Risparmio di costi e risorse, migliore impiego delle persone e maggiore soddisfazione dei clienti. Le soluzioni basate sull’artificial intelligence sono sempre più strategiche in ambito aziendale e sempre più diffuse. Tuttavia, esiste ancora un divario tra grandi imprese e PMI

L’artificial intelligence (AI) può accrescere la produttività delle aziende in molti modi. Nella robotic process automation, l’intelligenza artificiale sostituisce gli esseri umani dove è costoso o poco produttivo impiegarli. Nel decision management è usata in situazioni gestibili automatizzando i processi decisionali. Grazie al machine learning, usando piattaforme dedicate, i computer possono imparare senza essere appositamente programmati: algoritmi avanzati consentono l’apprendimento dai dati. I sistemi di intelligenza artificiale sono utili, dunque, a molteplici scopi: per verificare l’identità o il distanziamento di una persona in contesti sensibili; capire testi complessi e analizzarli, individuando il sentiment di quanto è stato scritto, per scopi di marketing, evidenziando potenziali criticità; analizzare i flussi turistici; individuare profili di rischio dal settore creditizio a quello previdenziale; monitorare, prevenire e prevedere le condizioni di salute e di cura; estrarre informazioni sulle immagini con livelli sempre più alti di astrazione e comprensione del contesto.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano il mercato dell’intelligenza artificiale, in Italia, è cresciuto, nel 2021, del 27% sull’anno precedente, toccando i 380 milioni di euro, un valore raddoppiato in soli due anni. Il 76% dei progetti di intelligenza artificiale è stato commissionato da imprese italiane (290 milioni di euro), il restante 24%, pari a 90 milioni di euro, ha riguardato l’export di progetti. Nell’ultimo anno la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento in materia di intelligenza artificiale per disciplinare lo sviluppo, l’uso e la commercializzazione di queste tecnologie. Anche l’Italia ha fatto passi avanti, avviando il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale, che identifica le politiche da implementare nel prossimo triennio per potenziare il sistema AI nazionale. Un terzo del mercato dell’artificial intelligence in Italia (il 35%) riguarda progetti di algoritmi per analizzare ed estrarre informazioni dai dati (Intelligent Data Processing, a quota +32% rispetto al 2020). Seguono le soluzioni per l’interpretazione del linguaggio naturale con il 17,5% del mercato (+24%) e gli algoritmi per suggerire ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze (Recommendation System), con un’incidenza del 16% (in aumento del 20%). In crescita sull’anno precedente (+34%), sono anche chatbot e virtual assistant, che si aggiudicano il 10,5% di investimenti e iniziative di computer vision, che analizzano il contenuto di un’immagine in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione (l’11% degli investimenti, in crescita del 41%). Infine, il 10% del mercato è costituito da soluzioni con cui l’AI automatizza alcune attività di un progetto e ne governa le fasi (Intelligent Robotic Process Automation).

DIVARIO TRA AZIENDE

Considerando le imprese in base alla loro dimensione, emerge un divario nell’adozione dell’AI. Tra le grandi aziende, 6 su 10 (il 59%) hanno avviato almeno un progetto di intelligenza artificiale, mentre tra le PMI solo il 6% delle società ha fatto partire progetti di questo tipo. Nel 4% dei casi si tratta di sperimentazioni, solo nel 2% le attività sono a regime. Nelle grandi imprese c’è molta dinamicità, dal momento che negli ultimi dodici mesi sono aumentate le sperimentazioni. Scendono al 13% le grandi aziende che non hanno intrapreso iniziative di AI e crescono quanti hanno avviato progetti pilota (18%). Quasi invariato è il numero di quanti dispongono di almeno un progetto esecutivo (41%, contro il 40% del 2020) e di chi è interessato a introdurre iniziative di AI in futuro (il 27%, era il 25% nel 2020). Solo il 5% dei consumatori italiani non ha mai sentito parlare di intelligenza artificiale. Anche se il tema è noto al 95% degli utenti, spesso le conoscenze sono superficiali e solo il 60% sa riconoscere le funzionalità di AI nei prodotti/servizi utilizzati. L’80% dei consumatori esprime un giudizio positivo riguardo all’intelligenza artificiale, anche se rimangono preoccupazioni legate a privacy, impatto sul lavoro ed etica.

DUE LINEE DI EVOLUZIONE

In uno scenario condizionato dalla crisi dei semiconduttori, che ha portato l’attesa per una scheda o un chip hardware per l’intelligenza artificiale a una media di 35 settimane, si evidenziano due linee di evoluzione tecnologica per l’artificial intelligence. La prima riguarda l’interesse per la data analysis, che consente di integrare ed elaborare in tempo reale dati di tipo eterogeneo. Una seconda tematica da considerare, nell’evoluzione del design delle soluzioni di artificial intelligence, è la sostenibilità. Alcune ricerche hanno evidenziato che l’1% del consumo mondiale di energia riguarda i data center su cui sono eseguiti molti algoritmi di intelligenza artificiale. Inoltre il training di una rete neurale profonda può portare alla stessa generazione di CO2 di 5 automobili durante la loro vita. La sostenibilità energetica entra, quindi, a far parte del design delle soluzioni di intelligenza artificiale e nel futuro avrà un ruolo sempre più rilevante dal punto di vista algoritmico.

Leggi anche:  AISURU, soluzione AI del Gruppo E, si allea con Docuverse per integrare nell'AI dati destrutturati

SPINTA COMPETITIVA

Anche secondo IDC il mercato dell’artificial intelligence è in evoluzione. «A livello tassonomico – spiega Giancarlo Vercellino, associate director research & consulting di IDC Italia – IDC distingue tra le data platform in cui l’intelligenza artificiale e il machine learning hanno un ruolo centrale (come le soluzioni di big data analytics) e le applicazioni potenziabili dagli algoritmi, ma che svolgono un altro mestiere (come le tradizionali applicazioni di office automation, che possono acquisire funzioni più sofisticate tramite l’integrazione con moduli pre-addestrati). Se guardiamo alle applicazioni specializzate che stanno trasformando la data governance e le DataOps aziendali, IDC stima, in Europa Occidentale, un mercato intorno ai 20 miliardi di euro nel 2022 che potrebbe più che raddoppiare nei prossimi tre anni. In questo contesto, in Italia si stanno formando solide competenze e una comunità di sviluppatori e analisti sempre più importante».

Le esigenze delle imprese, in termini di intelligenza artificiale, variano in base alle loro dimensioni. «Quando parliamo con le aziende di intelligenza artificiale, predictive analytics e machine learning, le necessità delle imprese sopra i 250 addetti si focalizzano su aumento della soddisfazione dei clienti, efficientamento dei processi IT, miglioramento dei processi di innovazione e sviluppo di nuovi prodotti» – continua Vercellino. «A guidare le aspettative delle imprese italiane sono sempre le tensioni competitive che caratterizzano il settore di riferimento. Quando parliamo con le imprese manifatturiere si guarda all’ottimizzazione della supply chain, quando ci interfacciamo con le aziende della distribuzione l’attenzione si sposta sull’efficacia del forecasting, quando dialoghiamo con il mondo finanziario le esigenze si spostano sull’accelerazione dei processi decisionali. Alle logiche di settore si sovrappongono le dinamiche della singola azienda».

BISOGNO DI COMPETENZE

Le tecnologie di artificial intelligence sono oggi disponibili anche per le PMI. «Nell’ultimo decennio – dice Vercellino – la comunità open source ha messo a disposizione piattaforme e tecnologie fino a poco tempo fa accessibili solo alle grandi aziende. L’accesso alle piattaforme e agli algoritmi si è democratizzato, ma non altrettanto l’accesso alle competenze: anche se le tecnologie stanno diventando sempre più facili da usare, spesso le competenze sono scarse sia nelle grandi società di consulenza, sia nelle PMI. Questo problema potrebbe risolversi in pochi anni sia attraverso l’adeguamento dei programmi universitari sia tramite la formazione e l’up-skilling professionale.

Nel caso delle PMI, esiste la questione legata alle dimensioni aziendali e al grado minimo di strutturazione dei sistemi informativi in termini di risorse e competenze. La pandemia ha accelerato alcuni progetti di trasformazione digitale e di automazione, nelle aziende più strutturate e complesse, ma questo è successo per le organizzazioni che avevano già le idee chiare. In senso stretto, non è ragionevole immaginare un impatto causale significativo tra pandemia e diffusione dell’intelligenza artificiale, se non in misura contingente e occasionale: solo una azienda su tre dichiara un’accelerazione dei propri progetti di AI dovuta al Covid, e solo in pochissimi casi si assiste a un revamping degli investimenti, perché la pandemia ha indotto un cambiamento nel modello di business».

INVESTIRE IN AI

Secondo Vercellino, l’intelligenza artificiale è un’area in cui tutte le grandi nazioni stanno investendo in modo significativo sia in termini di ricerca sia di formazione. A differenza di altri ambiti, l’intelligenza artificiale e il machine learning si prestano non solo alla ricerca di base, finanziata dalle istituzioni pubbliche, ma anche alla ricerca applicata, dove la compartecipazione al rischio delle imprese è essenziale. Seguire linee strategiche nazionali più coerenti e razionali può aiutare a ottimizzare le risorse a disposizione per la ricerca, spesso limitate. «Non sono convinto che il rilancio di qualsiasi sistema economico dipenda da una sola area di ricerca» – afferma Vercellino. «L’innovazione richiede una costante ibridazione di conoscenze, esperienze e culture diverse, cosa che è più facile nelle intenzioni che nella realtà delle organizzazioni, dove prevale la tendenza a compartimentare competenze diverse». Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) può stimolare gli investimenti e la domanda, ma sono gli imprenditori che ci devono mettere le idee e il desiderio di rischiare. La produzione di invenzioni richiede un investimento costante e continuativo nella ricerca di base, ma la creazione di innovazione dipende dal sistema imprenditoriale. Se non ci sono buoni imprenditori e manager, i brevetti, le tecnologie e le competenze emigrano all’estero, dove trovano maggiori aperture e un terreno più fertile in termini di opportunità. Il PNRR sarà una sfida importante per la competitività italiana sotto qualsiasi punto di vista, non solo quello tecnologico.

«Quando si parla di nuove tecnologie, il dilemma “make or buy” si presenta sempre e l’intelligenza artificiale non fa eccezione» – dice Vercellino. «Molte piattaforme sono nate in ambito open source e sono accessibili alle imprese per qualsiasi sperimentazione. Questo può essere un utile punto di partenza per le aziende che vogliono acquisire competenze e creare soluzioni verticalizzate sui propri dati ed esigenze. Molti operatori stanno sviluppando applicazioni off-the-shelf per rispondere ai casi d’uso più comuni: anche questa è una possibile strada, soprattutto quando il time-to-market è stringente e quando si hanno le idee chiare sulle applicazioni. In merito ai rischi, nel caso delle soluzioni e delle piattaforme più avanzate per l’AI e il machine learning, è importante disporre di strumenti per aprire la “black-box”, capire come si comportano gli algoritmi e modificarne i parametri quando non sono più allineati con gli obiettivi aziendali».

Leggi anche:  QARGOS sceglie la piattaforma 3DEXPERIENCE di Dassault Systèmes per la creazione di veicoli cargo elettrici innovativi

TECNOLOGIE CONSOLIDATE

Anche i vendor confermano che l’interesse per l’intelligenza artificiale è in aumento. Secondo Federico Baffetti, CEO di Cloudif.ai – nuova federata del Gruppo Altea e specializzata in big, smart, exponential data analytics e machine learning – il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia è in fase espansiva da pochi mesi, ma i temi e le tecnologie a esso correlate sono consolidate su vari fronti e in continua evoluzione: «L’adozione di sistemi basati su AI da parte delle organizzazioni è in crescita, con alcune tendenze più forti di altre, come visione artificiale, interpretazione del linguaggio, chatbot». Per Fabio Pascali, regional director Italy di Cloudera, le esigenze delle imprese riguardo all’AI si stanno moltiplicando sia in termini di applicazioni sia di mercati verticali. «Questo fenomeno è dovuto alla maturità delle soluzioni e al momento che stiamo vivendo» – dichiara Pascali. «Le aziende hanno compreso che trasformarsi in una data-driven company fornisce un vantaggio competitivo enorme e quindi stanno adottando o pianificando l’utilizzo di strumenti, come l’intelligenza artificiale, che, a partire dai dati, possano accelerare questo cambiamento. Nel mondo del finance, l’AI è usata con l’obiettivo di ridurre le frodi o migliorare l’automazione di processi; nel manufacturing le fabbriche intelligenti si baseranno sempre più su decisioni prese dagli algoritmi di AI, nel mondo dei veicoli a guida autonoma aiuterà a migliorare i servizi al cittadino e molto altro».

Le esigenze più manifeste da parte delle imprese – come spiega Baffetti di Cloudif.ai – riguardano le soluzioni di Intelligent Document Understanding, in particolare su processi di logistica, ciclo attivo e passivo, sicurezza; Robotic Process Automation, soprattutto in area finance e backoffice; e analisi predittiva, specialmente nei processi di manutenzione. «Si presentano di forte interesse sia in ambito enterprise sia nelle PMI, dove l’efficienza operativa è un must sempre più sentito, tanto più nel periodo pandemico di questi mesi» – precisa il CEO di Cloudif.ai. La capacità di innovazione è tra le principali leve per garantire alle imprese solidità nel lungo periodo. Tuttavia dall’indagine della Commissione Europea emerge ancora un livello di digitalizzazione delle aziende italiane inferiore alla media europea – come precisa Luisella Giani, EMEA head of Industry Transformation, Artificial Intelligence di Oracle. «Intelligenza artificiale e digitalizzazione sono legate a doppio filo. Colmare le lacune è un obiettivo primario per le società italiane, per le quali le necessità si focalizzano in tre ambiti: capacità di innovare e diversificare i modelli di business, evoluzione del modello operativo, sostenibilità. Gli algoritmi di AI, che consentono di monitorare i prodotti e i servizi più utilizzati e le esigenze dei clienti, supportano le decisioni di business su quali prodotti e servizi lanciare o su cui continuare a investire. L’algoritmo analizza anche i comportamenti degli utenti in base ad analisi approfondite dei dati e permette di capire in anticipo l’intento dei consumatori».

L’AI PER TUTTI?

L’intelligenza artificiale sarà sempre più vantaggiosa anche per le PMI – come spiega Sergio Fraccon, managing director di Horsa Insight. «L’AI è e deve essere accessibile anche per le PMI a patto di uscire dal modello proof of concept, utilizzando approcci strutturati, con la forte presenza della proprietà e del management e la consapevolezza della necessità di un percorso di medio/lungo termine supportato da partner con esperienza metodologica, tecnologica e di capacità di governo di progetti che per loro natura richiedono competenze ed esperienze che di solito una PMI non ha». Tra le PMI, il settore più in crescita è il manifatturiero che sta puntando molto sull’efficienza del processo produttivo (controllo qualità, manutenzione, supporto, robotica), sullo snellimento di compiti ripetitivi (tramite l’uso di logiche di RPA) e sul supporto di processi di servizio, prevendita o post vendita. «La pandemia – osserva Fraccon – ha comportato un aumento di sensibilità e attenzione ai dati e al valore che possono portare alle imprese. Molta attenzione è posta sull’augmented data management, ossia l’applicazione di approcci di AI al processo di gestione e qualità dei dati». Molto ottimismo arriva anche dalle aspettative del PNRR, che potrà stimolare le aziende a sviluppare nuovi progetti di artificial intelligence. «La disponibilità di nuovi forti investimenti, introdotta dal PNRR – spiega Baffetti di Cloudif.ai – consente la diffusione di maggiore cultura sull’AI e permette che siano sempre più sentiti i bisogni della collettività, conseguentemente soddisfatti anche tramite l’adozione di tecnologie come l’AI e l’automazione».

SOLUZIONI AD HOC

Molte sono le soluzioni disponibili che valorizzano l’intelligenza artificiale. «Cloudera propone una data platform per aiutare le aziende a gestire i dati, di ogni natura, in maniera olistica, ovunque essi si trovino, on premise o nel cloud» – racconta Pascali di Cloudera. «I dati sono gestiti dalla loro origine, da sistemi corporate, da device IoT, da sistemi di log o dall’esterno, possono essere elaborati, portati in un data lake o in un data warehouse, o messi a disposizione in qualunque momento per applicazioni di AI e ML. Queste applicazioni possono generare azioni automatizzate sia su dati vicini all’edge sia su dati con profondità storica più o meno marcata. Cloudera Data Platform mette a disposizione i dati e gli strumenti di ML/AI per trasformare l’idea di business in vantaggio competitivo. In questo scenario, due sono i rischi per le aziende. Da una parte c’è quello di far partire studi pluriennali senza portare risultati concreti nel breve periodo e dall’altra c’è quello di scegliere soluzioni di AI che non guardino all’intero patrimonio del dato in azienda, limitando i benefici di questa strategia a un solo aspetto del business aziendale».

Leggi anche:  Avanade: il 92% delle aziende chiede di integrare l’AI nei propri processi

Come spiega Baffetti – «Cloudif.ai è per i propri clienti il consulente indipendente che consente l’uso efficace di metodi e tecnologie di AI, con lo scopo di intraprendere, gestire al meglio il percorso di adozione e di proseguire con efficienza in modo continuativo la strada per divenire una data company». Horsa Insight, società di Horsa Group specializzata in data & analytics management, ha sviluppato un proprio framework, Data Lab – «che supporta dal punto di vista tecnico, metodologico, del modello di business e della governance – precisa Fraccon – la realizzazione di progetti di AI nelle aziende, focalizzandosi sulla logica del risultato. I principali progetti realizzati riguardano il retail, in particolare l’area sales & marketing e il manufacturing, a supporto della supply chain o dei processi del settore».

AI E SOSTENIBILITÀ

Per le aziende, un ostacolo all’adozione dell’AI è la difficoltà di reperire i set di dati corretti da analizzare, poiché le informazioni sono distribuite in miliardi di file e silos di archiviazione, on premise e cloud. Machine learning e artificial intelligence aiutano a estrarre valore dai dati, in modo efficiente. «Oggi, le soluzioni basate su algoritmi di AI e machine learning consentono alle aziende di innovare, diversificare e far evolvere il proprio business, utilizzando gli strumenti adatti alle funzioni aziendali che Oracle mette a disposizione, con interfacce intuitive e tool interrogabili in linguaggio naturale» – spiega Luisella Giani. «Per esempio, la piattaforma applicativa Oracle CX Unit permette di aggregare in modo intelligente e veloce i dati per ottimizzare la brand experience sotto tutti i punti di vista: marketing, vendite e customer service. Attraverso l’analisi di dati provenienti da vari sistemi aziendali di gestione dei processi di business e applicando logiche di business e machine learning, si è in grado di orchestrare sistemi e output per garantire la miglior esperienza del proprio brand al cliente, nel momento in cui è necessaria e nel canale più efficace».

Oracle è al fianco delle imprese anche dal lato della sostenibilità ambientale ed economica – «dove AI e machine learning hanno un ruolo importante dopo l’adozione di politiche a impatto ambientale zero» – precisa la responsabile EMEA per la trasformazione e l’AI di Oracle. «L’ottimizzazione logistica è il primo passo che ogni azienda compie verso il controllo del processo logistico-produttivo. Non si tratta solo di aumentare la capacità di stoccare e spedire merci, ma anche di migliorare la performance di tutta la supply chain. AI e machine learning aiutano a disporre di simulazioni e analisi predittive. E oltre al monitoraggio del processo produttivo e la gestione delle flotte di trasporto, possono contribuire all’economia circolare con l’accelerazione nella raccolta, selezione e smaltimento dei rifiuti. Grazie a strumenti di pianificazione avanzati, come Oracle Transportation Management per l’ottimizzazione e la gestione dei trasporti in tempo reale, è possibile ridurre le emissioni di CO2 e rispettare le normative ambientali, con più efficienza e riducendo i costi».

COME GESTIRE IL CAMBIAMENTO

«L’intelligenza artificiale in azienda entra da due canali» – conclude Mirko Menecali, Service Line manager e Alliance manager di Sinfo One. «Il primo riguarda l’integrazione in specifici apparati hardware, quali mezzi a guida autonoma, sistemi di controllo automatico delle linee o macchinari che controllano l’uso delle mascherine, installati negli ingressi di molte aziende. In questo caso, in genere si ha un investimento iniziale importante ma un basso impatto all’adozione. Il secondo canale invece è quando l’AI è usata per sostituire l’attività umana, come quando supporta il processo decisionale, magari decidendo autonomamente i cluster in cui classificare alcuni clienti (sistemi di intelligence data processing), o automatizza l’operato di interi uffici (RPA), per esempio trasformando un’e-mail o un messaggio in un ordine di manutenzione. In questo caso, se si dispone di un buon sistema ERP, l’investimento iniziale è basso ma le aziende possono trovarsi di fronte ad un’elevata resistenza all’adozione. Le attività di change management devono diventare una parte essenziale del progetto. Il passaggio non è banale e per questo Sinfo One ha una metodologia che passa da un ciclo iniziale di assessment necessario a capire dove e come implementare queste tecnologie a una fase di minimum viable product, se vogliamo una versione semplificata del prodotto finale in grado di coinvolgere gli utenti più recettivi fino alla fase finale di adozione generalizzata».