Dalla società alle aziende, passando per il mercato ICT in trasformazione. Relazioni di fiducia, sostenibilità, gestione delle risorse, costi e partner. Come governare sfide e complessità, agendo sui driver del cambiamento
Nel caos dei cambiamenti che stiamo vivendo, è confortante ritrovare alcune certezze. Negli ultimi anni, la customer experience (CX) si colloca sempre al primo o secondo posto come area di investimento tecnologico. E quasi l’80% dei digital leader a livello mondiale ritiene che i dati siano estremamente importanti per raggiungere gli obiettivi di CX. Ma a che punto siamo con la valorizzazione dei dati dei clienti? E con le pratiche di gestione? Con l’accelerazione degli eventi e degli stili di vita, come cambia il valore dei dati? Un esempio: secondo un’indagine IDC condotta a dicembre 2022, tre aziende su quattro a livello mondiale ritengono che la maggior parte dei dati raccolti nelle interazioni con il cliente perda il suo valore nel giro di pochi giorni, se non di poche ore.
Per il futuro possiamo aspettarci un’evoluzione dei principi di relazione e di customer data management verso quello che IDC definisce “Customer data value exchange”: un paradigma che per le aziende significa mettere al centro il dato come fondamento di una trusted relationship, andando oltre gli sforzi non sempre ripagati della data collection. Tassello a cui si aggiunge l’obiettivo della valorizzazione interna alle aziende, per superare il limite dell’uso finalizzato o dell’utilizzo confinato a un singolo processo. Non può mancare, infine, il denominatore comune delle tecnologie innovative che abilitano condivisione, scalabilità, real-time.
Questo è un fotogramma di quello che osserviamo da una finestra immaginaria che ci mostra un istante di trasformazioni della nostra sfera clienti e della società. Alle nostre spalle, un insieme di meccanismi complessi – architetture, processi, persone, attori di varia natura – operano incessantemente per creare, produrre, ingegnerizzare, trasformare prodotti e servizi. E lo facciamo con fatica: le ultime indagini IDC rivelano che più della metà delle aziende europee soffrono e sono sotto pressione nell’attrarre risorse e talenti. Lo skill shortage rimane un problema.
I DRIVER DEL CAMBIAMENTO
Tra i driver del cambiamento ritroviamo sempre la sostenibilità. Secondo le stime IDC, in Europa gli investimenti in use case sustainability-related cresceranno più del doppio tra il 2022 e il 2026. Stiamo parlando di tutte quelle iniziative finalizzate a dare un contributo alle grandi cause ambientali e planetarie, attraverso mitigazione dei rischi, ottimizzazione, controllo e monitoraggio delle risorse naturali e non di cui il sistema economico e la società si avvalgono. Percorsi che sosterranno spese in molti ambiti ICT, dai servizi di consulenza agli sviluppi progettuali, dalla generazione di nuovo software a pacchetto o custom fino alle infrastrutture. La gestione delle risorse ICT e digitali poggia già sul cloud che continua la sua marcia inarrestabile. Verso quali direzioni e con quali implicazioni? Sono in crescita tutte le componenti del mercato cloud, in particolare l’ambito Platform as a Services (PaaS) è previsto correre a ritmi superiori agli altri grazie, per esempio, alla continua richiesta di strumenti e tool che aiutano a velocizzare i processi di sviluppo applicativo e digitale.
Nel complesso, nell’orizzonte 2021-2026 la spesa public cloud services in Europa si prevede crescerà al ritmo medio anno del 22%. Un fenomeno che sta assumendo connotati sempre più importanti, e già nel 2022 ha raggiunto un’incidenza di quasi un terzo sull’intera spesa tecnologica nel nostro continente. Una trasformazione che avviene tanto nelle aziende che ridisegnano l’IT in chiave multicloud, quanto nella proposizione dell’ecosistema dell’offerta, ovvero nelle regole di funzionamento dell’industria ICT. Nello stack tecnologico delle imprese, la digitalizzazione amplia la portata della sfera software e applicazioni, dove si gioca in contemporanea la doppia partita dei nuovi sviluppi e della migrazione, che passa per la modernizzazione cloud-native degli ambienti tradizionali. Una sfida molto complessa per ogni organizzazione.
In termini aggregati, IDC stima che a livello europeo la spesa in cloud software crescerà a tal punto da superare la quota non-cloud entro il 2024. A sostenere il trend, sono appunto i processi di cloud migration che porteranno investimenti in diverse aree di questo mercato, dal software infrastrutturale alla sicurezza, alle piattaforme dati, AI, alle soluzioni di collaborazione. In modo speculare, sull’onda di queste dinamiche anche il mondo dei Servizi IT continua la propria trasformazione. Per accompagnare il cliente lungo il cloud journey, i service provider sono già impegnati nell’espandere le proprie capacità sia sul fronte dei servizi professionali sia per quanto riguarda i managed services e i servizi di supporto. Nel complesso, il mercato dei cloud-oriented services ha superato un quarto della spesa totale in servizi in Europa nel 2022.
COSTI E RISCHI IN AUMENTO
Da alcuni anni, questi cambiamenti stanno ponendo una serie di interrogativi rispetto alla capacità delle aziende di affrontare trasformazioni IT di questa portata con adeguati approcci anche in termini di controllo e governance finanziaria. Questione che si sta facendo sempre più critica anche in considerazione dei fenomeni macroeconomici e inflazionistici. La IDC’s Q4 2022 Cloud Pulse Survey ha raccolto alcuni trend interessanti. Da un lato, il 57% delle aziende mondiali (dato in crescita rispetto all’anno precedente) conferma l’elevata strategicità delle trasformazioni IT necessarie per supportare le direzioni strategiche del business. Con i fenomeni inflattivi e congiunturali che impattano l’intera società e sistema economico, è inevitabile ritrovare ripercussioni anche nella catena del valore dei servizi cloud. Il 45% registra un incremento nel costo dei servizi cloud in senso lato (dai modelli public alle risorse per gli ambienti private cloud, incluso costi legati alle operation, personale, gestione datacenter).
Apparentemente, sembra esserci poco da fare se non “ribaltare” aumenti più a valle nella catena del valore. Tuttavia le aziende hanno alcune leve su cui agire quantomeno per mitigare gli impatti, a partire da percorsi di misurazione, ottimizzazione delle performance, controllo e governance. Più in generale, queste iniziative servono anche per ridurre i rischi che gli sforzi già elevati non si traducano in fallimenti. Occorre subito accelerare sullo sviluppo di pratiche FinOps e CloudOps. La nuova sfida infatti non è solo l’aumento dei costi in sé, quando il rischio che questi vadano a minare il valore dei servizi cloud che si è costruito nel tempo, anche nelle percezioni interne alle aziende. Già oggi, infatti, il 55% delle aziende mondiali ritiene che i fenomeni inflazionistici abbiano un impatto negativo sul ROI dei servizi cloud. Circa un quarto delle imprese misura già il cloud ROI nell’ambito delle IT performance, e il circa il 21% integra già questa metrica nell’ambito delle performance aziendali complessive. Queste aziende, più avanti nel percorso, sembrerebbero le più esposte, tuttavia, la maggiore maturità consente di raccogliere velocemente segnali, interrogarsi sulle dinamiche in atto e intervenire, a differenza del resto del mercato che non avendo ancora sviluppato pratiche e processi adeguati potrebbe riscontrare con un certo ritardo le ripercussioni di iniziative non pienamente governate. Iniziative che sappiamo rimangono comunque indispensabili per il funzionamento degli ingranaggi della digital economy.
L’ECOSISTEMA DEI PARTNER
Queste e altre complessità rimettono al centro ancora una volta l’importanza del cosiddetto ecosistema di canale, ovvero il tessuto ICT che opera sui territori e che rappresenta la prima (a volte l’unica) interfaccia verso le aziende. I provider di infrastruttura e software non possono rinunciare al ruolo fondamentale dei partner. I modelli diretti continueranno ad evolvere e a crescere via via che le aziende si sposteranno sempre più verso il cloud. Ma il ruolo di cerniera dell’ecosistema di canale rimarrà importante, ancora più trasformato ma cruciale. Secondo le previsioni IDC, entro la fine del 2023 circa il 58% della spesa software totale in Europa transiterà dal canale. E nel 2026, circa la metà della spesa infrastrutturale (server, storage) sarà generata da questo ecosistema. I vendor continueranno ad aver bisogno di terze parti in grado di rimanere connesse con un tessuto di aziende ampio e in costante evoluzione, ascoltare i bisogni e sviluppare soluzioni e servizi che rivestano con valore le componenti tecnologiche in gioco.
Fabio Rizzotto VP, Europe South lead, Consulting and Custom Solutions di IDC