Ormai da qualche anno siamo tutti nel bel mezzo di uno tsumami tecnologico. Camminiamo su un filo che si fa sempre più sottile: da un lato la sensazione di compiere molte azioni con estrema facilità, quasi senza fare fatica, a volte senza neanche pensare.
Dall’altro il rischio di essere fagocitati dalla tecnologia e, soprattutto, di ritrovarci ingannati e depredati dei nostri beni più preziosi. Un periodo indubbiamente molto eccitante, anche perché in continua trasformazione, ma che è al contempo molto rischioso. L’intelligenza artificiale si sta sostituendo sempre più a quella dell’uomo, le macchine ormai stanno prendendo il sopravvento sulle nostre vite, private e professionali, e i vari device ci suggeriscono soluzioni a volte anche prima che un problema si presenti.
Sembra un mondo fantastico ma, come ci ricordano i saggi, tutto ha un prezzo e l’ombra di questa grande luce tecnologica può essere molto spaventosa e trasformarsi nel peggiore degli incubi. È un po’ come camminare in un bosco incantato dove però c’è sempre un lupo in agguato. Basta distrarsi e in un attimo, anzi in un click, si finisce dritti nella sua tana. È dunque doveroso essere il più possibile consapevoli dei rischi molto concreti che si corrono quando si amoreggia in modo troppo spensierato con la rete, ma soprattutto essere attenti a non farsi mai sorprendere impreparati.
Gli attacchi cyber, che hanno come obiettivo il furto di dati sensibili, di denaro o il danno di immagine per le aziende e le organizzazioni, vedono negli ultimi anni una crescita costante e inarrestabile. Gli ultimi dati elaborati dai ricercatori del Clusit, Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica, e relativi ai primi sei mesi del 2022, hanno rilevato 1.141 attacchi cyber gravi, una crescita dell’8,4% rispetto al primo semestre del 2021. L’Europa è bersaglio del 26% degli attacchi complessivi, nel 2021 erano il 21per cento.
Il paradosso è che, pur parlando del protagonismo sempre più ingombrante della dimensione cibernetica, non si può fare a meno di sottolineare come la vera chiave di volta sia comunque l’elemento umano: da una parte ci sono i criminali informatici, autori degli attacchi, uomini in carne e ossa che utilizzano strategie offensive sempre più sofisticate, e dall’altra ci sono le vittime, gli utenti raggirati che, con i loro comportamenti non adeguati alla complessità della sfida, e il loro analfabetismo digitale, rappresentano l’anello debole della catena. Sono proprio loro, la maggior parte delle volte, ad aprire inconsapevolmente la porta agli hacker, facendoli accomodare dentro casa e fornendo loro le chiavi della cassaforte. Una tendenza già molto evidente negli anni passati ma che in questi ultimi due anni, con le trasformazioni provocate dalla pandemia nella maggior parte dei settori lavorativi, ha toccato livelli molto preoccupanti.
La media complessiva italiana di attacchi gravi nel primo semestre di quest’anno è stata di 190 al mese, con un picco di 225 registrati a marzo, il valore più alto mai verificato. Il pericolo è concreto ma la soluzione esiste. Si tratta di agire proprio su quel punto debole rappresentato dal fattore umano e rafforzarlo, fino a trasformarlo in una solida barriera difficile da aggirare. La strada è quella di predisporre programmi formativi efficaci di Cyber Security Awareness nei quali l’utilizzo di tecnologie innovative nell’ambito multimediale, dell’intelligenza artificiale e del machine learning siano strumenti fondamentali per un addestramento veramente efficace.
Solo conquistando una corretta postura digitale e una padronanza delle azioni compiute in rete, ogni utente può essere messo nelle condizioni di fare la sua parte contro il crimine informatico trasformandosi da anello debole a portone blindato in grado di dare filo da torcere anche all’hacker più scaltro.
Gianni Baroni amministratore delegato di Cyber Guru