Tutta la storia dell’uomo è scandita da un incessante susseguirsi di piccole grandi innovazioni tecnologiche che hanno in genere migliorato e in alcuni casi rivoluzionato la vita delle persone. Ognuna di esse ha richiesto più o meno tempo per perfezionarsi e diffondersi.
Negli ultimi venti anni, il mondo intorno a noi è cambiato grazie a quella rivoluzione digitale che sta investendo ormai ogni ambito del nostro quotidiano e le cui molteplici applicazioni sono penetrate nella nostra routine, dandole per scontate. Questo a tutti i livelli: privato, pubblico, aziendale. Eppure, proviamo soltanto a pensare a come cambierebbero la nostra vita e tutta l’organizzazione della società globale in cui viviamo se da un momento all’altro qualcuno spegnesse l’interruttore sul digitale e su tutta l’enorme quantità di dati che esso genera.
Questa rivoluzione può essere facilitata dall’intelligenza artificiale che permetterà di migliorare il lavoro di tutti, di ridurre gli errori e di aumentare le aree di ottimizzazione. Siamo, dunque, entrati nell’era della Human capacity: il digitale, in tutte le sue forme, avrà un impatto positivo, ma modificherà le nostre attività a tal punto da esigere una completa riorganizzazione dei criteri di competitività. I nuovi piani industriali delle aziende italiane mettono bene in evidenza questa tendenza alla digitalizzazione che si inserisce nelle nuove strategie di business, consentendo di costruire una nuova economia. L’intelligenza artificiale nella sua innovativa veste cognitiva sta appunto aprendo le porte a un nuovo rapporto uomo-macchina.
Secondo i dati dell’ultima rivelazione Istat, le frontiere dell’intelligenza artificiale sono già percorse da un cluster, che diverrà sempre più consistente, di aziende italiane. In questa indagine, le piccole e medie imprese che utilizzano l’AI sono il 5,3%, con un 5,6% nella manifattura, un 5,3% nei servizi e un 4,9% nelle costruzioni. Per il totale delle imprese, l’utilizzo di soluzioni di AI sale al 15,4% tra le imprese attive nel settore dell’ICT e registra una maggiore diffusione nelle telecomunicazioni (18,1%), nell’informatica (16,9%) e nella produzione di computer e prodotti di elettronica (15,7%).
La nuova visone dell’Industry 5.0 mira a conciliare la crescita produttiva con il benessere del lavoratore, ponendolo al centro del processo produttivo. Molte aziende italiane stanno, infatti, aderendo a questa direttiva, sostenuta dalla Commissione europea. L’intelligenza artificiale diverrà, dunque, uno strumento per trasformare il mondo aziendale in human-centric poiché la sua applicazione sarà funzionale a far lavorare meglio le persone, per esempio automatizzando attività di routine o supportando le persone laddove il proprio lavoro debba avvenire in ambienti “estremi”.
Il prossimo futuro non vedrà un conflitto tra uomo e intelligenza artificiale, ma l’essere umano la userà per risolvere problemi. In questo contesto, sarà fondamentale avviare iniziative di formazione aziendale che permettano alle risorse di integrare le loro competenze con le nuove tecnologie di intelligenza artificiale che grazie a sistemi sofisticati riescono ad avere un’applicazione sempre maggiore in tutti i settori.
Per continuare questo percorso di transizione, le aziende devono necessariamente iniziare dalla costruzione di un’opera importante: la loro strategica roadmap di adozione dell’intelligenza artificiale. Il potenziamento della Human capacity permetterà un radicale percorso di cambiamento, talmente importante e trasformativo che non vi sarà più alcuna attività non toccata dalla trasformazione digitale. L’ottimizzazione che ne deriverà sarà dunque una rivoluzione.
Tullio Pirovano, presidente esecutivo di Gruppo Lutech