Come innovare l’organizzazione, ingaggiare i talenti e immunizzare la forza lavoro dal pericolo cyber, mettendo al centro contemporaneamente le persone, il business e la trasformazione digitale per migliorare processi, collaborazione e obiettivi
Il binomio capitale umano e trasformazione digitale, inteso non solo come tecnologia, ma anche come innovazione di modelli organizzativi, produttivi e manageriali diventa centrale nel percorso intrapreso dalle imprese verso il miglioramento complessivo delle performance dei team IT e di Business. Tuttavia, la gestione delle risorse e del capitale umano nel suo complesso (HR e HCM) è ancora poco data-driven. Le aziende e le direzioni HR sono chiamate a ridisegnare la propria strategia sia in termini di recruiting, formazione continua e incentivazione per attrarre e trattenere le persone in azienda, sia in termini di produttività adottando gli strumenti e le soluzioni più adatte per migliorare i processi. Il cambiamento del lavoro e della sua organizzazione coinvolge tutti i settori industriali e i ruoli chiave anche in regioni high-tech intensive. Un cambiamento a diverse velocità dettato dall’evoluzione dell’organizzazione nella direzione dei nuovi modelli di hybrid work e dalla mancata corrispondenza tra domanda e offerta in campo digitale. Promuovere la collaborazione significa migliorare i risultati del team e quindi il raggiungimento degli obiettivi, grazie all’adozione di strumenti e ambienti di lavoro che facilitano la comunicazione e la condivisione di conoscenze, l’inclusione in tutti gli ambiti, sicurezza compresa, in modo da trasformare il fattore umano da anello debole a prima linea di difesa contro le minacce cyber in costante crescita. La sfida è fare per la gestione delle persone quello che le realtà più avanzate hanno fatto per l’Industria 4.0.
OLTRE I LUOGHI COMUNI
Sull’argomento del futuro del lavoro e della gestione smart delle HR, ci sono diversi luoghi comuni che dominano ciclicamente il dibattito. Quando si parla di lavoro ibrido non c’è in ballo solo l’automazione e l’efficienza dei processi, la riduzione dei costi e la sicurezza delle connessioni, ma anche la sostenibilità, l’inclusione, la crescita personale e professionale. I modelli che ci hanno accompagnato negli ultimi 50 anni non sono più validi. Tecnologia, persone e workspace rappresentano le nuove dimensioni del lavoro ibrido. Dipendenti motivati e produttivi sono la chiave per imprese più resilienti ai cambiamenti. Tuttavia, la maggioranza delle aziende globali non ha ancora definito una strategia chiara sul lavoro ibrido. Secondo gli analisti di IDC, il nostro futuro lavorativo sarà definito dalla capacità – guidata dalla tecnologia – di supportare il continuo cambiamento innescato dalle sfide dei mercati e della società. Entro il 2025, IDC prevede infatti che il 65% delle grandi aziende considererà la presenza online (o virtuale) della forza lavoro alla pari della presenza reale, disarticolando completamente la dimensione del luogo della prestazione dalla definizione di ambiente di lavoro. Gli investimenti per supportare questa evoluzione valgono quasi un miliardo di dollari nel 2023, con un aumento del 18,8% rispetto al 2022.
Le organizzazioni rigide si dimostrano troppo lente nel rispondere ai cambiamenti delle condizioni di mercato (fonte: IDC Future Enterprise Resiliency & Spending Survey). A causa dello skills gap a livello europeo, le imprese hanno perduto 188 miliardi di dollari, mentre un dipendente su tre è impegnato nella ricerca di un nuovo lavoro. «Le organizzazioni che stanno sostenendo i modelli di lavoro ibridi continuano con la migrazione al cloud e investono in tecnologie di digital workspace cloud» – spiega Roberta Bigliani, Group VP, head of Insights and Future of Work Practice executive lead di IDC Europe. Inoltre, la maggior parte delle organizzazioni pianifica di riprogettare i luoghi fisici per affrontare le sfide del lavoro ibrido, con in testa il settore dei servizi finanziari. La flessibilità dei modelli di lavoro significa un nuovo modo di orchestrare l’organizzazione per adattarla non solo alle esigenze delle aziende e del mercato, ma anche per garantire una maggiore libertà e autonomia nella gestione del tempo e delle responsabilità. Questo tipo di flessibilità ha una portata veramente rivoluzionaria e rappresenta un elemento discriminante di scelta, al pari della retribuzione.
AUTOMAZIONE E FLESSIBILITÀ
La gestione delle risorse umane è uno dei processi più critici e strategici per l’azienda. Dal punto di vista aziendale, la flessibilità dei modelli di lavoro permette di migliorare la collaborazione tra i team, l’accesso più sicuro e controllato alle risorse e un supporto IT più efficace e tempestivo per le sedi remote. «L’automazione sta diventando sempre più integrata nel lavoro quotidiano» – continua Roberta Bigliani di IDC Europe. «Circa il 21% delle attività è già svolto dai cosiddetti “colleghi digitali”. E si prevede che l’84% delle aziende utilizzerà piattaforme low-code. L’automazione sta cambiando in meglio l’esperienza lavorativa dei dipendenti. Pertanto, le organizzazioni devono accelerare le strategie di automazione e i piani di implementazione per rimanere competitive». Le aziende hanno finalmente compreso il legame stretto che c’è tra l’esperienza dei dipendenti (EX) e l’esperienza del cliente (CX). Circa il 62% sta misurando l’impatto che il miglioramento dell’EX ha sulla customer experience. Tuttavia, il 72% dei leader aziendali e dei professionisti IT ritiene che il mondo del lavoro in evoluzione esponga l’organizzazione a rischi ancora maggiori. Alle direzioni HR viene chiesto di metter in campo progetti di engagement e di valorizzazione sempre più calati sulle persone e sulle loro reali esigenze – spiega Fabio Plebani, marketing manager & sales account di Intelco. «Le nuove leve prediligono avere obiettivi chiari, raggiungibili e sempre sfidanti, anziché orari fissi e caratterizzati da attività a poco valore aggiunto. Ed è proprio qui che gli strumenti per la collaborazione delle risorse e il raggiungimento degli obiettivi diventano fondamentali». L’aumento dell’efficienza nei processi di lavoro è strettamente correlato al miglioramento dell’esperienza dei dipendenti come spiegano Andrea Tavarone, solution sales manager e Francesca Olivieri, solution consultant – Employee Experience di ServiceNow Italia. Produttività e coinvolgimento contribuiscono alla riduzione dei costi operativi connessi alla gestione dei flussi di lavoro aziendali. Le organizzazioni hanno l’imperativo di fornire una piattaforma per l’esperienza dei dipendenti a tutto tondo e che consenta la connessione con tutte le risorse aziendali: persone, dipartimenti, sistemi. Tuttavia, la sovraesposizione tecnologica e comunicativa che caratterizza il contesto in cui viviamo oltre a incidere sul benessere delle persone, può certamente avere un impatto sulla produttività e sul coinvolgimento dei dipendenti.
INNOVAZIONE E CAPITALE UMANO
Il lavoro e la sua organizzazione cambiano. Gli stessi concetti di gestione delle HR e di capitale si evolvono. «Sviluppare un approccio intelligente alla gestione delle risorse umane – spiega Giulia Bonsignore, HR Business Partner di EOS Solutions – significa comprendere come le persone e la tecnologia possono lavorare in sinergia per migliorare l’esperienza lavorativa delle persone e la produttività dell’azienda. Ciò richiede un’attenta analisi dei bisogni specifici della popolazione aziendale e della strategia organizzativa, adottando una logica di personalizzazione nella scelta delle soluzioni tecnologiche più idonee per soddisfare le reali esigenze organizzative». L’adozione di piattaforme self-service, per esempio, consente ai dipendenti di accedere facilmente alle informazioni relative alle loro prestazioni e di richiedere permessi e ferie in modo rapido e semplice. Anche l’accesso alla formazione per affrontare le criticità legate alla sicurezza e alla protezione di identità e accessi può essere reso più democratico ed efficiente attraverso piattaforme e-learning che permettono di allenare le competenze sia tecniche che soft. «L’AI può aiutare a prevedere le esigenze di formazione dei dipendenti, a identificare i talenti interni e ad automatizzare i processi di selezione dei candidati» – continua Giulia Bonsignore. «L’automazione del lavoro, invece, può essere utilizzata per ridurre il carico di lavoro dei dipendenti e migliorare l’efficienza del team».
La coniugazione di innovazione e capitale umano passa attraverso la trasformazione della logica di gestione delle persone. In particolare – come spiegano Andrea Tavarone e Francesca Olivieri del team Employee Experience di ServiceNow Italia – mettere le persone al centro, abilitandole a essere autonomamente produttive e coinvolte anche grazie a una tecnologia adeguata, consente l’evoluzione del ruolo delle funzioni aziendali tradizionalmente deputate al supporto, che possono diventare così “partners” e non più solo “amministrativi”. Innovazione e capitale umano sono due aspetti strettamente interconnessi. «La tecnologia gioca un ruolo fondamentale sia offrendo strumenti e soluzioni utili a migliorare l’efficienza e la produttività dell’organizzazione sia supportando lo sviluppo di un approccio smart alla gestione delle risorse umane» – spiega Nicoletta Migliaccio, marketing & communication manager di Techyon. «La tecnologia può fornire tool per la valutazione delle competenze e soluzioni per la formazione continua che possono supportare i collaboratori nel consolidamento delle skill tech e digital, e nell’adeguamento alle nuove esigenze del mercato del lavoro».
Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia con il progetto “Make a new future” mette al centro contemporaneamente le persone, il business e la trasformazione digitale. «Le aziende, compresa la nostra, hanno assoluta esigenza di agilità» – afferma l’HR Business Partner manager Romina Cristallo. «E questa trasformazione, che è anche digitale, parte dalla re-ingegnerizzazione dei processi produttivi, ma anche dal cambiamento culturale che coinvolge tutta l’organizzazione. L’innovazione è uno stato mentale e un atteggiamento da adottare sempre, indipendentemente dall’interlocutore, che sia cliente o collaboratore. La predisposizione all’innovazione comincia dalla formazione e si rafforza con un mix che solo un’impresa può offrire. Noi abbiamo sviluppato sia il “mix di genere” che il “mix di età”, due gestioni che permettono di valorizzare in modo produttivo tutte le risorse aziendali. Riteniamo che l’approccio inclusivo nei confronti di ogni genere ed età sia molto smart, e i risultati ottenuti ci danno ragione. L’esperienza, la diversità dei punti di vista, la varietà di formazioni e culture creano un mix innovativo di alta qualità che si traduce in ottimi risultati sia sul mercato che nel mantenimento dei giovani talenti». Secondo Francesco Mascini, operations manager di Wospee, il lavoro ibrido ha portato miglioramenti in termini di retention dei dipendenti e work-life balance, ma anche l’esigenza di cambiamenti strategici e soluzioni adeguate. «Digitalizzare la gestione HR con strumenti rispondenti ai nuovi approcci è il trend da seguire. Talent attraction & management, approccio people-centric, sicurezza ed accessibilità sono gli ambiti in cui le aziende devono sfruttare le tecnologie digitali per guidare la trasformazione del lavoro».
CLOUD, AI E LEADERSHIP CONTAGIOSA
I modelli di lavoro ibridi ridefiniscono i processi e necessitano di architetture, soluzioni e strumenti adatti per aumentare l’efficienza e migliorare le performance delle persone anche in ambienti lavorativi complessi. «Negli ultimi anni, le aziende italiane si sono trovate catapultate in quella che viene chiamata “Hybrid work era”. Dopo la pandemia – spiega Massimo Pegori, CTO di Inaz – la priorità era conciliare due spinte opposte. Da un lato l’esigenza di far tornare le persone in ufficio e dall’altro di continuare a garantire lo smart working, una modalità alla quale molti lavoratori non sono più disposti a rinunciare, per non parlare dei talenti da attrarre, per i quali far parte di un’organizzazione arretrata sul lavoro agile è semplicemente improponibile». Di fronte a questo scenario, le direzioni HR devono interrogarsi non tanto su quali siano le modalità di lavoro “giuste” o “sbagliate”, perché non c’è una risposta univoca. «Serve invece darsi degli obiettivi chiari e condivisi – continua Pegori – scegliendo la configurazione adatta alle proprie esigenze, nonché flessibile, adattabile anche a mutamenti di scenario imprevisti, come il caro-energia insegna. Infatti, molte aziende che stavano tornando a privilegiare il lavoro in presenza si sono trovate a rivedere le proprie scelte». Gli obiettivi su cui riflettere per prendere decisioni strategiche sono molteplici: «Non si tratta solo di favorire la produttività individuale e la continuità operativa degli utenti – spiega Pegori – ma anche di migliorare la dematerializzazione dei processi, la mobility, la collaboration, la formazione a distanza».
Per aumentare la qualità del lavoro e sostenere la trasformazione digitale in corso, è fondamentale scegliere le giuste tecnologie: «Il cloud in primis, vero e proprio fattore abilitante per lo smart working – sottolinea Pegori – ma anche l’AI, in forma di assistenti virtuali e strumenti per migliorare l’accessibilità alle applicazioni anche in condizioni di mobilità. Senza mai perdere di vista l’aspetto della sicurezza, non solo per quanto riguarda la corretta gestione dei dati e dei dispositivi (anche in logica BYOD), ma investendo sulla formazione e sulla consapevolezza delle persone che utilizzano le nuove tecnologie nel loro lavoro quotidiano». Secondo Andrea Tavarone e Francesca Olivieri del team Employee Experience di ServiceNow Italia, il modello ibrido è qui per restare. Le nuove generazioni, soprattutto la GenZ, sono alla ricerca di aziende in grado di fornire quanta più flessibilità possibile. Questo comporta la necessità di ridefinire costantemente processi, soluzioni e ambienti di lavoro. Le organizzazioni dovranno essere in grado di adattarsi in maniera repentina ai cambiamenti se vogliono aumentare e rendere più efficienti le performance aziendali, allo stesso tempo, dovranno rendersi appetibili alle nuove generazioni (Millennials e GenZ) per riuscire a rimanere competitive ed accrescere il proprio business. Le direzioni HR dovranno quindi chiedersi come rendere sempre più attrattivo il proprio brand all’esterno, incrementandone la percezione interna e aiutando a ridisegnare gli spazi aziendali, a “consumo” delle nuove generazioni.
Il lavoro ibrido necessita di un approccio manageriale diverso. «Per “l’autogestione” sono fondamentali impegno e responsabilità più ampie e solide di quelle necessarie in un modello gerarchico» – afferma Romina Cristallo di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia. «In azienda, abbiamo disegnato un’organizzazione agile appoggiata sul doppio binario: business e people. Il cambiamento non si impone. Tutti devono percepire la necessità di trasformazione per migliorare sé stessi, i team di appartenenza e, come naturale conseguenza, tutta l’azienda. L’impegno alla trasformazione deve essere comune e deve avere degli sponsor autorevoli e riconosciuti. La leadership deve essere spontanea e contagiosa. In azienda, ci siamo posti la questione dell’impatto dei nuovi modelli lavorativi sia sulle persone sia sui risultati, ma le risposte sono nate spontaneamente dal coinvolgimento di tutta la popolazione. L’employee experience si è omologata alla customer experience, traendone lo spirito, e al tempo stesso. la prima, ormai, rappresenta la chiave di successo per guidare la seconda».
COME ATTRARRE I TALENTI
Per Filippo Guidotti Mori, director di AlixPartners, società di consulenza globale, specializzata nella creazione di valore e nel miglioramento della performance, la flessibilità è sicuramente un elemento che non deve mancare nella value proposition di un’azienda per attrarre e trattenere i talenti, soprattutto per i profili digitali. «Il remote working, che è diventato uno dei principali criteri di scelta del posto di lavoro per molte categorie professionali, è invece un pre-requisito non negoziabile per i profili digitali» – afferma Guidotti Mori. Altro fattore di flessibilità è quello dell’orario di lavoro: «Trovare schemi alternativi part-time è un altro elemento di crescente interesse per i lavoratori. Infine, prevedere la possibilità di prendere periodi sabbatici è un’altra componente da tenere in considerazione, soprattutto nell’ottica di accrescere l’inclusività». Tuttavia, la flessibilità non è l’unica variabile. «E probabilmente, sarà sempre più un elemento non differenziante per le aziende che devono puntare su fattori di engagement dei dipendenti» – continua Guidotti Mori. «Pertanto, l’identificazione con il brand e il prodotto o il servizio sarà sempre più un elemento distintivo in ottica di attrazione e di retention». Anche la job rotation assume un ruolo chiave nel trattenere i talenti. «Soprattutto in relazione ai profili digitali che per loro natura sono attratti dallo sviluppo di nuovi progetti e dall’innovazione» – spiega Guidotti Mori. «A tal fine, oltre ad aver inserito strutturalmente la job rotation all’interno dei percorsi professionali, alcune aziende tech prevedono contest interni o l’assegnazione di un basket di ore da dedicare allo sviluppo di idee e proposte per l’azienda».
Infine, rimangono fondamentali i fattori legati allo sviluppo professionale, come il percorso di carriera e la formazione. «Quest’ultima nello specifico – sottolinea Guidotti Mori – assumerà sempre più un ruolo strategico anche per l’azienda, perché il mismatch tra domanda e offerta di profili digitali impone di guardare a professionisti non STEM da formare internamente». Il mercato del lavoro è estremamente volatile. In questo contesto – secondo Andrea Tavarone e Francesca Olivieri del team Employee Experience di ServiceNow Italia – perdere un talento significa non solo perdere competenze e “memoria storica”, ma anche dover iniziare un processo di reclutamento difficile e dispendioso in termini economici e di tempo. Le risorse con elevate competenze digitali sono diventate estremamente appetibili sul mercato e il rischio di perdere risorse estremamente skillate sul digital e di rimanere con personale meno avvezzo alla tecnologia va incrementandosi giorno dopo giorno. D’altra parte, poter valorizzare capacità e compente presenti in azienda attraverso l’assegnazione o il match più opportuno può diventare un fattore di differenziazione competitiva.
Per ciò che riguarda l’attrazione di nuovi talenti – secondo gli esperti di ServiceNow – “il momento zero della verità” di un dipendente appena assunto è il periodo di onboarding, che diventa un effettivo banco di prova non solo per l’HR, ma per tutta l’organizzazione. Rendere produttivi e ingaggiati i nuovi dipendenti fin dall’inizio, grazie a tecnologie adeguate e al passo con l’esperienza digitale fuori dal lavoro, è un sicuro elemento di retention dei talenti. Allo stesso modo, la tecnologia può supportare le aziende nella retention, andando a valorizzare le risorse già presenti in azienda, individuando dove le competenze risiedono e allocandole nei ruoli più idonei per la loro espressione. L’obiettivo di ServiceNow è quello di rendere la tecnologia un fattore abilitante per le persone e il business. Secondo Nicoletta Migliaccio di Techyon, il digital mismatch, inteso come la discrepanza tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle possedute dai lavoratori, è un fenomeno evidente già da tempo. Il rapporto Digital Economy and Society Index (DESI), recentemente pubblicato dalla Commissione europea, mostra che la percentuale degli italiani con competenze digitali inferiori a quelle di base si assesta al 54%. E le piccole e medie imprese italiane sono ancora troppo poco digitali, anche secondo i dati Istat. «Per colmare questo gap le imprese possono investire nella formazione continua dei propri collaboratori affinché riescano ad acquisire le competenze necessarie» – afferma Nicoletta Migliaccio. «Per esempio, si possono utilizzare tool avanzati, come piattaforme di e-learning e di valutazione delle competenze, ma è anche possibile sviluppare corsi interni o instaurare partnership con istituti di formazione esterni».
Secondo Francesco Mascini di Wospee, le nuove generazioni cercano un ambiente di lavoro stimolante, possibilità di crescita e un employee experience positiva. «Sistemi di recruiting, gestione performance e career planning sono indispensabili per mantenersi competitivi sul mercato del lavoro e per costruire un team di collaboratori motivato». Inoltre, le persone desiderano essere riconosciute per le loro competenze – continua Mascini – «non solo attraverso processi di valutazione e piani di carriera strutturati, ma anche con modalità più dinamiche. Strumenti per le survey interne tra dipendenti o funzionalità di peer-to-peer recognition fanno sentire i collaboratori parte di un team in cui il contributo individuale è valorizzato». Lavorare da remoto e attraverso una pluralità di sistemi differenti comporta anche grande attenzione alla sicurezza. «Accesso affidabile alle risorse aziendali e scambio sicuro di dati sono condizioni fondamentali per il lavoro ibrido. Gli strumenti utilizzati devono essere quindi best-in-class in termini di sicurezza e compliance alle policy, assicurando allo stesso tempo un’accessibilità costante alle informazioni».