Fiducia e tecnologia come asset della digital economy per proteggere il valore delle imprese da shock e lock-in futuri guidando il cambiamento verso un sentiero di sviluppo sostenibile
Fidarsi è bene non fidarsi è meglio? Il dilemma della fiducia si ripropone in maniera drammatica nelle società complesse. Non è il ritorno alla normalità che avevamo immaginato. Dopo le previsioni di crescita per il 2022 vicino al 4% e la riduzione di un punto del debito pubblico, le imprese si trovano nuovamente a fare i conti con altre emergenze sistemiche causate dallo shock dei prezzi dell’energia e il peggioramento del quadro internazionale. La buona notizia è che possiamo usare la tecnologia per utilizzare meglio le risorse, prevedere il rischio, adattarsi al cambiamento. Parlare di fiducia in questo contesto può sembrare una provocazione ma senza fiducia domina l’incertezza e l’incertezza blocca ogni tipo di crescita.
Mentre assistiamo al passaggio dalla strategia dell’unità alla tattica delle fughe in solitaria, il vero pericolo è la desertificazione delle imprese. Natura e tecnologia sono come le placche tettoniche: creano terremoti. L’emergenza è uno shock sistemico imprevisto che oblitera abitudini, comportamenti, modelli e ogni tipo di eredità del passato, sistemi legacy compresi, facendo emergere nodi infrastrutturali mai risolti. Se lo shock è “piccolo” lo assorbiamo e ce ne dimentichiamo subito, se è medio ci adattiamo, se è alto ci trasformiamo. Accanto all’unità di crisi dobbiamo pensare a una unità di resilienza per preparare il terreno, proteggere le imprese, promuovere gli investimenti, prevenire i rischi e trasformarsi per rispondere al cambiamento. Questo in sintesi il messaggio chiave dell’edizione 2022 di WeChange IT Forum, l’evento annuale di Data Manager, quest’anno in partnership con PwC Italia.
COME GUIDARE IL CAMBIAMENTO
La capacità di limitare la dipendenza dalle importazioni e di utilizzare in modo efficiente tutte le risorse di approvvigionamento – energetiche, produttive, logistiche, finanziarie, umane e di calcolo – richiede anche una nuova capacità di governance per assicurare continuità al sistema, quando tutte le previsioni si dimostrano sbagliate o insufficienti. Per ridurre il rischio di nuove dipendenze e lock-in servono investimenti adeguati nelle varie fasi della catena del valore. Le pipeline energetiche e di dati attraversano tutto il mondo. Dobbiamo trovare il modo di stare insieme senza costruire nuovi confini o nuove barriere.
L’Europa mira a dare maggior forza alle imprese e ai cittadini per un futuro digitale incentrato sulla persona e sulla sostenibilità, puntando su servizi cloud, big data, connettività, sicurezza e intelligenza artificiale. Secondo Goldman Sachs, per abbattere la dipendenza dalla Cina nel settore delle batterie dei veicoli elettrici, come è successo per il gas con la Russia, l’Europa e gli Stati Uniti dovranno investire entro il 2030 almeno 160 miliardi di dollari. Anche il cloud è un’istanza globale. Con Gaia-X è già partita la sfida del cloud europeo che contribuirà a creare anche a una visione più coesa della nostra Europa. Tale visione porterà a una convergenza della regolamentazione, elemento necessario per estendere le collaborazioni economiche e rafforzare la posizione dei vendor europei come veri “campioni” di fronte ai colossi americani e asiatici.
La prima lezione da imparare è che parliamo da anni di cultura dei dati, ma i dati vanno raccolti, puliti, resi omogenei, distribuiti e interpretati, non solo spostati. In caso contrario, non sono uno strumento per decidere ma solo un alibi su cui scaricare le responsabilità di decisioni sbagliate. La seconda lezione è che esiste una gerarchia dei diritti costituzionalmente garantiti: la salute, la mobilità delle persone, la libertà di impresa, il diritto alla privacy. Il bilanciamento tra questi diritti è questione politica non tecnica. La terza è che per proteggere il business delle nostre imprese è necessario essere pronti ad affrontare nuove discontinuità.
Per questo, serve una mappa del rischio a 360 gradi per orientarsi ed essere consapevoli delle scelte. La trasformazione digitale accelera nell’emergenza. Ma l’emergenza non è il terreno più adatto per coltivarla. Le imprese sono sul confine o in mezzo al guado, immerse nel cambiamento e alle prese con un quadro economico di grave incertezza. Le imprese e le persone cambiano solo quando sono costrette a farlo, quindi le crisi sono un’opportunità ma anche una necessità per fare un salto in avanti ma non per tornare al punto di partenza.
LE PRIORITÀ DELLA TRASFORMAZIONE
La politica per decidere guarda all’economia e l’economia guarda alle risorse tecnologiche. La complessità e la sicurezza, che si traducono in capacità di governance e di controllo, sono le sfide che ci attendono dietro l’angolo. Nella terra di mezzo della trasformazione dove tutto sembra facile, veloce e prevedibile, le scorciatoie possono portare su sentieri pericolosi. La stessa Agenzia Europea per l’Ambiente ha puntato il dito contro l’attuale modello di crescita. Secondo la Banca di Inghilterra, il cambiamento climatico avrà impatti sulla stabilità finanziaria. Entro il 2030 dovremo installare circa 70 GW di impianti di energia rinnovabile. La siccità, le ondate di calore anomalo e le alluvioni che hanno investito l’Europa ci ricordano l’urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso. In un Pianeta con risorse limitate, la fisica finirà per dettare le scelte all’economia e alla politica. Dobbiamo ripensare gli obiettivi, in linea con l’agenda 2030 dell’ONU, e cambiare anche i criteri per misurare questi obiettivi. L’insostenibilità ambientale interagisce con quella economica e sociale e viceversa, perché tutto è interconnesso. I sistemi complessi interagiscono fra loro e generano nuovi equilibri. Ogni equilibrio è una condizione sempre precaria, continuamente distrutta e continuante ricreata. Dobbiamo prendere ispirazione dalla Natura: cambiare le foglie, garantendo agilità alla struttura; risolvere problemi con il minimo consumo di energia; distribuire l’intelligenza nelle radici, mantenendo il controllo a livello centrale. E soprattutto eliminando le differenze che creano squilibrio perché nessuna trasformazione è a costo zero e nessuno squilibrio può durare per sempre e prima o poi è destinato a esplodere.
POLITICA, ECONOMIA E TECNOLOGIA
Trasformazione digitale, transizione energetica e sostenibilità sono collegate in un framework basato sul bilanciamento di tutti i fattori. Un gioco complesso che funziona solo se è a somma zero. Ma la velocità del cambiamento non deve travolgere le imprese e le persone. Resiliente, agile, connessa, sicura così deve essere l’IT in un contesto di crescente complessità. Il limite del calcolo è la velocità. Il limite della comprensione è l’ignoranza. Il limite delle previsioni è la misurazione. La capacità di previsione degli strumenti non può essere assunta come decisione, ma deve essere mediata dalla capacità di distinguere, comprendere le relazioni di causa-effetto, discernere tra le finalità da perseguire. Una responsabilità che è tutta umana. Per questo, mai come adesso serve la politica. La tecnologia non è mai completamente neutra, non è solo calcolo, ma anche sguardo sul mondo: e tra lo sguardo del poeta e quello del falegname che guardano lo stesso albero c’è differenza. Dobbiamo essere resilienti ma la resilienza ha un prezzo. La tecnologia è lo strumento per fare le scelte giuste, per creare vantaggio, ridurre le differenze, bilanciare costi e benefici, governare i rischi che creano squilibri e nuove dipendenze. Solo l’unione delle forze può contribuire a trovare un nuovo punto di equilibrio tra forze in gioco. Ma l’equilibrio è una proprietà nuova del sistema che non conosciamo ancora.
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