia questi dati che le specificità di ogni singola azienda, per fornire suggerimenti e indicazioni utili».

Maurizio Viziano, account director di digital.ai

L’approccio alla trasformazione digitale varia notevolmente da un’azienda all’altra. «Differenze nelle strategie aziendali e nelle priorità, settori industriali e mercati specifici, risorse finanziarie e umane disponibili, cultura aziendale e resistenza al cambiamento, regolamentazioni e normative di settore» – spiega Federico Chieppa, Salesforce practice leader di Sopra Steria Italia. «È interessante sfruttare i singoli driver di trasformazione per provocare cambiamenti nei processi. Senza un ritorno tangibile, la trasformazione rischia di diventare un esercizio sterile» – continua Chieppa. «Come system integrator, uno dei nostri compiti quotidiani è aiutare i clienti a definire indicatori che possano aiutarli a valutare i benefici di una trasformazione e convincere così i vertici a investire nel cambiamento e nell’innovazione».

Federico Chieppa, Salesforce practice leader di Sopra Steria Italia

IL MOTORE DELLA TRASFORMAZIONE

La trasformazione digitale passa dai dati. «Il modo migliore per comprendere l’importanza dei dati è confrontarli con il mondo fisico» – spiega Andrea Zinno, data evangelist di Denodo. «Nel mondo fisico interagiamo con il nostro ambiente attraverso i nostri cinque sensi, che generano stimoli e impulsi nervosi. Nel mondo digitale, invece, interagiamo attraverso sensori, telecamere e altri strumenti simili, e i dati rappresentano gli stimoli digitali prodotti da questi strumenti». Questo parallelo è molto significativo, e il data evangelist prosegue con il suo ragionamento. «Spesso non si presta sufficiente attenzione al fatto che guardare e vedere sono due cose diverse: guardare è un’attività che può essere sia fisica che digitale, mentre vedere è un’attività di comprensione logica. Un’azienda non si basa solo sui dati, ma sulle decisioni che prende sulla base di tali dati. È importante esplorare quella zona grigia che si trova tra i dati, le rilevazioni e le decisioni» – continua Zinno. «Ma è fondamentale saper gestire questa zona grigia in modo efficace». La tecnologia svolge un ruolo chiave nel semplificare questa gestione, e la chiave per indirizzare la zona grigia è mettersi nei panni dell’utente dei dati. «Una piattaforma di gestione dei dati deve essere in grado di gestire in modo intuitivo i dati necessari. La tecnologia deve offrire soluzioni che aiutino a comprendere il significato dei dati e le loro interconnessioni, tenendo presente che in media un’azienda utilizza solo il 15% dei dati a sua disposizione. Non è sempre necessario eliminare completamente i silos di dati, ma è sufficiente renderli comunicanti e integrati».

I dati sono come i mattoni nell’edilizia. I dati non hanno valore in quanto tali, ma per quello che aiutano a costruire. «In azienda, i dati hanno valore se si trasformano in conoscenza» – afferma Bernocchi di FOMAS Group. La conoscenza si sposta nel tempo e influenza i processi e i modelli di business, ed è per questo che il manager deve affidarsi sempre più sull’interpretazione del dato. «I dati che hanno un maggiore impatto sui processi aziendali non sono tanto quelli raccolti internamente, che sono utili per migliorare le performance interne, ma quelli provenienti dall’esterno dell’azienda» – spiega Bernocchi. «Questi dati esterni includono informazioni sia sui nostri prodotti sia sul customer journey. È importante considerare questi dati esterni, poiché possono fornire preziose informazioni per l’ottimizzazione dei processi e il miglioramento complessivo delle performance aziendali».

Leggi anche:  Webinar - Storie di cybersecurity

I processi aziendali richiedono una costante revisione e devono essere accompagnati da programmi di change management. In un contesto in continua evoluzione, l’esperienza del manager nell’interpretare il business ha sempre meno valore: si basa su ipotesi obsolete e modelli superati. Per comprendere il nuovo mondo, sono necessarie grandi quantità di dati. Il manager deve prendere decisioni in un contesto che non è interpretato personalmente, ma da un algoritmo guidato da un data scientist. L’organizzazione diventa più snella. Un po’ come in Star Trek alla scoperta di nuove galassie» – commenta Bernocchi. «Le persone che raccolgono e interpretano le informazioni sono sul “ponte di comando” insieme al capitano Kirk. Questa evoluzione richiede, però, un nuovo stile di leadership».

Andrea Zinno, data evangelist di Denodo

SICUREZZA E FORMAZIONE

L’incremento della digitalizzazione e l’installazione di sensori e dispositivi IoT espongono le aziende a nuove vulnerabilità. «Gli investimenti in cybersecurity sono aumentati in modo esponenziale – spiega Antonella Periti di Edison – ma il problema non è solo tecnologico. Il punto debole è rappresentato dal fattore umano. Agire sulla cultura aziendale, però, può essere l’antidoto» – afferma Periti. «Edison sta investendo notevolmente in iniziative formative e informative per affrontare questa sfida. Occorre sfatare la diffidenza nella tecnologia e incrementare la fiducia nella tecnologia a supporto della sicurezza in quelle fasce di utenti meno digitali». Proprio come proteggiamo le chiavi di casa, dobbiamo prestare attenzione alle nostre chiavi digitali. Dobbiamo evitare che i nostri dati e la nostra identità digitale siano rubati, proprio come non vorremmo che un ladro entrasse nella nostra casa. La legislazione da sola non è sufficiente. Così come desideriamo che i ladri che entrano in casa siano puniti, vogliamo che chi accede al nostro spazio digitale subisca le stesse conseguenze. Recuperare gli oggetti rubati in un furto reale è difficile, ma il recupero dei dati rubati digitalmente può essere ancora più complesso. Pertanto, è necessario agire a livello culturale, formativo e informativo per proteggerci adeguatamente.

«Quando parliamo di processi aziendali che trattano un numero elevato di dati, spesso anche sensibili, la digitalizzazione di questi processi diventa strategica per il business dell’azienda» – spiega Sassetti di Aruba. «Nel momento in cui andiamo a portare in digitale i processi pre-esistenti o a pensare a processi digital by-design il non ripudio, ossia la validità legale dei documenti che vengono gestiti, firmati, trasmessi e conservati, diventa elemento fondamentale per poter riporre fiducia nel processo che stiamo digitalizzando. Ecco cos’è il trust nei processi di digital transformation: garantire la validità legale e l’opponibilità a terzi dei dati trattati nei processi aziendali». Non esiste la soluzione migliore, esiste solo la migliore soluzione per soddisfare quell’esigenza in quel determinato caso d’uso.

«Per trasformare le abitudini bisogna fare un grande atto di umiltà interne alle aziende per comprendere se si è customer-driven» – aggiunge Gismondi di Autostrade per l’Italia. «Anche in considerazione del fatto che i primi clienti di un’azienda sono i propri dipendenti». Cambiare le abitudini è possibile, ma è sempre faticoso. Effettuare una trasformazione digitale implica necessariamente un cambiamento e richiede pianificazione accurata e informazioni adeguate a facilitarne l’adozione.

La trasformazione digitale si realizza influenzando le abitudini attraverso strumenti sia tradizionali che digitali. Integrare tutte le numerose app che contribuiscono a questa trasformazione può essere una sfida titanica. Per raggiungere la trasformazione digitale con successo, è fondamentale avere una conoscenza approfondita e prendere decisioni consapevoli. Questo include un’attenzione particolare alle informazioni raccolte durante il percorso di trasformazione. «La conoscenza di dettaglio degli strumenti e del proprio percorso di sviluppo applicativo garantiscono la capacità di prendere decisioni consapevoli, e in piena autonomia – spiega Viziano di digital.ai – elementi che sono cruciali per il raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale».

CONCLUSIONI

Non dobbiamo dimenticare l’importanza delle infrastrutture nel processo di digital transformation. Per Mario Ettorre di Invitalia immaginare un percorso di digital transformation, mantenendo le distanze dalle infrastrutture, è un po’ come suonare la decima di Beethoven, l’incompiuta. «È fondamentale continuare a investire nell’infrastruttura e nella formazione» – afferma Gismondi di Autostrade per l’Italia. «La trasformazione digitale richiede solide fondamenta che permettano a tutti di accedere ai servizi digitali, superando le barriere legate alle differenze culturali o geografiche».

I processi di trasformazione digitale si scontrano non di rado con ostacoli culturali e burocratici. «In questo contesto, è fondamentale avere il supporto di consulenti che abbiano una conoscenza approfondita del settore specifico – afferma Chieppa di Sopra Steria – allo scopo di favorire un’adozione adeguata». La vera trasformazione digitale si realizza giorno dopo giorno. «I criteri si evolvono nel tempo e si adattano costantemente» – spiega Cauteruccio. «In Prysmian sono stati modificati i criteri relativi alla scelta dei prodotti, introducendo parametri di sostenibilità sia a livello di sviluppo che di produzione e smaltimento, inclusi quelli software». La trasformazione digitale è sempre più correlata alla sostenibilità. «Se da un lato il digitale è un facilitatore della transizione energetica, dall’altro è anche un consumatore di risorse la cui richiesta aumenta esponenzialmente di anno in anno» – avverte Bianchessi di Enel. «Pertanto, è importante pensare fin da subito a modelli digitali sostenibili che riducano l’impatto delle risorse nel ciclo di vita del software». Trasformazione, digitale e sostenibilità: tre concetti ormai inseparabili.

«La trasformazione digitale abilita temi di sostenibilità e la sostenibilità abilita necessità tecnologiche digitali» – conclude Marabese di Cellularline, ponendo l’accento sul modo in cui viene utilizzato il digitale. «Dobbiamo fare attenzione al rovescio della medaglia: se il digitale abilita pratiche virtuose, deve essere sostenibile anche di per sé».

Foto di Gabriele Sandrini


Point of view

Intervista ad Andrea Sassetti AD ArubaPEC & Trust Services director Gruppo Aruba: Specialisti in Trust Services

Intervista ad Andrea Zinno data evangelist di Denodo: Logical data management

Intervista a Maurizio Viziano account director Italia – digital.ai: La trasformazione con una marcia in più

Intervista a Federico Chieppa Salesforce practice leader di Sopra Steria Italia: L’experience sostenibile e su misura