Processo creativo, programmazione e diritto d’autore. L’intelligenza artificiale come alleato o minaccia per gli artisti? Il percorso di ricerca di Bearnie, stella nascente della scena musicale internazionale
Chi ha letto i miei articoli sa che mi interesso da sempre all’Intelligenza artificiale, ma sa anche che l’utilizzo che ne faccio è solitamente concentrato a una dimensione prettamente scientifica. Più di recente mi ha affascinato la popolarità sempre più diffusa dell’AI anche tra chi non è addetto ai lavori. Questa nuova notorietà è soprattutto legata agli usi più creativi resi alla portata di tutti grazie ad OpenAI, in particolare nel mondo delle immagini con DALL-E e il mondo del testo grazie a ChatGPT. Mentre su questi temi, abbiamo già riflettuto, ho voluto prendermi del tempo per approfondire l’uso dell’AI in un altro ramo creativo che sicuramente appassiona tutti: la musica. Ad accompagnarmi in questa ricerca, Bearnie al secolo Bernadette Contini, giovane artista emergente che da anni lavora e collabora con vari artisti di fama internazionale e importanti case discografiche.
Come utilizzi l’AI nel tuo lavoro?
«Ho iniziato a interessarmi di intelligenza artificiale già quando studiavo Audio Production a Londra all’università. Durante questo percorso, sono stata introdotta a Max MSP, un linguaggio di programmazione visuale per musica e multimedia, uno spazio infinitamente flessibile per creare il proprio software interattivo, ed ho avuto l’opportunità di conoscere anche uno dei programmatori di Melodyne, software che consente di manipolare l’intonazione, il tempo e la formante di una traccia audio nota per nota. Come artista, produttrice e figlia di un editore musicale, ho avuto l’opportunità di osservare l’ampio impiego dell’intelligenza artificiale (AI) in diversi settori dell’industria musicale. Ho collaborato e confrontato le mie esperienze con numerosi professionisti del settore a tutti i livelli, tra cui professori, produttori, compositori, autori, mixeristi e masterizzatori. Utilizzo quotidianamente programmi che assistono i processi del mio lavoro. Questi strumenti possono analizzare e manipolare vari elementi di un brano musicale, come livelli, equalizzazione, compressione e riverbero, per contribuire a ottenere un mix dal suono professionale, velocizzando così questi step nella creazione di un brano. Ritengo comunque che l’orecchio umano e la visione artistica siano ancora fondamentali per prendere decisioni creative e garantire che il mix finale raggiunga l’impatto emotivo desiderato. Insomma, per come lavoro io, l’umano rimane la mente, l’AI fa da braccio destro che aiuta a realizzare le idee dell’umano più in fretta».
Credi che l’AI possa fare tutto il lavoro?
«Attualmente, non esiste un’intelligenza artificiale in grado di eseguire l’intero processo di produzione di un brano musicale di alta qualità senza l’intervento umano. Però, può già suggerire elementi interessanti a livello creativo. Negli ultimi mesi, si è molto parlato di brani generati dall’intelligenza artificiale che utilizzano voci di artisti famosi, come per esempio Drake o The Weeknd. Questa pratica ha talvolta ingannato gli ascoltatori, facendo loro credere di essere di fronte a una nuova produzione, quando in realtà si tratta di una creazione dell’AI. Tale fenomeno ha scatenato un acceso dibattito tra gli esperti riguardo alla potenziale violazione del copyright».
Quali sono le implicazioni in materia di diritto d’autore?
«L’AI opera addestrandosi su un’ampia serie di dati, vale a dire le melodie e i testi di musica già esistenti. Questo implica una alta possibilità di replicare anche solo parzialmente i prodotti già esistenti di altri autori, portando a possibili violazioni. Se consideriamo però che le regole che consentono di attribuire l’originalità di un’opera sono abbastanza benevole in quanto si può “copiare” un’alta percentuale di piccole porzioni di melodie esistenti, modificandone solo una parte, e soprattutto che abbiamo a disposizione un repertorio enorme di musica di pubblico dominio che può essere, in gran parte, trasformata e copiata – si capisce che esistono ampi margini di discrezionalità che consentono di operare senza correre il rischio di essere accusati di plagio. Non esistono ancora regolamentazioni che stabiliscano i limiti su cosa sia consentito o vietato addestrare l’intelligenza artificiale in questo ambito. Tuttavia, è importante notare che l’intelligenza artificiale impara anche dalle librerie di musica fornite dagli esseri umani, inclusi materiali protetti da copyright. La Universal Music Group, per questo motivo, ha chiesto ai servizi streaming di bloccare brani che ricreano le melodie o le voci dei loro musicisti perché costituirebbero una minaccia di pirateria. In risposta a questa problematica, l’Ufficio statunitense per il diritto d’autore (USCO) ha chiesto il parere del pubblico su come la legge dovrebbe applicarsi alle opere su cui l’AI si allena e su come l’ufficio dovrebbe trattare tali opere. Allo stesso tempo, è importante considerare che l’AI rappresenta uno strumento prezioso per combattere la pirateria».
I musicisti dovrebbero aver paura di diventare irrilevanti o di essere sostituiti dall’AI?
«Alcuni vedono l’AI come possibile minaccia in quanto temono che la tecnologia possa sostituire l’artista o l’autore di brani, mentre altri pensano che sia un semplice strumento che si inserirà nel processo creativo di compositori e produttori. Si discute se l’AI aiuti o ostacoli il processo creativo e se porti a una musica priva di emozioni. Tuttavia, il ruolo più innovativo dell’AI sarà probabilmente quello di nuovo mezzo che sposterà la musica verso formati più adattivi e reattivi. Negli ultimi anni, si è diffuso il lo-fi, un sottogenere della musica elettronica caratterizzato da una struttura semplice e ripetitiva, basata principalmente su loop. In questo contesto, sono emersi generatori di brani guidati dall’intelligenza artificiale che contribuiscono a rendere l’AI un autore di rilievo. La popolarità del lo-fi come musica per playlist di studio e concentrazione, da utilizzare come sottofondo, ha ulteriormente accentuato questo fenomeno. Piattaforme come Spotify e Apple Music, invece di promuovere gli album di artisti, propongono playlist basate su categorie di stato d’animo. Questa catalogazione della musica in categorie come “chill”, “sad” e “dreamy” addestra l’ascoltatore e il pubblico generalista a fare affidamento su queste piattaforme di streaming per scegliere cosa ascoltare. Questo approccio mette a dura prova l’industria musicale, poiché si basa su algoritmi banali e pervasivi.
Per alcuni, questa tendenza potrebbe facilitare la diffusione di brani prodotti dall’AI, sostituendosi a quelli realizzati da artisti umani. Secondo altri, questo fenomeno non dovrebbe destare preoccupazione in quanto i brani generati dall’IA mancherebbero di originalità, passione, autenticità e anima. È importante considerare che l’industria musicale è fortemente influenzata dal marketing e dalle pubbliche relazioni, il che pone l’artista in contatto diretto con il pubblico e crea un’esperienza che va oltre la sola musica. Questo aspetto è difficile da replicare con l’intelligenza artificiale».
L’AI rimarrà uno strumento al servizio degli artisti?
«Si, io la penso così. A livello creativo, l’AI rende possibile l’espansione di idee e l’analisi della proposta del mercato per costruire un prodotto a breve termine in modo efficiente. Dal punto di vista dell’industria musicale, è fondamentale produrre un prodotto che piaccia a un vasto pubblico. A differenza del passato, in cui la produzione di musica per una nicchia ristretta di pubblico poteva essere interessante, oggi non è più economicamente sostenibile. Pertanto, è essenziale comprendere le caratteristiche musicali che piacciono al grande pubblico. Proprio per questo motivo, l’assistenza nell’accelerare i tempi di creazione di un brano e la pianificazione della sua promozione sul mercato tramite l’intelligenza artificiale sono diventate quasi indispensabili. L’AI può svolgere un ruolo importante anche nei processi più creativi, ma personalmente credo e spero che continueremo a cercare una connessione completa con l’artista in un modo che l’AI non sarà in grado di replicare. Spero che questa connessione possa essere mantenuta anche nelle altre industrie creative».
Nella sinfonia dell’intelligenza artificiale, la musica si fa eterea, le note si trasformano in algoritmi, e l’armonia diventa un’armonia binaria. Ma, nel cuore di questa sinfonia digitale, l’anima della musica continua a risuonare, perché è l’essenza umana che dà vita alle melodie che l’intelligenza artificiale impara a suonare. Parola di ChatGPT.